Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

NESSUN FURTO AL GRAND HOTEL

ARTURO BORTOLUZZI - 28/09/2018

Uno dei pezzi del Grand Hotel e la sua collocazione originaria (da Varesenews)

Uno dei pezzi del Grand Hotel e la sua collocazione originaria (da Varesenews)

Dire che sono stupefatto e ferito, come varesino, per quanto è capitato al Grand Hotel del Campo dei fiori, capolavoro e monumento di Giuseppe Sommaruga, è troppo poco.

Dagli organi di informazione varesini ho saputo della sparizione di particolarità liberty dal Grand Hotel Campo dei fiori. Ho poi avuto notizia, però, che non c’era stato alcun furto, nessuna irruzione, nessuna razzia notturna. Piuttosto un maldestro tentativo di piazzare sul mercato antiquario una preziosa collezione di piccoli capolavori del Liberty varesino dopo ha averli letteralmente “strappati” dalle pareti del Grand Hotel Campo dei Fiori nell’indifferenza dei più.

Il colpevole della depredazione che pare durasse da anni era (pare), infatti, non un estraneo ovvero un gruppo di estranei, ma direttamente l’ex proprietario dell’albergo. Dal quotidiano locale sono informato che c’è stato un  intervento di ispezione di in deposito a Gavirate del corpo carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio culturale partiti da Monza.

Questi hanno scovato gli oggetti d’arredo del Grand Hotel (ora sequestrati)  che furono consegnati al venditore con una lettera di incarico sottoscritta dall’imprenditore varesino Gianfranco Castiglioni.

Il documento, redatto nella primavera del 2014, sarebbe stato consegnato ai militari nel corso dell’ispezione, ed è ora all’attenzione di chi conduce l’indagine sulla scomparsa e sul successivo ritrovamento delle decorazioni: lampade in ferro battuto, boiserie, vasi e inferriate con motivi floreali disegnati dal progettista del Grand Hotel, l’architetto Giuseppe Sommaruga.

L’accordo prevedeva, in estrema sintesi, una “commissione” pari al 30% dei proventi della cessione dei singoli pezzi a collezionisti o appassionati d’arte antiquaria. Il restante 70% sarebbe stato invece versato ai proprietari.

Non appare essere stato considerato il vincolo conservativo che il Ministero dei beni culturali aveva posto sull’intero edificio tredici anni prima, nel 2001. Mi chiedo, quali azioni ha fatto la Soprintendenza lombarda per evitare che i varesini fossero depauperati del loro patrimonio storico artistico? Che cosa hanno fatto il Comune di Varese e le altre istituzioni per impedire scempi di beni che per destinazione fanno parte dell’arredo fisso di questo immobile che è un bene vincolato?

Non solo potrebbe configurarsi un illecito penale (per il fatto che sono stati staccati dalla sede originaria mobili vincolati e poi trasportati in un altro luogo per trarne guadagno) ma il problema che mi interessa è la depauperazione del patrimonio a vantaggio dei cittadini di Varese e in questo caso dei cittadini del mondo.

Facendo un esempio comprensibile, è come se la chiesa a Barcellona avesse asportato e poi venduto porzioni della Sagrada Familia. Inverosimile!

Resta ora da stabilire quanti e quali oggetti siano passati di mano negli ultimi quattro anni e quale sia la soluzione più opportuna per la conservazione degli arredi recuperati e per un eventuale loro restauro conservativo.

C’è un inventario degli oggetti mancanti? «Stiamo valutando alcune possibilità – si limitano a far sapere dalla Soprintendenza –, per ora restano in custodia giudiziaria nel deposito dove sono stati rinvenuti, ma è evidente che si tratta di una sistemazione temporanea».

Avevo scritto nel settembre 2016 come presidente dell’associazione che rappresento – Amici della Terra Varese –  al sindaco del Comune e per conoscenza al presidente della Regione Lombardia e al presidente della Provincia di Varese e al presidente del Parco Naturale del Campo dei Fiori ma anche all’assessore ai Lavori Pubblici, all’assessore all’Urbanistica, all’assessore alla Cultura, all’assessore alla Tutela ambientale, al presidente della Commissione paesaggio del Comune di Varese, e al nuovo presidente del Consiglio comunale per una cortese distribuzione ai consiglieri comunali. A tutti avevo fatto presente la forte preoccupazione dell’associazione perché il patrimonio liberty della città (ovvero del costruttivismo), in specie rappresentato dai due alberghi dell’architetto Sommaruga appena acquistati, potesse essere degnamente custodito.

