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Attualità

DI BALLE SI MUORE

MANIGLIO BOTTI - 30/11/2018

burioniVaccini che non sono da fare, assolutamente; l’Aids che non esiste: è (quasi) un’invenzione delle case farmaceutiche; il cancro che si può curare con le vitamine, con l’aglio, con la salvia, un pizzico di sale quanto basta e con altri intrugli, invece che con la chemio, a seconda dei pareri degli stregoni di cittadinanza.

Ma poi si muore. Certo, finire nell’aldilà, è un destino comune e che riguarda tutti, però – anzi quasi certamente – con le cure adeguate e comprovate dalla scienza, che esistono, si sarebbe potuto campare un po’ di più, rimandando il dì funesto.

Il professor Roberto Burioni, docente di microbiologia e virologia all’università San Raffaele di Milano (quel Burioni, non un ‘Burioni quasiasi’, scienziato di fama nazionale e internazionale), ci vorrà perdonare l’attacco un po’ insolito per riassumere, nei contenuti essenziali, il suo ultimo libro, Balle mortali-Meglio vivere con la scienza che morire coi ciarlatani. Il libro, pubblicato da Rizzoli, come in una trilogia fa seguito ad altri due “agili” volumetti dai titoli altrettanto significativi: Il vaccino non è un’opinione (Mondadori, 2016) e La congiura dei somari (Rizzoli, 2017).

Il professor Burioni, nei tempi della comunicazione e della medicina da web, è divenuto famoso almeno in Italia più che per meriti propri – egli è uno studioso serio e importante, come probabilmente ce ne sono altri nel mondo e nelle università e nei laboratori – soprattutto per le denigrazioni, gli insulti (pure di politici trasversali) e le minacce, raccolti a piene mani sui social. Offese non pervenute da scienziati, in una certa qual maniera suoi colleghi, medici, specialisti di microbiologia, ma da casalinghe, pensionati, idraulici, giocatori di biliardo, con tutto il rispetto di queste categorie appena accennate.

La sua colpa – e quanto afferma nell’ultimo libro ne è un nuovo esempio – è quella di sostenere le ragioni della scienza, in un’attualità che si va facendo sempre più oscura e medievale, quasi dominata dalle superstizioni e dalle magìe.

Burioni non è un novello Galileo, più semplicemente è un uomo, uno studioso che vuole invitare alla ragione, appunto, dopo una vita dedicata alla medicina, alla ricerca e alla lotta contro le malattie. Non si oppone pretestuosamente e non contesta il famoso detto scespiriano dell’ Amleto: esistono più cose tra cielo e terra di quante la nostra fantasia possa immaginare, ma almeno che si dimostrino, che si porti qualche (piccola) prova. Ma oggi, comportandosi altrimenti, si… muore.

 Perché è sciocco rifarsi e volere ritornare ai “bei tempi indietro”, quando la mortalità infantile era altissima, quasi del settanta/ottanta per cento, quando si moriva (o si sopravviveva, tempo una settimana) di broncopolmonite, quando la polio – anche da noi, in Italia, e non tantissimi anni fa – era un flagello temuto dalle famiglie, come il vaiolo, come il morbillo. Le conquiste fatte vanno difese e sostenute, pena una regressione nel buio.

In uno dei suoi precedenti volumi ancora più noto – La congiura dei somari – il professor Burioni ha avuto l’ardire di sostenere che la scienza non è “democratica” e che – tanto per fare un esempio – la velocità della luce non si decide per alzata di mano o mettendo una scheda in un’urna.

Una dichiarazione semplice e nello stesso tempo sconvolgente, specie sul web, che va a turbare chi spesso pensa – al giorno d’oggi – di avere conseguito una laurea in medicina e magari anche un dottorato di ricerca dopo la visione di un paio di puntate della serie del “Doctor House”.

Il sottotitolo del suo ultimo volumetto – Meglio vivere con la scienza che morire coi ciarlatani – sembra quasi una di quelle massime che, alcuni anni fa, venivano rilasciate in tv dal neo-filosofo Catalano, scovato da Renzo Arbore. Eppure, nonostante Burioni faccia tanti e numerosi esempi – tutti ampiamente documentati (sull’Aids, sulle varie cure anticancro mai dimostrate, sull’omeopatia, sui vaccini… ) – le resistenze sono ancora forti.

 Il professore si dà anche una spiegazione psicologica, citando il De bello gallico di Giulio Cesare, là dove si dice fere libenter homines id quod volunt credunt, cioè che di solito gli uomini credono volentieri in ciò che desiderano. E non in ciò che è vero. Succedeva quando i galli pensavano che i Romani fossero deboli e, perciò, si lanciavano in attacchi dissennati, venendo annientati dalle falangi.

Un po’ accade nella salute. È più facile credere a chi dice: non hai nulla, hai solo bisogno di un po’ di riposo e di qualche vitamina, a chi invece prospetta una cura lunga e difficile dinanzi a una grave malattia. Nel primo caso è quasi giocoforza mettersi nelle mani degli stregoni e dei ciarlatani. Nel secondo caso ci si affida alla scienza, che ha sempre dalla sua la pazienza, lo studio, la conoscenza. Oltre alla speranza e anche un vero amore per gli altri.

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