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Attualità

IL NOSTRO FUTURO

OVIDIO CAZZOLA - 13/10/2017

stazione-rfiSi è concluso il Festival del paesaggio della ‘Città giardino’ o ‘Città in un giardino’. Varese si merita ancora questi appellativi, e l’ammirazione per le sue ‘Nature urbane’.
Ma siamo consapevoli della effettiva ampiezza della realtà varesina da difendere e valorizzare? Della serena bellezza che ammiriamo oggi soprattutto dalla nostra montagna da Santa Maria del Monte e dal Campo dai Fiori e che si articola nella Val Ceresio?
Ammirata dalla nascente borghesia industriale che la nuova ferrovia degli anni ’60 dell’Ottocento portava nella nostra città dove venivano edificate decine di residenze stagionali; desiderata da personaggi regnanti d’Italia e d’Europa per soggiornarvi nella attraente Villa Recalcati, splendido balcone panoramico verso i laghi e le Alpi.
Già nel secolo precedente l’aristocrazia a servizio del governo austriaco aveva acquisito parti significative del territorio varesino e realizzato ville e parchi di notevole prestigio che ancora oggi apprezziamo per la misura della loro nobiltà.
L’estensione, l’articolazione di questa bellezza ci impegna, come più volte ho ricordato, per una collaborazione intercomunale di salvaguardia di tutta la città reale varesina e per la costruzione condivisa del suo futuro.
La città è luogo delle relazioni sociali, non è una indistinta edificazione. Per questo hanno rilievo i luoghi, i loro significati.
Che esigono una necessaria, ragionevole organizzazione.
Il territorio varesino ha ereditato l’edificazione noncurante del dopoguerra. La circolazione dei mezzi pubblici e privati è stata insufficientemente considerata per il suo impatto sull’ambiente e sulla nostra vita.
Non possiamo più procedere con progettazioni episodiche che affrontino distintamente nodi di rilievo che devono essere affrontati in una visione complessiva coordinata.
In questi ultimi giorni si è discusso e polemizzato molto a proposito del ‘piano della sosta’.
Non è certo questo ‘piano’ che potrà risolvere convenientemente la mobilità urbana, perché non affronta il problema connesso del trasporto pubblico.
Un ‘piano della mobilità’ adeguato deve essere ancora avviato: e deve necessariamente partire dalla definizione di un adeguato trasporto pubblico.
La situazione che abbiamo ereditato è la seguente: una ferrovia del 1864 che ci ha collegato con Gallarate e Milano
una seconda ferrovia che ci ha collegato con Malnate, Como (poi dismessa) e Milano nel 1886; il successivo prolungamento a Porto Ceresio e a Laveno.
Abbiamo soppresso nel 1953 il sistema tramviario creato tra gli anni ’90 dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento.
Stiamo attendendo gli effetti del nuovo collegamento con Mendrisio. Stiamo considerando la necessaria connessione fra le due stazioni principali varesine.
Ma stiamo riflettendo sul ruolo che le ferrovie possono finalmente assumere di servizio urbano con fermate anche in punti periferici della città, dotati di convenienti parcheggi, dove si possa lasciare l’automezzo per salire sul trasporto ferroviario?
Credo che non possiamo ancora soltanto affidarci all’organizzazione del trasporto su ferro di un secolo e mezzo fa.
Dobbiamo realizzare opportunamente fermate ferroviarie in viale Valganna, in viale Belforte, presso il Campus universitario, a Calcinate degli Origoni Dobbiamo riconsiderare, a servizio del nucleo storico, di Bizzozero e di Masnago la proposta di cui si era discusso nella Commissione urbanistica di vent’anni fa per una linea dorsale di trasporto pubblico adeguato: si parlava anche dell’opportunità dell’impianto di un tram moderno sull’esempio di alcune città europee e di Milano.
E su questa dorsale ‘gemmare’ le linee urbane dei bus.
Ricordo ancora il contributo della Oikos, redattrice del Prg, al riguardo, che è stato senza dubbio il più rilevante per la lettura della consistenza e del ruolo possibile di Varese: città di bellezze, ma anche luogo di iniziative possibili, auspicabili.
La Oikos proponeva fra l’altro di considerare l’opportunità di prevedere nel Prg (oggi diremmo nel Pgt) la localizzazione di un Centro congressuale.
Ricordo lo studio che presentò riguardante decine di Centri congressuali esistenti nel mondo, con dettagliate informazioni sulla loro consistenza. Riteneva che Varese dovesse darsi questo obbiettivo, luogo di incontro e di progetto per tutta l’Area varesina comprendente ormai 170 mila abitanti.
Ho unito personalmente, a mia volta, altre proposte che hanno riguardato in particolare il ‘Documento di piano’ del Pgt in vigore.
Ho ritenuto che questo documento, che dovrebbe contenere le linee strategiche per la riorganizzazione e il futuro di questa nostra città, debba essere sostanzialmente ridefinito.
I problemi della città non si possono certo ridurre alla riforma di piazza della Repubblica. O del piazzale Kennedy.
Nell’ambito strettamente comunale, oggetto della revisione del Pgt vigente, occorre finalmente affrontare situazioni fin qui trascurate.
Ho già ricordato la permanente e inaccettabile incidenza delle radiali che continuano a creare una penetrazione diretta, senza nuovo ruolo loro attribuito, nel nucleo della città. Che consentono oggi una eccessiva velocità veicolare e presentano scarsità di immagine urbana significante. Che richiedono la ridefinizione della qualità dei loro percorsi, la protezione della pedonalità e della ciclabilità.
Si deve anche decisamente affrontare l’impatto diretto dell’autostrada sul centro città. Va confermato che l’accesso a Santa Maria del Monte deve essere ragionevolmente riaffidato prevalentemente al trasporto pubblico e alla funicolare.
I centri storici non costituiscono più un riferimento sufficiente per le relazioni sociali. Occorre individuare e integrare nuove polarità: anzitutto presso le sedi culturali, religiose, educative esistenti.
Accessibili con percorsi protetti. Nel presso delle quali rafforzare presenze di servizio utili e attrattive arricchite dal verde pubblico.
Con particolare attenzione alle esigenze di anziani e bambini.
Il prossimo collegamento con Mendrisio ci deve poi far riprendere con nuova consapevolezza il rapporto culturale, sociale, economico con il Canton Ticino.
I duecento anni della vicenda storica del capoluogo, che abbiamo nei mesi scorsi ripercorso, ci hanno testimoniato virtù e drammatici errori delle Amministrazioni che hanno preceduto l’attuale.
Le opportunità che ci vengono offerte oggi, le scelte che compiremo, rimarranno nella memoria delle generazioni future.

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