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Attualità

IL DIRITTO DI ESSERCI

ARTURO BORTOLUZZI - 23/10/2015

volontariatoVarese capitale del volontariato. Gli organi di informazione mi hanno reso nota l’iniziativa del comune capoluogo. Ho prontamente scritto al sindaco e all’assessore alla famiglia e alla persona per partecipare loro la mia contentezza per essersi, appunto, il comune mosso allo scopo di raggiungere un obiettivo qualificante per sé e per le numerose associazioni di volontariato che hanno dimora e sede all’interno del comune.

L’avere un tale riconoscimento rappresenterebbe per le associazioni varesine, certamente, un motivo ulteriore per incentivarne la missione. Ho, però, soggiunto che oltre a provvedere al riconoscimento internazionale del proprio volontariato, il comune dovrebbe, fin d’ora, revisionare, conseguentemente, il proprio comportamento verso le associazioni del cosiddetto terzo settore. Queste debbono essere considerate come qualificatori dell’attività istituzionale e non dei nemici da tenersi lontani.

Così pare, invece, che stiano le cose. Scrivevo, protestando, al sindaco di Varese, già questo settembre (a proposito dell’Isolino Virginia) senza avere risposta, che “L’apparato di governo locale e la burocrazia comunale trattano le Associazioni cittadine – e nello specifico Amici della terra Varese di cui sono presidente pro tempore – quali soggetti di una tenzone politica. Quasi che le associazioni fossero soggetti a supporto dei partiti attualmente all’opposizione – e che quindi facciano ostruzione – o che perseguano scopi illegali.

Proprio non ha ragione di essere un simile comportamento irreale, antistorico e inutilmente emulativo. Le associazioni non fanno una politica partitica. Neppure fanno mobbing. Le associazioni, e ancor più quelle ambientalistiche, sono da intendersi, invece, come dei collaboratori e, come tali, vanno considerati

La Legge disciplina questo aspetto in modo molto chiaro. Fuoriusciamo dalle regole amministrative – per intenderci dal procedimento – ed entriamo in quei rapporti che in maniera specifica riguardano il palazzo e la società civile, rappresentata da cittadini organizzati ovvero singoli, in materia di interessi diffusi e quindi, considerandoli in modo lato, nella tutela dell’ambiente.

Mi rifaccio alla Convenzione di Àarhus e ai primi tre articoli del Testo unico in materia ambientale (commi compresi). Che cosa intendo dire: forse che l’interessato possa decidere il da farsi ogni volta che vuole? No!

L’interessato deve essere informato dal palazzo e poter fornire il proprio parere per la decisione finale dell’assemblea politica che ha vinto le elezioni politiche. È questa che decide il da farsi.

Occorre, però, venga promosso un processo di riappropriazione della gestione del territorio e degli organismi cui esso compete, attraverso la partecipazione della società civile, delle istanze di base e delle rappresentanze istituzionali, secondo i principi della convenzione di Àarhus. È l’esigenza di compiere il decisivo passaggio “dalla necessità di partecipare al diritto di partecipare”, in cui diviene centrale l’ “affermazione dei principi di Àarhus”, a partire da un “dibattito pubblico che sia antecedente a qualsiasi atto amministrativo”.

 In questa tendenza evolutiva si apre anche la riflessione culturale, oltre che politica, sulle possibilità di creare nuove istituzioni territoriali, oltre la dimensione del pubblico statuale e del privato messo a profitto: nuovi spazi pubblici di autodeterminazione delle cittadinanze, proprio a partire dall’attenzione nei confronti dell’ambiente, come occasione per una trasformazione antropologica, per un modello sostenibile di coesistenza. Tanto più in un ambito assai delicato come quello della gestione di un bene che è Patrimonio dell’umanità (Unesco), dove risulta fondamentale la realizzazione di un circuito virtuoso tra informazione, conoscenza, consapevolezza dei singoli, comportamenti della società civile e relazione con le istituzioni locali, i tecnici competenti in materia, consulenti, amministratori, imprese del settore.

Tant’è che proprio “sull’avvio della gestione di un Patrimonio Unesco nell’ambito di un sistema integrato di gestione”, diviene decisivo il “coinvolgimento delle associazioni di categoria, del volontariato, del non profit”, per farli partecipare direttamente, come soggetti attivi e co-protagonisti, anche come occasione di crescita civile di un territorio e delle sue cittadinanze.

Non è plausibile, in questo senso, che il palazzo, invece, decida in proprio bellamente infischiandosene dell’interesse dimostrato da un cittadino ovvero da un gruppo di cittadini organizzati.

Non è giusto, perciò, come fa il comune di Varese, molte volte, non rispondere alle lettere inviate dalle associazioni appartenenti alla società civile. Non è giusto indire gare di appalto senza prima sentire gli interessati. Non è giusto che si intrattengano da parte del comune rapporti con terzi – nel caso specifico, parliamo della Soprintendenza archeologica – a insaputa della società civile.

