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Garibalderie

EPOCA DI LUMINARIE VERBALI

ROBERTO GERVASINI - 23/12/2015

daverioDi solito le conferenze stampa – pur in tempi di luminarie nelle strade, alberi addobbati e festoni multicolori in omaggio alla nascita del Bambino – vengono tenute attraverso dichiarazioni rilasciate ai giornalisti, o più spesso, tramite domande poste da questi ultimi nei confronti di chi li ha invitati.
Passiamo dal generico allo specifico, cronaca recente. Si dà il caso che “Varese per l’Italia 26 maggio 1859″ convochi per sabato 19 dicembre scorso in Comune una conferenza stampa, quindi un gruppo di giornalisti. Il motivo è la notizia che la preside dell’Istituto Daverio Casula di Varese con l’assenso degli organi scolastici interni, come poi andremo a verificare noi di “Varese per l’Italia”, ha deciso di cambiare nome dopo 128 anni al “Daverio”.
Al tavolo tre persone. Il professor Lacaita, docente universitario di storia, massimo studioso vivente di Carlo Cattaneo; il dottor Angelo Monti, già sindaco di Varese; la professoressa Margherita Giromini per ANPI.
Terminati gli interventi dei tre, dal folto gruppo di docenti di scorta alla preside del Daverio stesso, calati in folto gruppo organizzato in conferenza stampa, alza la mano uno per fare un intervento. Minsk!
Ciò la dice lunga su educazione, rispetto, correttezza perchè in una conferenza stampa organizzata da altri non si chiede di intervenire quando i giornalisti, chiamati per l’occasione, non hanno ancora iniziato a lavorare e fare domande. Si pretende di fare una dichiarazione, nientemeno.

Subito veniamo bollati come soggetti non democratici. Blocco la situazione spiegando che si tratta di una conferenza stampa e non di una conferenza, e basta, perchè fino a ieri pareva ci fossero differenze. Bloccato temporaneamente l’atto improvvido d’interferenza, i giornalisti fanno le domande e quindi, proprio perchè siamo antidemocratici, la preside va a sedere coi tre relatori e dice le sue ragioni.

Presa la parola, sostiene che le reazioni immotivate al provvedimento del bando per cambiare nome al Daverio erano dovute alla nostra poca informazione e che sarebbe bastato “traversare la strada e chiederle” le informazioni. Qui sta il singolare (eufemismo) ripetersi di ciò che accade a Varese ormai da anni: così per il doppio ospedale (Del Ponte) oggi cassone vuoto; così per il parcheggio alla Prima Cappella and so on. Secondo quest’affermata e ciclica teoria, i cittadini e le associazioni dovrebbero (devono) informarsi dopo aver sognato di notte i provvedimenti presi dai padroni pro tempore del vapore. I quali non sono neppure sfiorati dal dubbio che una conferenza stampa dovrebbero convocarla loro e prima, e non si pretende che chiedano un parere alla cittadinanza varesina e non, oltre che agli alunni, poveretti, chiamati nientemeno a votare quando i programmi di storia arrivano forse a Napoleone; ma bisogna coinvolgerli, i ragazzi, mentre decine di migliaia di varesini ex studenti del Daverio, associazioni, docenti, studiosi, enti pubblici e quanto si voglia aggiungere non vengono neanche messi a conoscenza di cosa sta accadendo partendo dal 10 dicembre, con bando pubblicato sul sito della scuola, notoriamente visitato tutti i giorni da tutta la cittadinanza e dalla stampa e chiuso entro il 31 dicembre del 2015. Minsk.

Poi ci si sente dare, noi di “Varese per l’Italia”, degli antidemocratici. Moviprep? Certo, un ottimo lassativo che volentieri consigliamo. Che la festività natalizia (auguri comunque a tutti, e speriamo che a qualcuno non venga in mente di proporne il cambiamento di nome affidando il proposito a un sondaggio) porti lucidità mentale e senso logico. Postilla: su Wikipedia si trova la differenza tra conferenza stampa e conferenza. Anche tra educazione e maleducazione, se vogliamo.

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