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Apologie Paradossali

“TRIBUNALI”

COSTANTE PORTATADINO - 12/10/2018

tribunale(S) Come intendiamo proseguire in questa esplicitazione dei nuovi autocomandamenti? Rinviando alla fine il tema dell’IO e dei suoi molteplici legami con altre fonti di identità, o vuoi procedere secondo il canone numerico tradizionale?

(C) No, mi interessa piuttosto approfittare di qualche suggestione contemporanea. Vi propongo come tema odierno l’ottavo, nella versione biblica di Esodo, 20: “Non deporrai falsa testimonianza contro il tuo prossimo”, in quella di Onirio: “La mia testimonianza interpreterà i fatti secondo il mio Io”. Prima di dare la parola ad Onirio spiego la ragione della mia proposta: oggi l’intera società si regge sulla comunicazione e i ‘tribunali’ non sono solamente quelli dove i giudici togati emettono sentenze a norma di legge, assistiti da codici molto ampi e da sterminata giurisprudenza, da una capacità tecnica e scientifica di raccogliere prove fattuali, spesso da loro definite ‘inconfutabili’, quindi tali da rendere quasi inutili le testimonianze; esiste il tribunale della pubblica opinione, variamente esaltato dai mezzi di comunicazione; poi si dà estremo valore al ‘tribunale’ della propria coscienza, almeno per quanto riguarda i peccati che non siano reati, sanzionati dalla legge civile, ma penso anche e soprattutto a quel tribunale politico che in democrazia è il voto, naturalmente influenzato dalle ‘ testimonianze’ sia dei politici, sia degli ‘esperti’ chiamati in causa in tutti i modi di fronte al pubblico/popolo.

(O) Già la scorsa settimana avevamo collegato l’attacco della cultura dominante all’identità cristiana con l’azione (non necessariamente il possesso) dei mezzi di comunicazione. Più che un paradosso, è per me una ferita sanguinante il fatto che proprio la parola, la massima espressione dell’IO, sia lo strumento con cui se ne corrode l’essenza. Rendere testimonianza è esattamente portare alla luce la verità, soprattutto quella verità che, celata ai più, quando viene svelata giova a tutti, all’innocente, al popolo e perfino al colpevole, cui viene offerta la possibilità del perdono e della redenzione. Capisco che lo scandalo della ‘comunicabilità’ odierna è che proprio l’eccesso quantitativo di informazioni abbia lo stesso effetto di occultamento che aveva in tempi non troppo remoti la secretazione. Oggi possiamo sapere tantissimo: dei misfatti fascisti e nazisti come di quelli staliniani, avere notizie particolareggiate degli stupratori seriali di Hollywood e degli ecclesiastici pedofili, così come giudichiamo gli autori degli insabbiamenti, venuti alla luce solo molti anni dopo, come dei complici e non più come prudenti pastori preoccupati di evitare scandali.

(S) Ahi, Onirio, ti stai preparando a giustificare…

(C) No, permettimi l’interruzione. Onirio spiegherà meglio la questione dell’interpretazione. Io mi sento in dovere di far rilevare immediatamente che la storicizzazione di certi comportamenti o la considerazione misericordiosa del peccatore pentito non modifichi, non possa proprio modificare, la verità di un giudizio. Ne ha dato un esempio proprio in questi giorni papa Francesco intervenendo sul tema dell’aborto in modo assolutamente chiaro e inequivocabile. Mi pare che abbia dato un esempio significativo di questa fondamentale differenza tra la definizione della natura del fatto negativo, che non è soggetta ad interpretazione, e la possibilità di un rapporto positivo con il suo autore, per esempio riconoscendone la buona fede.

(S) Mi direte che sono il solito conformista, ma io non riesco a sopportare certe sottigliezze, per esempio quelle dei ‘numeretti’. Non voglio fare una esternazione politica, ma, scusate, se il numeretto è il moltiplicatore di un numero molto grosso, quale il debito pubblico, chiamarlo in quel modo e non tirar fuori il numero reale, non la posso chiamare ‘interpretazione’, devo chiamare ‘inganno’, ossia falsa testimonianza. Se discutiamo della diminuzione del rapporto tra deficit annuale e PIL, se cerco di far credere che in questo modo non aumenterà comunque il debito pubblico, non sto dando un’interpretazione della politica economica, ma una notizia falsa.

 Anche un’omissione può equivalere ad una falsità, se la mancata conoscenza di quella notizia modifica il giudizio e l’azione di una terza persona. Credo che questa sia la moralità della politica e non certo l’eventuale controllo delle spese ammesse nell’uso del reddito di cittadinanza. Moralità è che le notizie devono portare fatti, non interpretazioni.

(O) Incontestabile, ciò che dici. Eppure è altrettanto incontestabile che in ogni ‘pezzo di comunicazione’ il contenuto oggettivo comunicato sia inscindibilmente legato alla soggettività del testimone. Non ci sono testimoni ‘puri’ e non ci sono nemmeno ‘ascoltatori puri’. La stessa notizia viene immediatamente elaborata e ‘capita’ dal suo percettore secondo la propria precomprensione e secondo questa stessa precomprensione non solo diventerà giudizio, ma verrà nuovamente messa in circolo.

(S) Mi riduci tutto al gioco del ‘telegrafo senza fili’ che facevamo in colonia? Ma allora facevamo apposta a sbagliare, sperando che l’ultimo della fila, di solito ci metteva il saputello antipatico, se ne uscisse con qualche scemenza o persino oscenità da scandalizzare l’educatrice. Ma nella realtà è ben peggio, la verità è deformata dall’inizio.

(C) La validità del comandamento, hai ben ragione, si estende ai comportamenti omissivi e alla volontaria sovrapposizione di opinioni ai fatti.

(O) Tuttavia c’è un barlume di verità anche in questo ottavo autocomandamento: chi testimonia dovrà riconoscere di aver trasmesso ‘anche’ la propria visione dell’accaduto e chi riceve la testimonianza sarà addirittura chiamato ad un doppio lavoro, una doppia ricerca di autenticità: cercare di riconoscere nell’informazione ricevuta quanto deriva dal fatto e quanto dalla soggettività del testimone, e, nello stesso tempo, una volta formulato da lui stesso il giudizio, quanto è stato dovuto alla propria visione delle cose.

(C) Provo a concludere in modo da aiutare anche il lettore a capirti: l’ottavo autocomandamento non fa altro che descrivere una condizione umana, una modalità della conoscenza da cui non si può prescindere, già san Tommaso d’Aquino diceva una cosa simile. Ma è importante il corollario: la lealtà verso il contenuto della testimonianza compete sia al testimone sia al suo ascoltatore. Un bell’esempio di paradosso e un compito tanto impegnativo, quanto quotidiano, sia che ti tocchi di farlo in tribunale, davanti a un giudice,sia che discuti della legge di bilancio o del ponte di Genova, sia che ti metti a parlare con la Peppina degli usi e costumi della Giulietta del piano di sopra. E mi taccio, per non dispiacerti, direttore, di tutti gli argomenti calcistici a te cari.

(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti

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