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Attualità

TORRE TRICOLORE

ROSALBA FERRERO - 05/07/2019

anaLa Torre civica di Varese la sera del 7 luglio diverrà tricolore: è il primo gesto per celebrare i cento anni dell’ANA degli Alpini varesini.

Per comprendere che cosa significa l’acronimo ANA occorre partire da un assioma: un Alpino, è Alpino per sempre: durante il servizio militare e in congedo, in pace e in guerra, non smette mai di essere alpino, perché l’alpinità è una qualità che entra nel cuore, una ‘marcatura’ indelebile. E l’Associazione Nazionale Alpini che tutti li raggruppa e rappresenta, è l’Associazione più numerosa d’Italia, ed è anche la più longeva: quest’anno sono trascorsi cento anni dalla sua costituzione, ed è festa grande.

L’ANA nasce infatti l’8 luglio 1919, a Milano.

1919: sono trascorsi solo quattro anni dal 24 maggio 1915, giorno dell’entrata in guerra, giorno in cui si registra il primo morto di guerra, Riccardo Di Giusto, colpito da un tiratore scelto austriaco: è un alpino, e con altri 24.999 compagni soldati eroi italiani riposa oggi in un loculo del marmoreo Tempio Ossario, di Udine, monumentale chiesa-cimitero di guerra.

Sono trascorsi solo pochi mesi dall’ armistizio con l’Austria firmato dal Generale Diaz il 4 novembre 1918, a Villa Giusti e l’11 con l’Impero prussiano: la guerra è finita e Trento e Trieste sono libere dalla dominazione straniera. L’Italia è in festa, ma non c’è famiglia in cui non si pianga un caduto, non si sia perso un figlio un marito un padre, non ci siano vedove orfani madri senza più alcun sostentamento, cui nessuno provvede. L’Italia è vittoriosa, ma il paese è enormemente impoverito dalle spese di quella guerra che Giolitti da parsimonioso illuminato statista non voleva; le tensioni politico-civili del cosiddetto biennio rosso -minoranze violente cercano di approfittare della confusione post-bellica per stravolgere l’ordinamento liberale del Paese-, si sommano alle pratiche poco ortodosse dei cosi detti pesce-cani di guerra che maneggiano per ricavare profitti enormi dalla situazione, e poi ci sono i problemi di relazioni internazionali, che impediscono alle istituzioni di provvedere.

Ed ecco che l’Alpinità si fa strada in un manipolo di reduci che intuiscono la drammaticità del momento e la necessità di operare in fretta, direttamente, senza farsi coinvolgere in diatribe politiche, senza farsi strumentalizzare da sterili iniziative ideologiche, con immediatezza e semplicità come si fa in montagna quando si allunga la mano per aiutare chi sta scivolando in un dirupo.

Per intervenire subito per aiutare chi è nel bisogno, occorre uno strumento semplice veloce efficace: una associazione in cui trovarsi con ex compagni d’armi e insieme decidere e agire; il naturale senso di solidarietà spontaneo fra tutti i combattenti, è più intenso fra gli Alpini, un ‘Corpo’ specializzato arruolato con reparti a base regionale e valligiana, che vivevano la leva nei luoghi di arruolamento, con l’obiettivo di garantire l’integrità dei confini del nord Italia, secondo le indicazioni del generale Perrucchetti.

Aiutare le famiglie di chi è ‘andato avanti nel Paradiso di Cantore’, ‘aiutare i vivi per ricordare e onorare i morti’ questa la molla che spinge a dar vita all’ANA. In Piemonte, paese da sempre con vocazione ‘militare’, esistevano già sodalizi di mutuo soccorso fra militari in congedo; a Milano, superata la prima idea di costituire nella Sezione di Milano del C.A.I. un gruppo riservato ai reduci che avevano militato negli alpini, si va oltre il localismo regionale: è accolta la proposta del capitano Arturo Andreoletti di istituire una ‘grande famiglia alpina’ nazionale, composta dai reduci e dalle future leve negli alpini, per assicurare la continuità del sodalizio.

Il resto è storia nota: c’è la riunione presso la birreria Spaten Bräu dell’alpino Angelo Colombo e l’8 luglio 1919 nasce ufficialmente, con l’imprimatur notarile, l’Associazione Nazionale Alpini, viene steso lo Statuto Sociale e designato il Consiglio Direttivo.

