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Attualità

UNIVERSITÀ, SPESE RIDOTTE

ARTURO BORTOLUZZI - 29/01/2016

insubria

Varese, Università dell’Insubria

Rispetto al totale della spesa pubblica il comparto universitario è quello che ha fatto segnare negli ultimi anni la maggiore riduzione del personale e della spesa stessa. Il brillante risultato di questa politica di vero e proprio disinvestimento in un settore come quello dell’istruzione superiore e della ricerca, che peraltro in ogni occasione tutti si affannano a definire cruciale, è che oggi l’Italia è all’ultimo posto in Europa per numero di giovani provvisti di laurea.

Ho perciò scritto al presidente della Regione Lombardia a quello della Provincia di Varese e al sindaco del Comune di Varese e per conoscenza al rettore dell’Università dell’Insubria per segnalare loro l’articolo del Corriere della Sera del 30 dicembre 2015 di Galli della Loggia riguardo il declino universitario italiano. Questo pone dei problemi che non possono che pretendere una loro forte presa di posizione e in una maniera congiunta.

Ho chiesto al presidente della Provincia di Varese di convocare una riunione di tutte le personalità citate, attraverso le quali sia possibile assumere una posizione comune.

Visto che molte componenti sociali varesine si sono date da fare perché Varese potesse godere di una Università autonoma (e anche considerato l’impegno in proposito di uomini politici varesini del passato), ritengo sia giusto e onorevole che la politica attuale abbia a tutelare questa istituzione (una volta che con successo è stata avviata) allorquando la stessa ne abbia bisogno, perché sono diminuite (come ora) le entrate concesse dallo Stato per il suo funzionamento.

Con l’Università vanno poi tutelati i giovani varesini che, considerate le minori entrate a propria disposizione da parte dello Stato, possono dotarsi di insufficienti strumenti didattici essenziali per la loro formazione e per la loro adeguata crescita.

Non si sta scrivendo di una questione di teorico prestigio, bensì di una possibile ricchezza del territorio per innovatività. Se questa si dovesse realizzare crescerebbe la qualità di vita di tutti e avremmo così mezzi per salvaguardare l’ambiente in cui viviamo.

Si può immaginare un qualsiasi futuro per il sistema universitario riducendo progressivamente i fondi come si fa ormai da troppo tempo? Non voglio che loro siano protagonisti di un piagnisteo nei confronti del presidente del Consiglio. Al contrario: voglio che loro abbiano a invitare proprio Matteo Renzi perché rivolga la sua attenzione a una questione cruciale per il Paese e perché intervenga, nello specifico, a favore nel nostro territorio che ha l’ambizione di poter vedere i suoi giovani istruirsi con gli strumenti necessari e, di conseguenza, di poter continuare a recitare il ruolo di leader produttivo nazionale.

Per la prima volta da 150 anni l’Italia vede diminuire i numero degli studenti immatricolati all’Università (meno il 20 per cento nell’ultimo quinquennio). Ciò avviene in concomitanza con una forte contrazione quantitativa che colpisce tutta la nostra istituzione universitaria. Più o meno nello stesso periodo, infatti, i docenti sono diminuiti del 17 per cento, e all’incirca della stessa percentuale il personale amministrativo, mentre l’ammontare dei finanziamenti ordinari che lo Stato versa agli atenei segna una diminuzione di ben il 22,5 per cento in termini reali.

La spesa statale per borse di studio è ferma da dieci anni a 160 milioni annui (quindi cala in termini reali). Se si dovesse avere qualche dubbio in proposito, li ho invitati a dare un occhiata al rapporto della Fondazione Res curato da un valente economista come Gianfranco Viesti, dedicato per l’appunto alle condizioni dell’Università italiana.

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