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Molina Gallery

UNA MADONNA INGHIRLANDATA

PAOLA VIOTTO - 08/02/2019

 

Il viaggio tra le opere della quadreria del Molina parte con una delle perle della collezione, la tela che rappresenta la Madonna con il Bambino e due Santi, incorniciata da una ghirlanda di fiori, proveniente dalla donazione Perelli-Prandini.

Il quadro appartiene ad una tipologia molto diffusa nel Seicento, in cui la scena principale, collocata dentro un medaglione o una finestra illusionistica, è circondata da festoni di fiori e di frutta. Questa voga nata nei Paesi Bassi si diffuse anche in Italia tra i collezionisti, perché permetteva di unire due generi molto amati, la scena sacra e la natura morta, in un’opera dalle dimensioni contenute, destinata alla fruizione privata. La fortuna della tipologia derivava anche dal fatto che ogni elemento naturale veniva interpretato in chiave simbolica. Nel nostro quadro vediamo ad esempio comparire il giglio candido simbolo di purezza e una grande profusione di rose, fiori associati alla Madonna. D’altronde, come aveva detto il cardinal Federico Borromeo, grande estimatore della natura morta “Dio si rivela non solo nella storia sacra, ma anche nel grande e mirabile libro della natura e della creazione”.

Opere di questo genere nascevano dalla collaborazione di due diversi specialisti, uno per le figure, l’altro per i fiori. Nel nostro caso sono stati identificati da Anna Bernardini, nel catalogo della mostra del 1998 sulla quadreria del Molina come Federico Bianchi e Giuseppe Vicenzino,

Il Bianchi, originario di Masnago, fu attivo in tutta la Lombardia nella seconda metà del Seicento. A Varese affrescò la tredicesima cappella del Sacro Monte, e lavorò anche nella cappella di Santa Marta in San Vittore e nel palazzo Orrigoni a Biumo Inferiore, oltre che nella chiesa, ormai distrutta, di San Francesco. Ma era molto apprezzato e richiesto anche per i quadri su tela a soggetto sacro, di cui nella stessa collezione Molina esiste un altro esempio, il Commiato di Cristo dalla Vergine. La sua produzione è così abbondante da essere talora disuguale, ma negli esempi migliori si distingue per la dolcezza delle figure e per la luce morbida e soffusa e che le avvolge.

Nel nostro quadro il viso ovale della Vergine emerge dall’ombra dello sfondo, che avvolge in parte anche la Santa sulla destra. Giovane e aggraziata, con un filo di perle nei capelli, questa santa che si china a baciare affettuosamente la manina del Bambino potrebbe essere Caterina d’Alessandria, ma non reca nessun attributo iconografico che potrebbe permettere di identificarla con sicurezza. Mentre infatti nei grandi quadri destinati agli altari delle chiese tutti i personaggi dovevano essere ben riconoscibili, nelle tele per la devozione privata questo non era necessario, perché l’identità dei santi raffigurati era comunque ben nota al committente. Così ignoriamo anche chi sia il Santo sulla sinistra, anche se la croce con tre traverse permette di capire che si tratta di un papa. Il Bambino scherzosamente appoggia la mano sulla sua testa ormai quasi calva, contribuendo al tono intimo e famigliare della composizione, che in origine ornava una ricca dimora oppure i locali di un convento.

Meno certa è l’attribuzione della cornice floreale a Giuseppe Vincenzino, o Vicenzino, nome con cui si firmava Giuseppe Volò, figlio di Vincenzo Voulot, un pittore francese di nature morte stabilitosi in Lombardia, dove con grande spirito imprenditoriale aveva dato origine ad una fiorente bottega specializzata a conduzione famigliare Oltre a Giuseppe si dedicarono con successo alla pittura almeno tre sorelle, Margherita, Francesca e Giovanna. Margherita in particolare, nota come Margherita Caffi dal cognome del marito, divenne l’acclamata protagonista della pittura di natura morta in Lombardia. I fratelli lavoravano spesso in équipe o collaboravano con altri artisti, pur mantenendo una loro specificità, che nel caso di Giuseppe è la materia lucida e brillante con cui dava vita ai suoi fiori.

Tra le tante corolle di questo quadro si distinguono garofani sfrangiati, gigli martagoni dai petali rossi rivolti all’insù, tulipani variegati cosiddetti “pappagallo”, che tanto di moda andavano nel Seicento, e che troviamo ancor oggi nei bouquet dei fiorai. Ma sono rappresentate anche varietà di rose antiche che oggi non sono più generalmente coltivate, o che sono andate definitivamente perdute. Tutti rappresentati con uno straordinario virtuosismo che le rende nuovamente vive ai nostri occhi

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