Nessuno ci ha risposto come se non vi fosse un alto interesse alla conservazione dei detti immobili e arredi. Evidentemente errando (secondo noi) si riteneva che il badare a questi alberghi dovesse essere solo di interesse del proprietario. Non veniva considerata l’esistenza di un vincolo che secondo noi avrebbe imposto, in considerazione della lettera di amici della Terra Varese, almeno l’assunzione di un’azione di tutela.

Ergo, tutti sapevano della nostra preoccupazione e di un pericolo potenziale, ma nessuno si è mai mosso neanche assumendo comportamenti protettivi e inviando una semplice risposta alla nostra lettera.

Avevamo scritto al sindaco del comune di Varese che bisognava in particolare conservare tutti gli esempi delle arti espresse a Varese incominciando da quelle della metà dell’800 (assolutamente eccezionale per il nostro territorio). Non possiamo che rifarci al Liberty espresso nelle grandi opere (edifici abitativi e ville di delizia, edifici industriali, alberghi) ma anche piccole preziosità (metodologie di abbellimento e di rifinitura degli edifici, di strutture di supporto tra cui certamente le inferriate…). Compito della politica doveva essere anche quello di difendere e di valorizzare questi beni per le generazioni future alle quali ne va insegnato l’importanza e la storia.

Delle tante felici esperienze architettoniche e artistiche del varesotto, è proprio quella del liberty che più si avvicina, nelle sue più alte espressioni, alla più conosciuta e giustamente rinomata, quella del barocco profano delle ville e religioso del Sacro Monte, che non a caso ha ottenuto proprio riconoscimento da parte dell’Unesco come Patrimonio dell’umanità.

Le affinità sono tante né qui vale enumerarle: basti per tutte, l’armonioso   inserirsi e compenetrarsi di architettura e ambiente (quasi amalgamarsi) e, quello, se vogliamo, più pragmatico dell’aprirsi di questa architettura alla villeggiatura e conseguentemente  anche “al turismo”.

Così è che l’immagine turistica nella nostra città ruota ancora oggi intorno all’impronta singolare delle ville e dei giardini settecenteschi; e a quella più recente dei grandi alberghi, delle ville, dei sistemi di trasporto della “belle époque”.

Meno nota ai più e quindi se si vuole, fatto più  sorprendente, è la Varese liberty che riserva ai visitatori esperienze davvero uniche. Proprio nella nostra città il Liberty assunse una dignità e un ruolo non solo estetico ma in qualche modo “urbanistico”.

Gli amministratori che hanno governato Varese negli ultimi 60 anni, hanno mancato della capacità di valorizzare questo patrimonio e di salvarlo. Il Liberty di Varese si stava a poco a poco disperdendo a partire dai due alberghi dell’architetto Sommaruga che servivano solo ad ospitare antenne per le radio e le televisioni. Abbiamo così gioito quando imprenditori privati ultimamente hanno deciso di acquistare i due alberghi varesini, di cui stiamo dicendo, e abbiamo chiesto al Comune di Varese e  a tutti gli interessati, tra cui la Soprintendenza, di saper guidare l’acquisto degli alberghi vincolati, non soltanto per quello che riguarda  il loro recupero, ma, soprattutto, facendo partecipare la collettività a questa azione.

Se si avesse voluto davvero rilanciare la nostra città rendendola immune dal degrado, sarebbe occorso salvaguardarla, valorizzarla e metterla in rete con il suo territorio. Occorreva partire da una considerazione centrale: quella di intendere la nostra immagine turistica che fu non già frutto del caso o della felice collocazione naturale della città, ma del lavoro di una imprenditoria generosa nell’affidarsi a progettisti di rara sensibilità, competenza e rigore scientifico. Bisognava rendere consapevole la cittadinanza di quelli che sono stati i valori del passato e coinvolgere tutti i cittadini riguardo la utilizzazione al presente di questi alberghi e dei loro stucchi e rilievi. Gli stessi,  per essere  tutelati dalla Soprintendenza devono avere infatti un interesse collettivo.

