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Attualità

AMICO E MAESTRO

MASSIMO LODI - 05/02/2016

Camillo Massimo FioriPadre Gianni ci rincuora: Massimo è arrivato in Paradiso. Come meritava. Massimo è Camillo Massimo Fiori, ci ha lasciati dopo le malattie inesorabili, il soffrire umile, la generosa pazienza. Un percorso lungo, tortuoso, lastricato di pena e dolore. E però anche di serenità e fede. “Non guardo troppo oltre, ma intorno a me. Di giorno in giorno. Quasi di ora in ora” mi raccontò durante l’ultima chiacchierata al caffè del Corso, dov’era solito passare le ore del mattino sfogliando un libro, leggendo i giornali e scambiando qualche parola con gli amici che s’accostavano al suo tavolino. “Sento che la vita, la mia vita, ormai scappa via rapida, verso la meta finale. Ma non è cosa che mi angosci. Mi stupisce, invece. Perché quello che un tempo mi pareva inconsciamente inaccettabile, adesso mi sembra razionalmente naturale. E accettabilissimo. Credo che si chiami pienezza di spirito, così almeno mi hanno spiegato. Quando ti tocca, sei un privilegiato”.

A conferma della convinzione, sorrise, richiuse le pagine del Corriere, avviò il discorso su vicende locali, politiche specialmente. Ne era appassionato. Come d’altre storie, di caratura maggiore. Informato e competente su innumerevoli materie, aveva una capacità d’analisi di raro/speciale acume, una sorprendente/magica chiarezza espositiva, una ricchezza di pensiero profondo/illuminato. In possesso d’una cultura vasta, ne dava conto con toni semplici, insegnando senz’aver l’aria d’impartire alcuna lezione. E poi l’etica: prima e comunque di tutto, l’etica. Massimo ne era l’assertore convinto, e il modello esemplificativo nella vita pubblica. Non concepiva i calcolati distinguo tra l’etica, la politica, l’economia e quant’altro. Nulla che non fosse eticamente inappuntabile poteva esprimere un significato positivamente utile per se stessi e per la società. Proprio la carenza attuale di modelli di comportamento così orientati, sollecitava le sue instancabili osservazioni critiche.

RMFonline, cui egli ha collaborato fin dalla fondazione, ne ha ospitate un gran numero, l’ultima pubblicata l’8 gennaio scorso (“Nostalgia dell’alta politica. Tenuta morale in crisi e sfaldamento sociale”). E di tale qualità che un lettore ci scrisse un giorno auspicando l’edizione d’un volume dentro il quale fossero raccolti gli articoli di Massimo. Gli girammo la lettera, che egli gradì, riservandosi di riflettere sulla possibilità di dar corso all’iniziativa. Non ce n’è stato il tempo sufficiente. Anche perché, più che guardarsi indietro, Fiori preferiva buttar l’occhio avanti. Leggeva, studiava, ricercava. E scriveva, indicava, proponeva. Con la medesima passione di quand’era il giovane animatore del “Michelaccio” o il fondatore della “Civiltà del lavoro” o il direttore della “Voce delle Prealpi”. I giornali gli piacevano molto, e sapeva come crearli, condurli, coglierne i difetti, intuirne le virtuosità, offrirli nel modo giusto all’attenzione dei lettori. Aderì al progetto di RMFonline -non lesinando mai di supportarlo nonostante i disagi provocatigli prima dalla malattia della carissima moglie Nella e poi dai suoi importanti triboli- auspicando e sostenendo l’opportunità/il dovere del dibattere libero, delle opinioni anche le più radicali e però rispettose delle persone, di un genere editoriale lontano da pressioni indebite, obliquità interessate, conventicole di potere.

Militante della Dc, consigliere provinciale per un decennio, protagonista dei traslochi della democristianità nel Partito Popolare e nella Margherita, mancato parlamentare pur raccogliendo migliaia di preferenze, attivista dell’Azione Cattolica, esponente d’istituzioni ed enti di alto livello: Camillo Massimo Fiori è stato questo e tanto d’altro. Una figura di varesino eccellente, di esportatore delle nostre migliori doti, di esponente del galantomismo che rende una città orgogliosa d’aver concesso i natali a simili figli. Addio, carissimo amico e maestro. Anzi: arrivederci. Perché la tua presenza resta tra di noi, e la rivedremo ogni giorno. Come quando c’incontravamo al caffè del Corso, e mi regalavi il dono prezioso d’un po’ del tuo tempo.

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