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Opinioni

REGOLE DA DARSI

FELICE MAGNANI - 27/04/2018

educazioneLe pagine dei quotidiani e quelle della tecnologia digitale percorrono in lungo e in largo gli spazi della condizione umana, mettendone spesso a nudo le difficoltà. Lo fanno con sagacia, con occhio attento, ma nella maggior parte dei casi dimenticano la pars construens, quella che parte sì da una riflessione, ma che punta a diventare propositiva, l’educazione infatti va costruita con il contributo di tutti, in particolare con quello di agenzie che del sistema educativo dovrebbero essere le garanti: la famiglia e la scuola.

L’educazione ha una sua carta costituzionale, frutto del fortissimo impegno sociale di insegnanti, studiosi, esperti in materia e di uno stato garante della forza coesiva dei suoi cittadini. L’educazione è fatta di regole, perché l’equilibrio e l’armonia di una vita comunitaria si fondano soprattutto sul rispetto di principi comuni. Rendere comunitaria l’azione educativa significa far convergere l’attenzione delle persone su temi e problemi che la riguardano da vicino, perché l’educazione ha una sua natura estensiva, si allarga, tende a coinvolgere, a far convergere, a determinare, a fare chiarezza sugli obiettivi che si vogliono raggiungere.

La regola non nasce per caso e non è mai fine a se stessa, è partorita da una necessità democratica, da un dovere civico, dalla necessità di riunire e consolidare l’importanza di comportamenti sociali. Certo non è facile far passare l’idea che la forza e la bellezza di un impegno nasca anche da qualche forma di natura impositiva, ma si sa che la vita umana è anche comprensiva di valori che senza autorità non starebbero in piedi.

La disciplina è necessaria! Le regole da sole non stanno in piedi se non c’è un ordine che le sorregga, che le unisca, che dia loro quel pizzico di ufficialità e di universalità che le rende ancora più forti, più vere e credibili. Se l’uomo ha deciso di darsi delle regole è perché ne ha sentito il bisogno, ha capito che, senza, ciascuno avrebbe agito in modo arbitrario e sarebbe così decaduto quel principio della oggettività, in cui la libertà riconosce i limiti in cui svolge e dilata la sua democrazia individuale.

È la natura disciplinare della regola che la natura umana tende a non riconoscere, perché vede in essa un limite al cinismo della propria aspirazione libertaria. Si sa però che ci sono beni che vanno oltre la loro natura individuale e per la conservazione dei quali è necessario stabilire un metodo attuativo e conservativo. Il cittadino teme i provvedimenti, li teme perché è convinto che siano espressione di varie forme di totalitarismo, li teme perché non ama sentirsi costretto, vorrebbe essere libero di fare quello che vuole. Purtroppo la storia, nella maggior parte dei casi, non lo aiuta a crescere, tende a far passare per eccessivo ciò che è giusto e normale per costruire una società più equilibrata.

Senza regole la storia sarebbe rimasta vittima di un individualismo molto più estremo di quello attuale, non avrebbe prodotto quelle forme di socialità che hanno contribuito a dare un orientamento più civile e umano alla nostra vita. Una società democratica ha bisogno di sentirsi protetta, aiutata, indirizzata e le regole hanno proprio questa funzione, quella di unire, mettendo le persone di fronte alle loro responsabilità individuali e sociali.

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