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Apologie Paradossali

CHE RUOLO CI TOCCA

COSTANTE PORTATADINO - 25/03/2016

dialogo(S) Che cosa speri di dire di nuovo su attentati, Isis o Daesh e via dicendo? Tutti hanno già detto tutto e, come si suol dire, il contrario di tutto.

(C) Forse proprio questo, che un eccesso di analisi non aiuta la ricerca della verità. Meglio: l’analisi non aiuta la ricerca perché non si riesce ad evitare che si prenda le mosse da un’interpretazione. Almeno dall’illuminismo in poi, certamente da Hegel e da quell’hegeliano mai pentito, solo rovesciato, che fu Marx, non si fa altro che adattare i fatti all’interpretazione. Se ascolti Salvini ti può sembrare giusto calcare la mano sull’insufficienza della prevenzione, sulla scarsezza dei mezzi a disposizione della polizia, se leggi l’editoriale di Avvenire non puoi non concordare che l’educazione e la cultura del dialogo siano la ricetta giusta nel lungo periodo. Sembrano parallele destinate ad incontrarsi, come molte altre, solo all’infinito.

(O) Ma non si può credere che non ci sia una spiegazione adeguata; sarà difficile, sarà complessa, ma ci deve essere. Almeno gli autori dell’attentato la conosceranno!

(S) Proprio loro meno di tutti! Sono dei burattini o degli esaltati che hanno rinunciato alla vita, alla sua problematicità; in un certo senso si credono Dio. Non confonderti con i rivoluzionari, con gli eroi che si sacrificano per una causa: essi ti saprebbero spiegare l’ideale per cui combattono, questi altri invece credono di essere i soli puri, mentre il modo di vita occidentale è abominevole, in senso letterale, e deve essere annientato. Questo fine giustifica ogni mezzo: la guerra, il terrorismo, la tirannia; la sottomissione ad una volontà suprema, trascendente come origine, ma concretissima nell’attuazione, giustifica perfino la soppressione della dimensione della coscienza. Se anche Salah Abdeslam volesse rivelare tutto quello che sa, svelerebbe nomi, nascondigli, codici segreti, relazioni, ma non il perché di tutto questo.

(O) Se andiamo al fondo della questione, nemmeno l’Europeo, il prototipo dell’uomo comune europeo, sa il perché del suo essere diverso, del suo amare la libertà e l’uguaglianza nei diritti, la democrazia, il benessere, la previdenza garantita dallo Stato, l’arte, la cultura, il primato della coscienza, la problematicità…

(C) Questo è il punto. Se neppure noi sappiamo veramente chi siamo, ogni interpretazione risulta fallace. Proiettiamo come immagine dell’altro quel che non siamo e rischiamo di definirci, di conoscere noi stessi, solo per contrapposizione, di poter dire di noi stessi solo quel verso di Montale “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Riconosco al direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, il merito di aver posto il problema di una autocoscienza culturale come più urgente di ogni provvedimento poliziesco o restrittivo, proprio perché ‘quel nemico’ si nutre della nostra resistenza, della nostra diversità, quando può considerarla come ‘abominio’. Ma temo che Tarquinio scambi il fine, con il mezzo: per proporre una base culturale comune, bisogna averla in prima persona ed è proprio questo che manca all’Europa, di qui la pluralità delle interpretazioni, la contraddittorietà delle ricette, il rinchiudersi in egoismi economici e in presunte fortezze sicure. Rimedi peggiori del male si profilano nell’immediato futuro: il cosiddetto populismo, il nazionalismo anti UE, i nazionalismi all’interno di singoli stati (basco, catalano, scozzese e via dicendo). Non è per nulla scontato che l’Europa ritrovi una base culturale comune, dopo la lacerazione secolare tra illuminismo e cristianesimo.

(O) Ma è quello che sta facendo il Papa! Aprendosi alla contemporaneità, cerca di togliere quelle barriere fittizie, fatte di presupposti teologici, morali e persino giuridici legati a strutture sociali e non all’essenza del Vangelo.

(S) Speriamo però che nessuno, in primis il popolo cristiano, lo interpreti come un cedimento alla mentalità mondana, una specie benedetta di relativismo.

(C ) Il Papa indica una via, ma il percorso riguarda ciascuno di noi e i nostri interlocutori laici. Inclino come sempre al pessimismo, perché non ho ancora visto vera volontà di approfondimento. Cristiani e laici, trattiamo i famosi ‘valori’, che tra l’altro affermiamo di voler difendere da ogni fondamentalismo, come sacre reliquie e non come il pane di cui ci nutriamo tutti i giorni. Dovremo essere capaci di reggere il confronto quotidiano nella società multiculturale e multi religiosa, diventando capaci di generare l’incontro, altrimenti saremo condannati a recitare il ruolo della minoranza incompresa, oppressa, mal tollerata.

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