Si vuole forse dire che per sentire il parere dei terzi interessati, tramite una specifica comunicazione, si allunghino i tempi per risolvere un problema sociale? Quindici giorni in più certamente non possono rappresentare un problema ed eviterebbero la nascita di tante polemiche.

Ho chiesto al sindaco se secondo lui sia rispettoso della vigente Costituzione che, ora, una associazione di cittadini, nel comune di Varese, debba ridursi a fornire il proprio parere (come quello che potrebbe dare, Amici della Terra, riconosciuto importante anche dalla legge istitutiva del ministero per l’Ambiente) a cose abbondantemente fatte e previa solo informativa da parte dei quotidiani locali.

Detto tutto ciò, sono chiaramente molto lieto che il Centro Gulliver abbia preso in carico la gestione del ristorante sull’Isolino. Conto che questo affidamento possa preludere a quello che per l’associazione che rappresento più conta e cioè la valorizzazione del patrimonio archeologico dei laghi della provincia di Varese. Amici della terra Varese avrebbe voluto preparare, d’intesa con il Comune la gara di appalto per la gestione del ristorante sull’Isolino.

Allo stesso modo, Amici della Terra Varese, avrebbe voluto preparare di intesa con il comune le gare di appalto per la gestione degli impianti sportivi in Villa Toeplitz, la gara di appalto per la messa in sicurezza del fiume Olona e del fiume Vellone. Così invece non è stato. Ho chiesto, allora, al sindaco, in futuro, per favore, di far partecipare l’associazione che rappresento a tutte le gare che il comune farà vertenti in materia ambientale. E questo, chiaramente, sempre però, che il da farsi venga stabilito prima della indizione della gara di appalto e non dopo.

Ho contattato, favorevolmente, il professore Leonardo Salvemini, dal comune di Varese ben conosciuto come legale e docente universitario, per poter tenere, per conto dell’associazione che rappresento, un corso di diritto ambientale per il personale e i politici del comune di Varese. Questa, mi sembrerebbe una buona iniziativa che, se trovasse accoglimento da parte sua, consentirebbe, una volta realizzata, ad Amici della Terra Varese (agli eventuali interessati) e ai tenitori della pubblica istituzione, di poter finalmente parlare un medesimo linguaggio.

Una siffatta iniziativa realmente rivoluzionaria, consentirebbe anche un riavvicinamento del corpo sociale alla cosa pubblica, che non sarebbe più una enclave impermeabile, irraggiungibile e vaporosa.

L’istituzione sarebbe, allora, lo strumento appropriato perché il realizzare un interesse sociale possa anche coincidere con il perseguire un interesse personale. In questo modo, ciascuno potrà godere del territorio come se fosse il proprio giardino. È questo il campo davvero aperto di ripensamento della gestione e amministrazione del territorio, che incrocia l’affermazione di “nuove esigenze” e la sperimentazione materiale di inedite forme di partecipazione, soprattutto a partire dalle questioni ambientali, in una “società del rischio”. In questa – che è la nostra certa società – il rischio dovrebbe essere inteso “come regola” e soprattutto “come preoccupazione e cura costante degli ordinamenti positivi”, sicché il “principio di precauzione” dovrebbe divenire una “strategia strutturata del controllo del rischio”. Perciò rimarrebbe centrale la “necessità di garantire il più possibile una consultazione ‘pro-attiva’ del pubblico, prima che siano assunte le decisioni, e di adeguare le procedure decisionali per favorire la partecipazione dei cittadini”.

“Anche e soprattutto per dare una inedita composizione ai possibili conflitti tra istituzioni e cittadinanze in materia ambientale, in cui lo spazio delle contestazioni alle scelte politico-amministrative su opzioni che riguardano la gestione del territorio, è attualmente fermato da istituzioni impermeabili che sembrano essere rivolte solo alla neutralizzazione e non alla discussione delle critiche”.

Concludendo ho chiesto al sindaco di trattare il volontariato con maggiore simmetria sia nei rapporti tra il comune e lo stesso, sia nei rapporti fra il comune e i terzi che abbiano al centro il volontariato stesso.

Il comune, per spiegarmi, non può utilizzare una misura quando deve rispondere a una lettera e un’altra quando deve chiedere un riconoscimento europeo.

All’assessore alla famiglia e alla persona (che per promuovere il bando Varese capitale del volontariato non aveva sentito inspiegabilmente Amici della Terra Varese), ho fatto poi presente, protestando, come non abbia assolutamente significato utilizzare differente misura nei rapporti con parti diverse del terzo settore. Amici della Terra Varese andava, pertanto, convocata fino dall’inizio.

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