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Attualità

SCHÜTZEN SENZA TRICOLORE

MANIGLIO BOTTI - 05/06/2015

Che domenica sarebbe a Merano senza una sfilata di Schützen in via delle Corse (Rennweg): una domenica senza folclore, senza richiami alla storia dell’Alto Adige, anzi del Südtirol. Sì, e allora ecco una domenica di allegro “stare insieme”, nonostante stavolta (come altre volte…) ci sia da ridire qualcosa sul Tricolore e su quest’Italia da cent’anni prevaricatrice che impunemente vorrebbe celebrare non già l’inizio della guerra del ‘15-‘18, ma più probabilmente la sua fine e il posizionamento dei confini sullo spartiacque alpino, e perciò al Brennero, invece che alla Stretta di Salorno, segno del confine etnico-linguistico. Anniversari, questi ultimi due, che cadranno fra tre anni e fra quattro – trattato di pace tra Italia e Austria di St. Germain-en-Laye –, suscitando forse nuove e mai sopite polemiche.

C’è proprio del folclore, come s’è detto, in una manifestazione del genere, di autonomia sudtirolese: sfilano pingui signori con espressione un po’ truce sotto occhialetti da droghiere, braghette di pelle, calzettoni bianchi, il cappello ornato di piume di “fagiano di monte”; in fondo, soltanto un richiamo alla storia e, forse, a quell’eroe nazionale Andreas Hofer, oste della Val Passiria, che combatté fino al martirio dure battaglie contro i bavaresi prima e contro i francesi di Napoleone poi, aiutato – ma pochi se ne ricordano – dai quei Welschen (italiani del Trentino), che lasciarono sul campo quattromila morti. Sarebbe una manifestazione pacifica, e magari anche simpatica, in una bella giornata di tarda primavera, se non fosse per quei fucili imbracciati (un po’ a dispetto – nel caso in questione – delle leggi italiane), i famosi Mauser 98 K, un tempo (una settantina di anni fa) in dotazione alla Wermacht e alle SS. Fucili con le canne otturate, dicono, che sparano solo colpi a salve, ma tant’è: i fucili sono lì, con qualche ritocco pronti all’uso.

Di sicuro, cent’anni di storia e di “confine iniquo” si devono contestare, vanno giustamente respinti; e poi le malefatte dei fascisti e del loro commissario Ettore Tolomei che volevano italianizzare i nomi tedeschi scritti sulle tombe nei cimiteri (ma anche la tomba del Tolomei, mica tanto tempo fa, nel marzo del 1979, fu fatta saltare per aria con la dinamite nel cimitero di Gleno); con il mastodontico, piacentiniano monumento della Vittoria (vittoria di che?), che si erge appena passato il ponte sul torrente Tàlvera, a Bolzano, e che potrebbe, anzi dovrebbe cambiare nome e significato; con la statua del sommo Dante, anni e anni fa, alzata al posto di quella del poeta sudtirolese Walther von Vogelweide…

Eppure, qualche scheletrino giace anche negli armadi dei “giusti” sudtirolesi: sinceri autonomisti o pangermanisti? Volenterosi attivisti di un loro staterello, magari aggregato all’Austria, oppure aderenti al quarto Reich? Amici della banda Burger (“Gli austriaci, la cui madrelingua è quella tedesca, fanno parte del popolo tedesco. Perciò l’Austria è uno stato tedesco… La nostra politica tende alla difesa degli interessi vitali di tutto il popolo tedesco”), che nella seconda metà degli anni Sessanta portavano ancora bombe nel centro di Bolzano, dopo il tragico attentato di Malga Sasso: quattro morti, di cui tre finanzieri italiani…

In un bel libro uscito una decina di giorni fa (“Il confine”, edito da Rizzoli) lo scrittore Sebastiano Vassalli parla di un “personaggio”, l’odio, che ha camminato e ha marciato passo passo in questi anni, dopo i cippi italiani posti al Brennero; ha marciato insieme con tanti italiani di lingua e di nazionalità (un quarto della popolazione, una minoranza etnica…) sopravvenuti e che oggi vivono nelle città e nelle valli sudtirolesi-altoatesine. Un “cuore di tenebra” che s’è andato formando tra “invasioni”, prepotenze fasciste, opzioni – le sollecitazioni della Germania nazista ai sudtirolesi di aderire al Reich, lasciando la propria terra “italiana” –, e poi la pace, i trattati, gli accordi talvolta contestati talvolta accettati… “Una regione di frontiera – ha scritto Vassalli – con due lingue. Un paradiso turistico e un ponte tra due mondi, destinati da sempre a sopportarsi e a integrarsi a vicenda”.

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