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Opinioni

IL TAXI DEL GOVERNATORE

ROBERTO ROTONDO - 26/05/2017

maronisalviniSalvini? È un fenomeno transitorio. Oggi per la Lega è “primum vivere”. Intendiamoci, la Padania gli deve molto. ll carroccio in stile Salvini è resuscitato dalle inchieste sui diamanti in Tanzania e dai pasticci del “Trota” Bossi, grazie alla svolta a destra del leader milanese. Al circo mediatico non sembrava vero, nel 2014, di avere un contraltare di opposizione a Matteo Renzi. E da allora il salvinismo, ovvero un mix di Marine Le Pen, Maurizio Gasparri, Borghezio, Santanchè, Sallusti tutto insieme, ha avuto un discreto successo. La rappresentanza dell’italiano di provincia incazzato, ma soprattutto schifato dal futuro multietnico che ci aspetta, ha trovato in Matteo il suo “One man show”, adorato in tutte le trasmissioni del Paese. E così la Lega Nord è risorta andando al traino del suo leader.

Fateglielo capire, a Bossi, che alla gente di secessione o federalismo non importa più un fico secco, e che adesso la musica è tutta lì: c’è un barcone nel Mediterraneo? Le ong sono scafisti. C’è un gruppo di ragazzi che protesta? Ruspa. C’è una manifestazione per l’accoglienza? Sono amici dei terroristi. E poi ci sono le foto con la divisa della polizia, la diretta facebook in stazione centrale mentre fanno i controlli agli immigrati, la manifestazione per la legittima difesa pistolera. Salvini occupa lo spazio del vecchio Msi e della destra diffusa, insofferente verso le politiche troppo tolleranti, pessimista sul futuro del paese, difensiva, netta. Ma detto questo, non c’è stata una svolta radicale nella Lega Nord sul territorio e nei suoi quadri dirigenti. A differenza del Pd, dove Matteo Renzi sta davvero cambiando una parte dell’elettorato di riferimento, nella Lega ci sono gli stessi leghisti di ieri, semplicemente riadattati all’esigenza di tornare a vincere, o più semplicemente di vivere.

Ma a pensarci bene, all’originaria vocazione indipendentista di Bossi, la Lega ha sempre affiancato un marchio demagogico per fare appeal sul popolo. Prima degli scandali il Carroccio poteva vantare la guerra a Roma Ladrona. Bossi uscì da Tangentopoli come il fustigatore della partitocrazia. Quei voti sono finiti al Movimento 5 Stelle.

Matteo Salvini in realtà non vuole fare un partito nazionale, è tutta tattica la sua: è semplicemente accaduto che la diaspora della destra e l’invecchiamento con sentenze giudiziarie dell’eterno Silvio Berlusconi hanno creato un vuoto che Salvini lo showman ha riempito. In televisione il leader ci sta benissimo: è disinvolto, spigliato e diverte anche chi non lo sopporta. Perché da lui, puoi stare sicuro, avrai sempre la sparata che tutti si aspettano. Qualche anno fa mi capitò di dover chiedere spesso a Borghezio, per lavoro, opinioni su fatti di cronaca. Rispondeva così: “Ciao, cosa vuoi che ti dica?”. Voleva fare il Borghezio, insomma, perché il suo personaggio prevedeva quello. A volte sembra che Salvini faccia lo stesso.

E veniamo al partito. La Lega Nord è solo apparentemente piegata al sovranismo nazionale, i suoi quadri e i militanti, rimangono ancora affezionati all’idea di un Nord moralmente superiore al Sud. Ma condividono l’esigenza di difendere gli italiani dall’invasione degli stranieri, come la percepiscono i padani. Salvini è il front man, ma il Carroccio è un partito vero. Anzi, è l’unico partito di massa vero in Italia insieme al Pd: partito che fa i congressi, che ha regole di tesseramento, organi direttivi interni, procedure. In passato era solo Bossi che poteva stravolgere i congressi a disfare a piacimento le cose. Oggi non lo può fare nessuno, nemmeno Salvini.

Il problema dell’oggi è che Salvini si è messo in mente che può contendere a Berlusconi la leadership del centrodestra e questa competizione interna sta nuocendo a Roberto Maroni che invece deve andare alle prossime elezioni in Lombardia con un centrodestra unito dietro la sua leadership. Da qui la fibrillazione del congresso. Salvini lo ha vinto agilmente. Ma sul territorio a Varese sono tutti o quasi maroniani. Salvini è un leader milanese e a Milano la Lega non tocca palla da anni. Ci si rivede alle elezioni. È improbabile che la Lega ottenga seggi parlamentari al sud e se fosse ancora in opposizione verrebbe meno la necessità della linea italianista. Dunque, per Maroni, Giorgetti, Zaia e compagnia, il taxi Salvini servirà per arrivare alla elezioni regionali e nazionali con la sua popolarità, ma se non le vince, una volta salvata la baracca, la sua leadership vacillerà.

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