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Società

SCHIAVI DEL GIOCO

SERGIO REDAELLI - 09/02/2018

Caravaggio, I bari, 1597 circa

Caravaggio, I bari, 1597 circa

Rien ne va plus. La procura di Como ha chiesto il fallimento del casinò di Campione che dà lavoro a quattrocento dipendenti ed è pieno di debiti. “Non è il miglior modo per iniziare il 2018 – osserva il sito specializzato Gioconewscasino.it – la notizia si è ripercossa negativamente sugli incassi di gennaio che sono calati del 7,93%. Flessione ancora più marcata per le slot, il 12,85% in meno. Da febbraio 2017 a gennaio 2018 il casinò ha incassato il 2,66% in meno rispetto all’anno prima”. L’ipotesi di risanamento prevede lacrime e sangue, tagli del venti per cento agli stipendi e mobilità per quarantadue dipendenti.

Anche i casinò di Venezia, Saint Vincent e Sanremo hanno chiuso il 2017 con incassi in calo e faticano a carburare in questo inizio 2018 tuttavia il gaming in generale, in Italia, sembra godere di ottima salute. Un po’ per la facilità di giocare da casa senza bisogno di andare al casinò, un po’ perché i totem illegali e i punti internet che offrono la possibilità di giocare fuori dalle regole sono sempre più diffusi a giudicare dalle frequenti indagini di polizia e magistratura. Basta cliccare su un’icona e la macchinetta diventa una Las Vegas digitale in miniatura dove si può puntare su tutto clandestinamente, slot, roulette e black jack.

Il terminale si collega a una piattaforma estera che ignora le norme italiane ed evade le tasse. Il business del gerente e la trappola per chi gioca sono garantiti. Gli apparecchi clandestini non hanno limiti di puntata, programmano le vincite con criteri sconosciuti e premiano il gestore connivente con percentuali fino al 35% (il resto dell’incasso va all’operatore delle slot e ai responsabili della piattaforma). Per la legge italiana, invece, le slot Awp da bar e tabaccheria, omologate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, accettano solo monete, hanno un costo massimo di un euro a partita e percentuali di vincite predefinite.

Legale o illegale, il gioco genera schiavitù. Le cifre della dipendenza patologica in Italia sono impressionanti. Ogni anno la ludopatia inghiotte 27 miliardi con le slot e 23 con le video-lottery. Un’indagine delle Acli rivela che un anziano su tre gioca con regolarità e il 65% delle persone che non sanno resistere al richiamo della puntata vive al di sotto della soglia di povertà. La chiamano infatti nuova droga dei poveri. La passione compulsiva per il gioco (lotterie, totocalcio, slot machine & macchinette varie) colpisce anche le donne, pensionate, casalinghe e perfino le mamme con il passeggino. In questa classifica la Lombardia è seconda in Italia con 14 miliardi di fatturato sui 74 totali.

Secondo Banca d’Italia la mafia controlla il business illegale, ricicla il denaro sporco sulle scommesse online, sfrutta le attività collaterali e l’usura sui prestiti. Nel rapporto “Linee di intervento della nuova regolamentazione antiriciclaggio nel settore del gioco” elaborato dall’Unità di Informazione Finanziaria, le operazioni sospette sono aumentate del 40% e interessano anche il gioco legale. Ciò rende indifferibile la necessità di una legge nazionale che regolamenti il settore. E in vista delle elezioni di domenica 4 marzo, quaranta associazioni riunite nella campagna “Mettiamoci in Gioco” chiedono ai candidati di fare qualcosa.

In che modo? “Servono regole nuove – tuona don Virginio Colmegna della segreteria – Zero pubblicità sui media e nei luoghi pubblici, taglio di un terzo dell’offerta complessiva, garantire non il proibizionismo che favorirebbe il sommerso ma l’autonomia degli enti locali su luoghi e orari, infine il diritto alle cure gratuite per chi soffre di dipendenza”. Prima però bisogna mettersi d’accordo sul significato che lo Stato vuole dare al gioco d’azzardo. Si tratta di un vizio moralmente punibile, di un rischio sociale, di un culto idolatrico e di una rovina per le famiglie come sostiene la Chiesa o è un innocente dazio volontario che il cittadino paga per tentare la sorte, con abilità prevalente sul rischio, come affermano i liberisti?

Ha ragione insomma l’aspirante governatore della Lombardia Giorgio Gori che ha dichiarato guerra all’azzardo di massa (“A Bergamo ce n’è uno ogni trecento metri quadrati”, accusa) o i politici che nel corso degli anni hanno autorizzato e promosso il gioco come leva fiscale utile ai bilanci dello Stato? L’ultima volta fu il governo Berlusconi ad autorizzare le video-lottery nel 2012, ma prima di lui altri governi di ogni colore sono stati più che tolleranti. Papa Francesco ripete che “bisogna scoraggiare il gioco d’azzardo che è causa di indebitamento e usura”, ma il parere del Vaticano non è sempre stato questo.

Nella Roma del potere temporale il gioco d’azzardo si è a lungo barcamenato tra il bene e il male. Tollerato a metà ‘600 da Alessandro VII e poi soppresso, il Lotto fu riammesso da Clemente XI con estrazioni pubbliche legali che si tenevano sotto il portico di palazzo Pamphili alla presenza di un “notaro”. Il Lotto, di origine genovese, fu di nuovo abolito da Benedetto XIII per evitare che qualcuno muovesse l’accusa di usura alla Camera apostolica e infine riabilitato da Clemente XII nel 1731 per rimediare alle strettezze finanziarie con nove estrazioni all’anno sul Campidoglio. Quale è l’esempio virtuoso da seguire?

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