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Storia

CECOSLOVACCHI SULL’OLONA

VINCENZO CIARAFFA - 19/02/2016

Alla presentazione del libro “I Cecoslovacchi dell'Olona”

Alla presentazione del libro “I Cecoslovacchi dell’Olona”

Premessa: non sono uno storico ma un giornalista pubblicista amante della storia. Nel caso, poi, dovessi ambire a qualche titolo, preferirei certamente quello di “ricercatore”, un ricercatore di tipo particolare giacché in questo, come in altri libri che parlano di storia, ho seguito la metodologia di non andare a far le mie ricerche nella storia ufficiale ma tra le sue recondite pieghe. Sono stato anche attento a non commettere l’errore che, di solito, commette chi scrive o parla di storia, riportandomi fatalmente ai grandi avvenimenti trascurando, così, chi fa realmente la storia, a volte in veste di protagonista attivo, a volte in veste di vittima sacrificale, come dire: la gente comune. Ho trovato questa metodologia molto remunerante perché anche in tempi di Internet, dove basta un “clic” sulla tastiera del computer per trovare vita, morte e opere di qualunque personaggio di rilievo della vicenda universale, il rovistare tra le pieghe della storia può riservare molte sorprese ed inedite scoperte.

Il libro “I Cecoslovacchi sull’Olona – La pulizia etnica della memoria non riuscita”, in verità, si abbozzò nella mia mente il 28 novembre del 2010 quando, dopo quarantadue anni di servizio militare, fui collocato a riposo. Ebbene quel giorno per me così denso di significati ideali, volli recarmi a rileggere – come feci il primo giorno di vita militare – il Bollettino della Vittoria di Armando Diaz che è ancora impresso sul bronzo all’entrata di molte caserme italiane. Fu soltanto allora che mi accorsi di un particolare cui non avevo fatto caso in tanti anni: alla nostra vittoria nella Grande Guerra aveva contribuito anche una Divisione «Czeco-slovacca».

 La cosa mi apparve abbastanza strana perché, per quanto ne sapessi in quel momento, nel periodo 1915-1918 non esisteva una nazione cecoslovacca e sia i cechi sia gli slovacchi militavano nell’esercito austriaco, quindi erano nostri nemici! Poi mi sovvenne che proprio l’area dove si trovava la mia caserma, a Solbiate Olona, nel corso della Grande Guerra aveva ospitato un campo di prigionia, e successivamente di addestramento, per militari cecoslovacchi: i conti decisamente non mi tornavano. Fu così che iniziarono quelle ricerche che hanno portato a “I Cecoslovacchi sull’Olona – La pulizia etnica della memoria non riuscita”.

La stesura di questo libro è stata resa possibile grazie, soprattutto, alle carte che ho potuto consultare presso l’archivio del Comune di Solbiate Olona, presso la biblioteca di Gallarate e presso l’Archivio di Stato di Varese i cui funzionari e impiegati ringrazio per la loro gentilezza e disponibilità. Parimenti ringrazio i signori Ezio Saporiti, Davide Piras e Adriano Croci per l’aiuto fornitomi nelle ricerche a livello locale. Grazie a essi, infatti, mi è stato possibile far emergere da foto e fogli ingialliti dal tempo lo spaccato, il sentire, di un’epoca che va dal 1918 al 1964. Dalla congerie di eventi, personaggi e documenti che hanno caratterizzato quel turbolento periodo della storia d’Italia e della Cecoslovacchia, poteva mancare la lettera di “raccomandazione” di uno dei politici più longevi e controversi dell’Italia repubblicana? Parlo ovviamente del defunto senatore Giulio Andreotti che nel 1961, in veste di Ministro della difesa, si interessò anche lui ai lavori di riattamento del cimitero cecoslovacco di Solbiate Olona, come risulta da una sua lettera di risposta a un parlamentare bustocco di quegli anni.

Dei rappresentanti della Repubblica Ceca presso l’ONU, da sottolineare la presenza del dottor Jozef Spanik, nel corso di una cerimonia tenutasi a Solbiate Olona lo scorso dicembre.

Ed ecco il commento alla preziosa ricerca (il libro è già in distribuzione) scritto dal generale di Corpo d’armata Giorgio Battisti.

“Chiunque abbia a cuore il futuro delle giovani generazioni non può non riconoscere l’importanza del “ricordo”, non solo per dovere morale, ma soprattutto per mantenere vivi ed alimentare la propria coscienza nazionale, il senso profondo della propria identità culturale, civile e, soprattutto, valoriale.

