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Cultura

VARESE ROMANTICA

SABRINA NAREZZI - 25/03/2016

Villa Mozzoni a Biumo Superiore

Villa Mozzoni a Biumo Superiore

Anche noi, a Varese, abbiamo la nostra bell’acropoli (dal greco acros, alto e polis, città, ovvero la parte più alta, più eminente di una città). Il fatto è che non ci si pensa e non si pone generalmente attenzione a ciò che di più prezioso e individualizzante esiste nei luoghi che siamo abituati a frequentare, nei luoghi che consideriamo “nostri”. Luoghi che sentiamo appartenerci ma che, non raramente, non conosciamo abbastanza o diamo per scontati.

Così talvolta succede che qualcosa di immensamente bello diventi come invisibile, perché non fatto oggetto di sguardo, oppure venga relegato a sfondo silenzioso della nostra non silenziosa quotidianità. Ho avuto un po’ quest’impressione in occasione della Passeggiata storico-artistica proposta per il quarto anno consecutivo dall’Università dell’Insubria in collaborazione con Ivana Pederzani, docente di Storia presso l’Università Cattolica di Milano.

Nella suggestiva cornice dei giardini di Villa Panza, Ivana Pederzani ha aperto l’insolita passeggiata con un’approfondita illustrazione della storia ottocentesca della nostra città. “Dai primi decenni dell’Ottocento – ha spiegato –, come altre località minori non inserite nelle tappe tradizionali del Grand Tour, viaggio di formazione del giovane nobile dell’antico regime, Varese divenne meta del viaggio romantico, antesignano di quello turistico del secondo Ottocento. A differenza del Tour, compiuto spesso con le tendine della carrozza abbassate, il viaggio romantico riguardava località minori, più semplici e meno mondane, non frequentate prima dalle elites italiane ed europee, e venute alla ribalta per le bellezze naturali dei luoghi nel quadro della nuova sensibilità romantica. Il viaggio romantico ampliava la gamma dei suoi protagonisti, i quali preferivano mete rispondenti a nuovi canoni culturali ed estetici, come il gusto nello stupirsi, l’incantesimo dello sguardo, la scoperta sentimentale d’Italia”.

E così si assiste, di conseguenza, al perfezionamento dei servizi, accelerando il passaggio al turismo vero e proprio. “Varese ne fu la prova evidente. Attratte dai paesaggi descritti da cronisti, letterati e poeti che celebrarono Varese, i suoi laghi ed il Sacro Monte, intere famiglie nobili e borghesi vi giunsero nei decenni centrali del secolo, dando avvio progressivamente alla stagione turistica di fine secolo, la stagione delle funicolari e dei grandi alberghi”.

Così, rovistando nella storia delle grandi famiglie storiche dei Biumi, Mozzoni, Menafoglio, Panza, Orrigoni, Dandolo (solo per citarne alcune) e sbirciando nei pertugi dei cancelli che nascondono agli sguardi l’esistenza d’oggi delle antiche splendide ville che costituiscono l’acropoli di Biumo Superiore, la passeggiata romantica per la città ha dipinto Varese come circondata da un’aura completamente diversa dalla solita, direi addirittura inaspettata.

Insomma, è riuscita a far riaprire su Varese lo stesso sguardo di coloro che vi abitarono o vi passarono, viaggiando, nel corso dell’Ottocento. E ha permesso di rivivere, almeno in parte, la meraviglia provata, di fronte alla nostra città, per esempio da Stendhal, che amava così tanto Varese da progettarvi addirittura il proprio matrimonio. “Il matrimonio si potrà fare a Varese, vicino al Lago Maggiore, il primo maggio 1831”: così scrisse lo scrittore francese in una lettera da Parigi, il 6 febbraio 1830, a Daniele Berlinghieri chiedendogli in sposa la sua protetta Giulia Rinieri (il matrimonio poi non ebbe luogo né a Varese né altrove). Evidentemente l’autore de Il rosso e il nero aveva proprio un forte legame Varese, tanto che riteneva che “si potesse percorrere tutta la Francia e la Germania, ma senza mai provare le sensazioni“ suscitate dalla vista regalata, al tramonto, dal paesaggio che circonda la nostra città con i suoi sette laghi.

L’acropoli di Biumo rimane a testimoniare il ruolo centrale assunto da Varese, nel corso dell’Ottocento, nell’ambito della cosiddetta civiltà di villa, sulla scia dell’eredità dell’epoca napoleonica. Le ville vengono ristrutturate in stile neoclassico e vengono circondate da giardini all’inglese, ovvero giardini arricchiti di alberi disposti liberamente. Vi si organizzano feste sgargianti e vi si ospitano personaggi illustri, dell’arte, dell’economia e della politica. Diventano oggetto di speculazioni edilizie, passando di mano in mano alle grandi famiglie, delle quali, in alcuni casi, diventano residenza. “La proprietà borghese, a Varese, dimostra tutta la sua velleità al movimento e al cambiamento – conclude Ivana Pederzani -. E’ una proprietà assolutamente non statica, ma finalizzata alla produzione per il mercato, per l’agricoltura, per la compravendita e addirittura per la divulgazione della scienza e della cultura in generale”.

E a noi, passeggiando per le vie che ora sembrano anonime e piene di piccoli o grandi frastuoni, non resta che sognare una Varese in cui, nelle notti d’estate, dalle finestre di queste ville ci si affacciava sull’incantevole giardino parlando di letteratura e poesia.

 

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