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Editoriale

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GIUSEPPE ADAMOLI - 18/12/2015

I quattro candidati alle primarie

I quattro candidati alle primarie

Non so se il direttore gradirà, ma voglio iniziare con i complimenti a questo giornale per come ha appoggiato fin dall’inizio il percorso delle primarie, per aver dato spazio a tutti i candidati, per l’equilibrio e la passione civile che lo ha contraddistinto. Una voce libera, consapevole del cambiamento necessario e delle nuove forze che stavano emergendo in città.

Duemilasettecento votanti per il candidato sindaco di Varese, sono tanti o pochi? Meglio lasciar parlare i dati storici in questo caso. Nel 2.005: 4.088 con tutta l’Unione: Prodi, Bertinotti, Di Pietro, Pecoraro Scanio, Mastella, Scalfarotto. Nel 2.012: 3.176 per la sfida Bersani-Renzi e 1.372 per la presidenza della Regione. Nel 2.013: circa 2.600 per Renzi, Cuperlo, Civati. Il numero di domenica scorsa in un tempo di sfiducia nella politica e nelle Istituzioni non sarà esaltante ma certamente non è deludente. Basti dire che gli iscritti al Pd della città (anno 2014) sono 234. Questo significa un enorme balzo di partecipazione al di là della militanza e degli amici dei candidati.

E questo significa per il vincitore, Davide Galimberti, un buonissimo viatico per l’avventura contro il centrodestra. Un volto nuovo che ha sulle spalle un compito pesante. Dovrà completare il programma, appena abbozzato, e presentare la lista del candidato sindaco. Sul programma il nodo più intricato da sciogliere è soprattutto il destino del masterplan di piazza della Repubblica. Sulla lista, attenzione a rispettare l’accordo sottoscritto. Liste civiche che siano un paravento per partiti declinanti potrebbero risultare una bomba demolitrice di ciò che si è faticosamente costruito.

Pochi i voti di differenza fra i candidati. Galimberti: 890 e 33.15%. Marantelli: 858 e 31.96%. Zanzi: 574 e 21,38%. De Simone: 363 e 13,52%. Marantelli, il super favorito è stato sconfitto ma non umiliato. Se qualcuno avesse questa intenzione sarebbe meglio che la riponesse subito nel sacco dell’immondizia. Con Dino De Simone non vedo grandi difficoltà né programmatiche né di carattere elettorale. Ha portato nella coalizione tante nicchie culturali e sociali, fuori dai partiti e molto fresche, che costituiscono un importante valore aggiunto.

Su Daniele Zanzi e Varese 2.0 desidero soffermami un poco di più. C’è stato un momento in cui ho temuto per la tenuta della coalizione. Dopo l’annuncio della candidatura di Marantelli con la grancassa mediatica che dava praticamente per inutile la competizione, si è rischiato uno sbandamento in Varese 2.0. C’era chi recriminava sulla scelta fatta. Quante volte ho dovuto dire che la partita era assolutamente aperta e incerta. C’è voluto il buon senso e la determinazione di Daniele Zanzi, Valerio Crugnola e dei più stretti collaboratori, per continuare con la loro visione sul futuro della città. Il risultato li ha premiati. Si, perché è vero che i voti si contano e non si pesano, e tuttavia i 574 voti ottenuti dal candidato civico senza una struttura organizzativa vogliono dire moltissimo. Prima di tutto che c’è una vera coalizione e non un partito dominante affiancato da un gruppo civico debole e vacillante disposto ad ingoiare i rospi pur di avere qualche posto in giunta. Tutti se lo mettano bene in testa.

L’ultima parola la rivolgo al Pd cittadino che ha giustamente voluto le primarie per innescare un processo rinnovatore affidato agli elettori e non agli organismi di partito. Ha avuto ragione. Adesso sia coerente e conseguente. Rispetti integralmente la funzione molto ampia attribuita al candidato sindaco dall’intesa siglata, consolidi il rapporto di pari dignità con la forza civica e chiami tutti a collaborare. Logiche interne di piccolo potere sarebbero inammissibili e perdenti.

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