È nella memoria, infatti, che ritroviamo tutte le tracce degli avvenimenti – a volte non eccezionali, ma per noi particolarmente significativi – che ci hanno permesso di diventare ciò che siamo. Un patrimonio da preservare e tramandare attraverso iniziative come quella realizzata da Enzo Ciaraffa come autore, di questo interessante volume.

“I Cecoslovacchi dell’Olona” non è uno dei tanti saggi ispirati alla Grande Guerra. Non si tratta di un libro di storia e neppure di una cronaca degli eventi. È bensì un’opera che si propone di riportare alla memoria un’importante pagina di quel drammatico periodo storico: la presenza di un campo di prigionia per soldati austroungarici, soprattutto di nazionalità cecoslovacca, sul territorio dei Comuni di Fagnano Olona, Cassano Magnago e Busto Arsizio, in Provincia di Varese. Il vasto campo d’internamento (che arrivò a contenere sino a 45.000 prigionieri) includeva anche l’area dove oggi è situata la Caserma “Ugo Mara”, nel Comune di Solbiate Olona, sede del Corpo d’Armata di Reazione Rapida della NATO in Italia (NATO Rapid Deployable Corps – Italy, NRDC-ITA), Unità che ho avuto il grande onore e l’indubbio piacere professionale di comandare dal giugno del 2011 al novembre del 2014. La Caserma infatti, nata nel 1913 come avio superficie militare e successivamente adibita a deposito dell’Esercito Italiano e, dagli anni ’60 del secolo scorso, a sede di vari reparti sempre dell’Esercito, era stata in parte trasformata, dal 1918 all’inizio del 1920, in campo di internamento per prigionieri cecoslovacchi.

Militari e prigionieri cechi e slovacchi che costituirono i battaglioni volontari e che nel nostro Paese diedero vita, nel 1918, alla cosiddetta Legione Cecoslovacca. Mi piace ricordare che lo scorso 24 maggio ricorreva il 97° anniversario della consegna della bandiera di combattimento della Legione Cecoslovacca nelle mani del generale Milan Rastislav Štefánik da parte dei rappresentanti del governo italiano sull’Altare della Patria. Quello stesso vessillo che avrebbe accompagnato la Legione (o II Armata d’Italia, come amano ricordarla gli stessi cecoslovacchi) nelle battaglie sul Piave a fianco degli italiani e contro l’esercito austro-ungarico.

E restituire all’attenzione delle comunità le vicende dei soldati cecoslovacchi prigionieri di guerra, a lungo dimenticati, significa ripercorrere le loro esistenze, restituire loro piena dignità di uomini e, nel contempo, riportare alla luce alcuni episodi meno noti della storia nazionale ed europea legati ai tragici eventi della Prima Guerra Mondiale.

Della presenza di questi soldati rimanevano solo pochi accenni in qualche racconto memorialistico e alcuni richiami sul cosiddetto “Cimitero Cecoslovacco” in Solbiate Olona dove erano inumati oltre 500 militari, deceduti per malattia (nel 1964 le salme sono state traslate nel cimitero militare austroungarico di Cittadella, Padova).

La raccolta e la ricostruzione della documentazione recuperata costituisce un lavoro lungo e complesso, frutto di una paziente ricerca che, oltre a fornire una valida testimonianza storica di indubbia valenza, diviene efficace esempio di lodevole passione per la ricerca della verità storica. Dopotutto… “Lo storico non è colui che sa, ma colui che cerca”, come affermava Lucien Febvre, padre della storiografia moderna. E attraverso le numerose testimonianze, la ricca documentazione, le preziose fotografie, viene resa al lettore un’istantanea del campo d’internamento di Solbiate Olona.

Mettere in fila i fatti, le cifre, le date, gli eventi, i dati, è essenziale, ma sono le emozioni che fanno la storia. Da qui nasce l’importanza di recuperare i particolari, i dettagli, finanche le piccole cose vere per poi “meravigliarsi” nel constatare come la storia di due popoli, la storia d’Europa in fondo, sia passata anche per un piccolo Comune che all’epoca contava non più di 4.000 abitanti.

Un impegno questo che, ognuno per la propria parte, i facitori del volume hanno raccolto con interesse e passione. Rivolgo, pertanto, il mio vivo plauso all’autore, Enzo Ciaraffa, per aver saputo ricercare, ricostruire, documentare e raccontare questa importante pagina di storia; un patrimonio storico-culturale di inestimabile valore locale, nazionale ed internazionale da valorizzare e consegnare alle future generazioni”.

Generale di Corpo d’Armata Giorgio Battisti

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