Questo ora  è stato ignorato completamente da tutti gli amministratori. Il comune di Varese, in particolare ha voluto, nonostante noi gli avessimo chiesto di essere informati, gestire in proprio tutta la questione. Finora infatti si è solo deciso riguardo l’Hotel Palace informando però solo la Soprintendenza della Lombardia. È stata un’occasione persa e non se ne capisce la ragione in considerazione dell’art. 3 comma 3 del TU sull’ambiente. Non vogliamo ora non essere coinvolti nelle decisioni che il comune di Varese vorrà assumere riguardo al Grand Hotel del Campo dei Fiori. Maggiormente ora dopo gli episodi descritti.

Tutto ciò premesso, e molto rammaricati, continuiamo a predicare la necessità che i varesini possano godere di un grande privilegio che, per poter tramutarsi in una concreta realtà, ha  bisogno un comportamento delle istituzioni competenti (Comune di Varese, Provincia di Varese, Parco Naturale del Campo dei Fiori, Regione Lombardia) volto ad accompagnare la ristrutturazione con prudenza senza tarpare le ali alla proprietà che dovrà svolgere la propria attività economica convenientemente, ma mai contro la legge e mai approfittandosi dei varesini.

In questa situazione è necessario che ogni progetto di ristrutturazione degli alberghi liberty e degli spazi connessi, non venga tenuto al chiuso delle mura del palazzo e venga discusso e venga stabilita fin da subito una tecnica di lavoro in base alla quale chi abbia interesse possa sempre partecipare. Così in passato non è stato per il Palace Hotel. Un tale metodo deve essere ben chiaro anche agli acquirenti degli alberghi liberty.

Abbiamo scritto in tema, ancora una volta al sindaco del Comune di Varese chiedendogli di individuare fin da subito, in ambito dei dipendenti comunali, un responsabile di questo procedimento (ristrutturazione degli alberghi liberty ad opera dell’architetto Sommaruga di cui scriviamo) che possa costituire per noi un ausilio e un punto di riferimento. Gli abbiamo anche posto altre domande e considerazioni.

È anche importante che si incominci a parlare fin da subito del ramo della funicolare che porta al Campo dei Fiori. È in animo dell’attuale Giunta di riattivarlo? Si potrà finalmente realizzare una riunione tra gli imprenditori della montagna varesina e il comune di Varese?

Degli sfregi il Politecnico di Milano che aveva compiuto degli appositi studi proprio sul Grand Hotel Campo dei Fiori era stato evidenziato qualcosa?

Non sarebbe giusto dare un incarico al Politecnico di Milano perché si possa avere una esatta elencazione dei fregi o degli arredi mancanti? Secondo noi sì!

Abbiamo chiesto poi quali interlocuzioni il sindaco intenda avere con il Parco del Campo dei fiori, in ordine alla ristrutturazione del Grand Hotel del Campo dei Fiori e riguardo al mantenimento delle particolarità Liberty e a proposito alla realizzazione dei sistemi di trasporto.

Non pensa che possa essere importante dare alla Commissione paesaggio il ruolo di controllore dei progetti di recupero che saranno portati avanti? Se questa fosse la sua intenzione potrebbe anche essere d’uopo integrare la Commissione paesaggio con uno o più storici dell’arte.

Delle numerose iniziative fatte dal comune di Varese, dal Parco e dalla associazione Varese Europea (cui siamo associati) riguardo il Liberty varesino (predisposizione di guide e posizionamento di cartelli pubblicitari) domandiamo che ci sia in Consiglio comunale un completo riassunto delle molteplici opere svolte. Questo con il finanziamento vuoi dello Stato vuoi della Regione Lombardia.

Per avere un elenco dettagliato degli itinerari liberty nell’area varesina, invito il sindaco a farsi portare dalla biblioteca civica la copia del libro “Itinerari liberty a Varese”, 1983, di Renata Castelli, Federico Cavalieri, Laura Pezzoni, Letizia Tedeschi.

Lo stesso andrebbe fatto con l’opera del Politecnico di Milano che tratta in generale del liberty provinciale e di come lo stesso venisse utilizzato per una pluralità di edifici aventi scopi completamente diversi tra loro.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login