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Opinioni

USA/3 OK, OBAMA

LIVIO GHIRINGHELLI - 18/11/2016

obamaAllo scadere degli otto anni di presidenza Obama si può tracciare un consuntivo indubbiamente positivo della sua politica di riforme, anche se il piglio audace dei suoi propositi iniziali ha subito condizionamenti di rilievo da parte della maggioranza repubblicana del Congresso.

Sulla scena politica dal 1992, dopo studi di specializzazione in scienze politiche con indirizzo internazionale e una Laurea in legge conseguita a Harvard nel 1991, Obama è stato un fervido sostenitore della politica di Bill Clinton. Eletto senatore nell’Illinois, si è distinto per parecchie iniziative in favore delle minoranze e dei ceti disagiati, venendo rieletto nel 2004 con il 70% dei voti popolari. Nel 2008 ha ottenuto nell’ambito democratico la nomination a scapito di Hillary Clinton.

L’Affordable Care Act (la legge sulla sanità per tutti) ha introdotto nuovi principi nel sistema sanitario, rendendo obbligatoria per tutti i cittadini una polizza a garanzia senza possibilità di rifiuto da parte delle compagnie assicuratrici grazie ai sussidi statali per gli sprovvisti di mezzi propri. Venti milioni di americani hanno così conseguito un beneficio di chiaro aspetto sociale e l’inflazione dei costi nel sistema sanitario è risultata la più bassa degli ultimi decenni.

Nei confronti della crisi economica del 2008 Obama ha reagito nel 2009 con un pacchetto di incentivi: aumento della spesa federale in infrastrutture e sanità e dell’indennità di disoccupazione, incentivi per catalizzare l’energia pulita negli Usa, inaugurazione di una riforma scolastica a livello nazionale (Race to the Top). Stanziati 787 miliardi di dollari, ma nessun voto repubblicano a favore alla Camera. A merito di Obama anche il salvataggio dell’industria automobilistica con General Motors e Chrysler sulla soglia del fallimento; 80,7 i miliardi concessi a condizione che si riorganizzassero le aziende e cedessero l’amministrazione dei fondi pensione a un trust indipendente; già recuperati 70,5 miliardi a copertura di quasi tutti i fondi investiti.

La Legge Dodd Frank ha introdotto riforme nel settore finanziario per monitorare i mercati, regolamentare i fondi speculativi, costringere le banche a fare investimenti meno rischiosi e ad avere più liquidità, per fronteggiare le perdite. Illuminante il contributo di Obama a ripensare le politiche di pugno di ferro contro il crimine tuttora in vigore.

Gli Stati Uniti, pur avendo appena il 5% della popolazione mondiale, registrano il 25% del totale mondiale dei carcerati. Obama ha commutato la pena a 562 persone condannate per reati minori nell’ambito della droga.

Rilevando la necessità di ristabilire normali relazioni diplomatiche con Cuba dopo un cinquantennio di sanzioni contro l’isola, nel dicembre 2014 Obama ha aperto un’ambasciata all’Avana. Un accordo per la non proliferazione delle armi nucleari con l’Iran è stato sintomo di una politica di pace. Una politica estera intesa ad evitare deprecabili tragedie ha portato Obama a ridurre il coinvolgimento degli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan, a evitare l’intervento delle truppe di terra in Siria e Libia. Il che per i repubblicani è parso solo un incoraggiare terrorismo e instabilità.

Discutibile altresì è risultato il suo atteggiamento responsabile nella questione ucraina nel confronto di Putin. Eticamente incoerente coi principi professati l’approvazione dell’impiego dei droni in guerra, che hanno eliminato quasi 5.000 persone tra militari e civili.

 In termini di compromessi fiscali e di bilancio la maggioranza repubblicana alla Camera ha imposto a Obama il Budget Control Act (legge sui limiti di bilancio), una manovra generale di tagli alla spesa pubblica nazionale e militare per un totale di1.200 miliardi. Non è bastato alla fine del 2015 il veto alla costruzione dell’oleodotto Keyston, lungo 1897 km per il trasporto di 800.000 barili di petrolio altamente inquinante dal Canada al Golfo del Messico, a qualificare una politica seria di riforme nell’ambito del cambiamento climatico, sostanzialmente mancata.

 Quanto al libero scambio e ai rapporti con gli alleati economici non è riuscito ancora a Obama di condurre in porto come misura antiprotezionistica il Trans-Pacific- Partnership riguardante dodici Paesi che si affacciano sulle coste del Pacifico (strategia di contrasto col crescente potere economico della Cina). L’unica possibilità di approvazione si offrirebbe, ma ben difficilmente, nelle sedute dette dell’anatra zoppa, prima che si insedi il nuovo presidente (Donald Trump è attualmente contrario).

La norma sulla neutralità della rete, che ha visto contrapposti gli interessi di Youtube e Netflix da una parte e le società via cablo e i fornitori di servizi Internet dall’altro, ha indotto la Federal Communications Commission ad adottare il principio di non far pagare prezzi diversi in base ai differenti contenuti. Un ordine esecutivo di Obama nel 2014, appena concluse le elezioni di metà mandato, voleva costituire la garanzia che quattro milioni di residenti senza permesso avrebbero potuto usufruire di un nuovo stato giuridico senza pericolo di espulsione e potendo continuare a lavorare legalmente, ma i repubblicani, dichiarando illegittimo il provvedimento, l’hanno seriamente contestato in sede d’applicazione.

L’opinione pubblica è rimasta sempre più divisa (a tutto vantaggio di Trump come s’è visto). Né ancora si placa la forte vocazione al razzismo di tradizionale ascendenza, anche se Obama è decisamente convinto che da lungo tempo il numero di afroamericani e di latinoamericani fermati dalla polizia è sproporzionatamente alto per ragioni discutibili.

Se al fondo dal 2008 Obama è favorevole solo a matrimoni tra persone di sesso diverso, tra un uomo e una donna, si è persuaso poi di dover assumere una posizione più aperta, almeno nella sfera civile, constatando che un numero crescente di Stati si è via via orientato per l’istituzione del matrimonio tra persone omosessuali.

Non positivi invece sono riusciti i suoi disegni sulla riforma del sistema dei finanziamenti elettorali, di controllo del praticamente incontrollato possesso d’armi dei cittadini. I salari sono fermi, le differenze di reddito crescono e si ingigantiscono, nonostante la ripresa dell’economia a livello interno, le relazioni tra le diverse comunità sono in tensione.

Il giudizio non può che risultare moderatamente positivo rispetto al rigoglioso groviglio dei problemi affrontati (specialmente nel suo secondo mandato).

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