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Apologie Paradossali

FAR CRESCERE LA MATURITÀ

COSTANTE PORTATADINO - 14/12/2018

strasburgo(S) Ci sarebbero tanti temi della volta scorsa da riprendere, ma tutto mi sembra di minimo interesse al confronto con il fatto di Strasburgo: attentato vero, atto di guerra santa islamica, pazzia di un singolo delinquente, depistaggio dei servizi segreti? Voi parlate tanto di fatti incontestabili, di forza della realtà, ma mi pare che siamo ancora nel campo delle interpretazioni. E ancora, caro Costante, sei contento che la parola “Natale” sia stata ricordata in questo contesto? Strasburgo capitale di Natale, strage al mercatino di Natale e così via?

(O) Io invece sono stupefatto dall’intervento di Sgarbi che in modo convinto ed accalorato, quasi iroso, ha sostenuto che fatti simili dovrebbero essere considerati notizie di secondo piano, se non meno, ed essere relegate in poche righe nelle pagine interne di qualsiasi giornale, come un ordinario resoconto di cronaca nera.

(C) Cominciamo da quest’ultimo giudizio: a parte che a finire tra le voci irrilevanti è stata la sua, non sono i giornalisti a decidere le notizie da evidenziare, ma è la notizia stessa che si impone semplicemente per la sua capacità di attirare il lettore; un esempio chiarissimo: la Prealpina, che normalmente titola a piena pagina su argomenti di cronaca locale, quali incidenti stradali, cronaca nera locale, polemichette di cortile e così via, mercoledì scorso ha titolato su Strasburgo. Tuttavia Sgarbi richiama indirettamente un tema discusso da sempre, cioè se il terrorismo non cerchi proprio l’impatto mediatico come primo obiettivo e se quindi l’amplificazione emotiva non sia un ulteriore danno i cui effetti si propagano nello spazio e nel tempo ben al di là della singola e magari modesta azione.

Ma il rimedio non può essere il silenziatore, una specie di censura, perché non siamo in dittatura, ma in democrazia, quindi ognuno ha il diritto di sapere e il dovere di valutare. Invece il rimedio vero è far crescere la maturità delle persone, come singoli e come popolo, senza illudersi che questo basti a creare una società perfetta in cui sia facile integrarsi ed essere accolti, trovare la soddisfazione dei propri bisogni e la realizzazione dei sogni più arditi. Vissero tutti felici e contenti è la fine di una favola, non della Storia (S maiuscola).

(O) Il solo uso della forza, sia pure a fini di giustizia, non è risolutivo. Anche noi ci siamo accorti che il terrorismo rosso degli anni settanta è stato sradicato quando ad un’azione repressiva e investigativa più energica si è accompagnato un cambiamento culturale che non ha più concesso alibi o sfondi ideologici ai terroristi. Il caso attuale è certamente più difficile, perché il retroterra di cui gode il terrorismo di matrice jiadista è molto più vasto e dotato di mezzi materiali e persino ‘spirituali’ e ideologici più importanti di quelli forniti dagli intellettuali estremisti e alle organizzazioni eversive germogliate dal ’68 studentesco e operaistico. Le aree coinvolte allora furono quasi esclusivamente Italia e Germania, con la Francia a fare da rifugio in applicazione della ‘dottrina Mitterand’; ora invece il fronte va dalla Cecenia alla Libia e da lì allunga tentacoli in tutta Europa.

(S) Ti concedo che solo l’uso degli strumenti polizieschi non sia sufficiente, ma di fronte el fallimento totale di ambedue le politiche tentate dagli Stati che primi hanno sperimentato questi problemi, il multiculturalismo in Gran Bretagna e l’integrazione nella cittadinanza in Francia, restano solo la riduzione e il controllo degli ingressi e l’azione investigativa-repressiva.

(C) Credo che siamo tutti concordi sia sulla necessità sia sulla difficoltà dell’impresa. Conseguentemente sull’obbligo di dedicare risorse materiali e soprattutto di intelligenza all’affronto di questo problema specifico, con l’avvertenza di non sommarlo assolutamente a quello delle migrazioni dall’Africa. Chiarisco: è necessario non confondere i due problemi, che pure hanno molti parallelismi e hanno in comune il male radicale dell’ingresso non autorizzato in Europa. Quindi: non attizzare rancore contro ogni genere di migranti, ma neppure accettare passivamente la creazione di ‘zone franche’ dove sia di fatto costruita una società alternativa alla nostra. Questo senza ledere i diritti fondamentali della persona, la sua libertà di coscienza, di religione e di espressione.

(S) Non vedo esempi di Stati in cui sia applicata questa ambiziosa politica, tanto meno mi sembra promossa in Italia da alcun partito o realtà culturale e religiosa, divisi come siamo tra sfruttatori della paura e buonisti a qualunque costo. Dobbiamo pensare al bene dell’Italia più che a ramazzare voti nelle prossime elezioni e renderci conti che una seria politica di sicurezza, compresa quella di Intelligence internazionale, non è né di destra né di sinistra, né sovranista né europeista, ma è semplicemente indispensabile.

(C) Se badassimo ai fatti concreti, potremmo pensare che in Italia, grazie ad una migliore organizzazione delle forze dell’ordine le cose vadano un po’ meglio che in Francia o in Belgio, per esempio, ma non possiamo pensare di godere di una specie di immunità: non possiamo appellarci ancora al ‘lodo Moro’, se mai è esistito, perché il terrorismo palestinese degli anni sessanta aveva scopi ben delimitati ed organizzazione interna rigidamente controllata da una dirigenza politica accorta. Quello di oggi è contemporaneamente universalistico e spontaneistico, mira all’eliminazione totale del ‘nemico infedele’ e nello stesso tempo può affidarsi all’attività di piccoli gruppi o di persone isolate e cerca di avvantaggiarsi di ogni attacco anche sanguinario e puramente vendicativo. Concludo dicendo che nessuna politica, sia integrativa, sia repressiva, pur entrambe necessarie, può essere efficace se non siamo convinti noi per primi del valore della nostra civiltà, come cultura, tradizione, religione, struttura costituzionale e giuridica e se non chiediamo con fermezza che sia rispettata da chiunque voglia farne parte. In una parola: non rinunciare alla nostra identità per non rinunciare alla speranza, proposito che nel tempo di preparazione al Natale, potremmo scoprire che vale anche per molti altri problemi.

(O) Comincio col non rinunciare al presepe tradizionale con i bei Magi, uno bianco, uno nero, uno giallo; ci saranno i pastori, gente allora malfamata come i migranti di oggi, ci sarà Benino il dormiente, a ricordare il rischio della distrazione e della pigrizia, tanto diffuse oggi anche tra i credenti, ci sarà il castello di Erode, perché la presenza del male non può essere dimenticate né eliminata per magia, ci sarà la gente comune con le sue occupazioni, che però passo passo si avvicinerà alla stalla dove nasce il Salvatore, colui dal quale e per il quale tutto ha avuto Inizio.

(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante

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