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Società

TUTTI VIAGGIATORI

BARBARA MAJORINO - 21/09/2018

viaggiareQuando Charles Baudelaire scrisse i versi di “Invito al viaggio” (Invitation au Voyage) non poteva certamente immaginare che quello spostarsi verso paesaggi dove tutto era Ordine e Bellezza, Lusso, Calma e Voluttà, dove i vascelli dall’umore vagabondo dormono pigramente sui canali nella luce dorata di un tramonto (il testo di questa poesia è stato ripreso anche da Battiato in una sua canzone) dovesse diventare il frenetico viaggio di un uomo d’affari che prende l’aereo con la sua valigetta 24 ore, o moltitudini di turisti “mordi e fuggi” che prendono d’assalto torpedoni, treni, traghetti, aerei, che lordano dove passano e che nell’arco di una giornata devono consumare il più grande numero possibile di visite “guidate” ai monumenti, a piazze, palazzi d’epoca, città e paesaggi. Il periodo romantico e tardoromantico ha spesso celebrato il mito dell’Altrove, come metodo di vita (Rimbaud: “la vita è altrove”, Paul Gauguin e la sua fuga a Tahiti).

La letteratura stessa, in fondo è tutta un grande viaggio d’esplorazione dell’umanità. Perché fin dai tempi memorabili, l’uomo ha voluto varcare confini e terre lontane, incuriosito da altre civiltà, tradizioni, usi, costumi, tramandandoci poi le sue scoperte. Si pensi solo a Marco Polo e a “Il Milione”, fino ad arrivare a scrittori contemporanei che crearono dei veri e propri luoghi di elezione: Gide e l’Africa, Hemingway e la Spagna, Fitzgerald e la Costa Azzurra con le sue corse in lussuose auto dei suoi rampolli della gioventù dorata (“i belli e dannati”), Karen Blixen e la sua tenuta nel verde Kenia, Camus e l’Algeria, Herman Hesse e i suoi pellegrinaggi in Oriente, Thomas Mann e il suo lento inesorabile viaggio lagunare dentro la Venezia del colera e dentro la sua stessa morte, mentre contempla estasiato un angelo che, alzando il braccio verso l’alto, gli indica un universo di eterna Bellezza tra mare e cielo: il giovane Tadzio.

Il viaggio iniziatico è inoltre una componente importante delle fiabe di magia nella tradizione popolare orale: l’Eroe si allontana da casa, corre dei rischi, affronta dei pericoli, ma poi acquista una nuova consapevolezza e la sua impresa e avventura umana va in porto, mentre il lieto fine è assicurato. Favola umana che poi viene estesa e ampliata nei racconti d’avventure e di viaggi. L’Odissea è il poema che più d’ogni altro ha cantato la fuga, l’evasione, l’esotismo, la trasgressione nell’eroe più antico e più moderno di tutti i tempi: Ulisse. Viaggio attraverso l’Ade e i suoi defunti che egli interroga, così come viaggio alla scoperta di terra nuove e lontane, sfidando i perigli tra fortunali spaventosi e creature mostruose: sirene, ciclopi, mostri marini come Scilla e Cariddi.

Potremmo dire forse che tutta quanta la letteratura ha parlato in pari misura di viaggi orizzontali (cioè geografici) e verticali (cioè quelli della mente e dello spirito). Virgilio nell’Eneide, Dante e la sua retta via smarrita nella “selva oscura”, nelle sue tre Cantiche della Commedia, i poemi cavallereschi come quelli del ciclo della Ricerca del Santo Graal di Chrétien de Troyes, il romanzo picaresco del Don Chisciotte del Cervantes, i viaggi di iniziazione e di formazione nel Bildungsroman: Goethe e il suo “Wilhelm Meister”, le peripezie di “Candido” e del suo maestro Pangloss di Voltaire, Thackerey e il suo ambizioso avventuriero e arrampicatore sociale “Barry Lindon”, “Robinson Crusoe” di Defoe, la sua Isola e il suo diario di viaggio, Jules Verne nei suoi romanzi d’avventure come “Il giro del mondo in 80 giorni” o “Viaggio al centro della Terra”.

Con l’esplosione della globalizzazione, però questa importante componente dell’umanità si è interrotta: ora sono i popoli lontani che vengono da noi, e, come è comprensibile, non siamo più così intrigati nel volerne conoscere le usanze. Ora è più facile prendere un volo low cost che procurarsi da mangiare con un carrello pieno di derrate alimentari.

Con un volo da 100 euro andata e ritorno sei a Londra o a Parigi, ma con la stessa cifra a casa propria, si mangia al massimo per una settimana (a voler essere ottimisti). I viaggi e soggiorni tutto compreso come pacchetti d’agenzia sono diventati una merce di consumo, ragion per cui questa importante componente dell’umanità effettuata a scopo di vera conoscenza, si è interrotta o modificata in senso peggiorativo. Ai giovani sposi si regala un viaggio (lista di nozze direttamente in agenzia), prima ancora che un elettrodomestico necessario.

Ovunque si vada per il mondo, si sente la stessa musica, si vedono le stesse catene di fast food, gli stessi negozi con le stesse griffes negli show room degli aeroporti come delle stazioni, le stesse merci, la stessa umanità multietnica mescolata insieme coattivamente nell’uguaglianza dello stesso codice barre. Le capitali d’Europa rassomigliano tutte in un’omologazione voluta e auspicata come “il migliore dei mondi possibili”, proprio perché ritenuta “egualitaria”.

Insomma, si viaggia di più, ma si scopre di meno, ci si istruisce di meno, si riflette di meno. La verità è che un tempo il viaggio aveva a che fare col desiderio, col sogno a lungo vagheggiato, con una sorta di preparazione spirituale all’evento. Adesso viaggiare e spostarsi è diventato quasi un obbligo (lavoro e professione) o un imperativo consumistico (l’industria turistica dei tour operator e dei “pacchetti d’agenzia” all inclusive). La singolarità dell’esperienza umana del viaggiatore o del pellegrino cede il passo al turista trafelato, al passeggero. Quindi alle diapositive da proiettare agli amici per far vedere dove si è stati (non c’è nulla di più noioso che dover passare una serata del genere) o da “condividere” (un altro termine informatico per me uggioso) su Facebook.

Perché le diapositive degli altri ci annoiano tanto, specie oggi dove le immagini scorrono in un fluire confuso col dito sul display di uno smartphone? Forse perché si spezza la singolarità e l’unicità dell’esperienza del viaggiare, la quale non è quasi mai qualcosa di direttamente trasmissibile. Un po’ come quando qualcuno ci racconta di aver fatto un “sogno strano” e si è costretti ad ascoltarlo annuendo col capo, fingendoci interessati per non apparire scortesi. O forse perché, siamo già bombardati dalla mattina alla sera di immagini formato poster, di documentari di luoghi esotici che ci privano del benefico l’effetto-sorpresa.

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