Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Garibalderie

INNO AL MENEFREGHISMO

ROBERTO GERVASINI - 21/07/2017

bandieraDiscendente di nobile famiglia sarda di Lanusei nell’Ogliasta, Goffredo Mameli nasce nel 1827 a Genova. Figlio di Giorgio Giovanni Mameli, ammiraglio della regia marina sarda e di Adelaide Zoagli, genovese, ha poi legami parentali con Cristoforo Mameli, Ministro della Pubblica istruzione del Regno di Sardegna nel 1849, e con Eva Mameli Calvino, la madre di Italo Calvino. La presunta casa natale di Mameli a Genova Voltri è in vendita e nessuno la compera, tantomeno lo Stato per farne luogo di rimembranza storica. Presunta perché noi italiani siamo speciali: non c’è memoria di dove sia realmente nato o vissuto colui che ha composto i versi dell’Inno degli italiani. Infatti anche la targa posta a suo tempo sull’edificio è stata corretta (a Genova non spendono denari per rifare un’altra targa, ovvio).

Siamo il popolo più divertente e comico del pianeta. È vero che Goffredo Mameli a Genova ha vissuto poco; è morto a Roma, all’età di 21 anni, nella difesa della Repubblica Romana di Mazzini Saffi ed Armellini; caduto meno eroicamente dei nostri varesini Emilio Morosini, Enrico Dandolo e Francesco Daverio; fu colpito incidentalmente ad una gamba dalla baionetta di un compagno nella difesa di Villa Corsini e al Vascello, sul colle del Gianicolo, e morì per un’ infezione dopo l’amputazione della stessa.

Oddio, forse è bene dirlo, vista l’ignoranza diffusa in campo storico, particolarmente accentuata per il periodo risorgimentale: Goffredo Mameli è il tale che ha scritto l’Inno degli Italiani, l’attuale inno nazionale italiano.

Vale la pena allora riportare le memorie di Carlo Alberto Barrili, poeta e patriota, scritte alla fine degli anni 70 dell’Ottocento. Il fatto si svolge a Torino.

“Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d’accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell’anno per ogni terra d’Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari – Del nuovo anno già l’alba primiera – al recentissimo del piemontese Bertoldi – Coll’azzurra coccarda sul petto – musicata dal Rossi. In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l’egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano.

Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: – To’ gli disse; te lo manda Goffredo. – Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos’è; gli fan ressa d’attorno. – Una cosa stupenda! – esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio. – Io sentii – mi diceva il Maestro nell’aprile del ’75, avendogli io chiesto notizie dell’Inno, per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli – io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo. Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all’inno, mettendo giù frasi melodiche, l’un sull’altra, ma lungi le mille miglia dall’idea che potessero adattarsi a quelle parole.

Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po’ in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c’era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte. Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d’un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l’originale dell’inno Fratelli d’Italia”.

La casa dove nacque e visse Goffredo Mameli a Genova che destino troverà? Ma che “ la tirino giù e facciano su un bel condominietto anche senza balconi, chissenefrega! Robe vecchie”. Un popolo senza memoria…

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login