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Opinioni

LA GUERRA ALL’ITALIANA

RENATA BALLERIO - 25/11/2016

tamtam - sacchi - MontanelliQualcuno ha scritto che studiamo la storia per capire gli uomini: aforisma intriso di saggezza, anche se poco operante . Da tempo sappiamo -forse perché studenti indisciplinati- che la storia non è maestra di vita, ma siamo, comunque, molto curiosi di indagare il passato. Ne sono testimonianza diversi saggi o romanzi anche di storia locale. E quando scatta il momento di una ricorrenza o di un anniversario, le ricerche si intensificano, anche se non sempre fecondano in modo vitale la nostra cultura. A dire il vero per la ricorrenza dei centocinquanta anni dalla cosiddetta terza guerra di indipendenza non c’ è stata una significativa fioritura di studi. E su questo potremmo interrogarci, partendo anche dalle pagine di un autore non sempre amato, come fu Montanelli, che efficacemente ne parlò come di guerra all’italiana.

Di recente la Società Storica Varesina ha giustamente organizzato un convegno presso la Sala del Risorgimento dei Musei Civici di Villa Mirabello per ragionare su quel momento storico e per tessere lo sfondo culturale, fatto di aspetti politico- storici, nonché di incroci tra arte, letteratura e scienza. Non sono soltanto gli anni della Scapigliatura milanese, ma anche quelli della Rivista il Politecnico. Varese e dintorni furono legati più o meno direttamente a quella tensione culturale. Basti qui ricordare come il lungimirante Andrea Ponti( proprio quello delle Ville Ponti) finanziò una stagione del Politecnico e come il rappresentante più noto degli Scapigliati l’alessandrino Tarchetti ebbe una movimentata storia d’amore con Carlotta Ponti. La vicenda scandalosa ebbe gli onori della cronaca e le intense lettere d’amore sono state oggetto di un articolo pubblicato anche su questa rivista.

La finalità di queste noterelle non è di scrivere una relazione sul convegno, ma di condividere alcune domande.

E’ abbastanza noto che la Terza guerra di indipendenza, di fatto il primo conflitto del Regno d’Italia, fu un episodio di uno scenario bellico più ampio, in cui furono messi in campo gli interessi della Prussia. Si combatté da parte italiana da giugno ad agosto del 1866 e molti ricordano la grave sconfitta nella battaglia di Lissa del 20 luglio.

I ricordi sono spesso legati ad una intensa pagina de I Malavoglia in cui la notizia è sentita dai paesani grazie al racconto di alcuni sopravvissuti.

C’erano due soldati di marina, col sacco in spalla e le teste fasciate, che tornavano in congedo. […] Raccontavano che si era combattuta una gran battaglia di mare, e si erano annegati dei bastimenti grandi come Aci Trezza, carichi zeppi di soldati; insomma un mondo di cose che parevano quelli che raccontavano la storia d’Orlando e dei paladini di Francia alla Marina di Catania, e la gente stava ad ascoltare colle orecchie tese, fitta come le mosche. Molti insegnanti sanno che spesso gli studenti, novelli don Abbondio, possono serenamente rispondere… ma Lissa dov’è? In realtà molti potrebbero interrogarsi sul significato di questa pagina della storia italiana. Anche in questo caso rileggere quanto scritto da Leopoldo Giampaolo nel poderoso volume curato anni fa da Silvano Colombo su Varese- Vicende e Protagonisti potrebbe essere un salutare approccio. Leggiamo: Cittadini arruolati nell’esercito italiano o fra i volontari di Garibaldi presero parte alla terza guerra di indipendenza,alcuni distinguendosi,cinque di essi caddero;altri  furono con Garibaldi a Monterotondo e Mentana, due di essi morirono.

Poi le guerre coloniali. Le scarse, scheletriche informazioni sono quasi una disinformazione su un momento particolare della storia. Sappiamo quale fu l’esito di quella guerra, nonostante le sconfitte. E come ricordato da Serena Contini durante il convegno anche la pittura risorgimentale poco testimoniò il disonore della sconfitta. Ma a volte si impara più da una sconfitta che può dirci molto.

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