Tra i doveri associativi c’è quello di ritrovarsi ogni anno in una ‘Adunata nazionale’ per onorare i compagni caduti. Numerosi erano già i raduni spontanei in località di montagna che erano state teatro di battaglie durante il Conflitto, per onorare, per ricordare i commilitoni ‘andati avanti’; dal 1919 i raduni sono ‘ufficiali’. Il primo è fissato per il 5, 6, 7 settembre 1920 sull’Ortigara: sono previsti 400 soci alpini, giungono oltre duemila reduci e l’Ortigara diviene nel comune sentire alpino, la ‘montagna sacra’ il ‘locus-cordi’ di tutti luoghi in cui si commemorano i caduti in Guerra ‘Siamo noi, i vivi, noi superstiti che andiamo a chiedere ai fratelli che morirono… la forza di credere ancora in tutto ciò per cui tutti soffrimmo ed essi morirono’ e la ‘Colonna Mozza’ eretta a perenne memoria, diviene il monumento simbolo di tutte le ‘penne nere’ spezzate, una colonna di pianto e un grido di pace.

ana2L’ANA nel 1919 definisce anche il senso di appartenenza degli Alpini alla Patria Italia; il 4 novembre, giorno del primo anniversario della Vittoria e del celeberrimo bollettino del generale Armando Diaz, il tricolore viene esposto con fierezza a una finestra della Galleria Vittorio Emanuele II a Milano: ricorda alla città ‘in preda a folle anarchiche antipatriottiche’ che gli Alpini hanno combattuto per la Patria Italia sino alla morte, che ‘ gli Alpini non hanno paura di nulla e vanno dritti per la loro strada’.

Contemporaneamente alla fondazione dell’ANA, il 24 agosto 1919 appare il giornale L’Alpino, ‘organo settimanale degli Alpini sorto per spirito di Corpo, non asservito a nessuno, con il programma di esaltare il nostro bel Soldato’. L’idea è venuta a tre reduci di guerra, ufficiali dell’8° reggimento alpini, Italo Balbo, Aldo Lomasti e Enrico Villa. Le 2500 copie con la testata Liberty e il sottotitolo “Di qui non si passa”, sono esaurite in poche ore.

La redazione, il cui capo era Balbo, era presso il Deposito dell’8° Alpini a Udine ma
dopo il numero del 14 dicembre 1919, la redazione si trasferisce da Udine a Milano, nella sede dell’ Associazione Nazionale di via Silvio Pellico; ancor il giornale è attivissimo ancor oggi e viene distribuito in ‘abbonamento’ in 350 mila copie.

Anche il logo è nato cento anni fa, ad opera dell’architetto gallaratese Giuseppe Serafini, SerGiu, il suo acronimo. Su ‘Ocio alla penna’ compare il disegno inconfondibile del logo; la scritta ‘ass. naz. Alpina in bianco, la penna nera con la nappina rossa, il fondo verde: i colori della bandiera italiana. SerGiu, che aveva combattuto durante la prima guerra mondiale, sull’Adamello, ritornato ‘a baita’ oltre a disegnare il logo, mise la sua attività al servizio dell’ANA: suo il progetto della trasformazione della casermetta austriaca di Trento nel Museo storico degli Alpini al Dos. Il logo appare sui distintivi che con orgoglio gli Alpini appuntano sul bavero della giacca o sugli adesivi che incollano sul parabrezza dell’auto o sulle magliette sulle felpe su giacche e zaini, su portachiavi e su quant’altro appartiene alla vita quotidiana.

Se il logo è il distintivo-simbolo, l’Alpino lo riconosci dal ’fare senza parlare’, in un mondo che è pieno di gente che parla e sparla, di talk show , di ‘opinionisti’ di gente che dice che cosa ‘occorre fare’ purché lo facciano altri…

Ora i soci ANA sono più di 250 mila e con gli’ aggregati ‘ si arriva ai 350 mila: ci sono 80 sezioni in Italia e 30 nelle varie nazioni del mondo, più 8 gruppi autonomi: in Canada in Colombia, in Slovacchia e a Vienna e le sezioni contengono quasi 4.500 Gruppi.

Le iniziative a soccorso di invalidi, orfani e vedove di guerra hanno ceduto il posto ad interventi altrettanto importanti: non c’è calamità che non li veda correre ad aiutare chi è in difficoltà, basta pensare al Vajont nel 1963 al Friuli nel 1976, dove con loro nacque la Protezione Civile nazionale, all’ Irpinia nel 1980 , alla Valtellina nell’87 e all’Armenia nel 1989, e poi in Valle d’Aosta nel 2000 e in Molise 2002, a L’Aquila nel 2009 in Emilia nel 2012 nel centro Italia nel 2016.
Fuori dall’Italia l’ANA ha costruito con quasi 100mila ore di lavoro volontario dei propri soci, un asilo a Rossosch, ove era la sede del comando del Corpo d’Armata alpino nel 1942, durante la Campagna di Russia; i volontari hanno edificato un istituto scolastico multietnico in Bosnia e un collegio femminile in Mozambico;

Dal 19 marzo 1994 l’Associazione si è dotata di un ospedale da campo avio-elio-trasportabile, che non ha eguali in Europa, capace di funzionare in poche ore con personale medico specializzato in terapie chirurgiche d’emergenza, è stato attivo per sei mesi nello Sri Lanka devastato dallo tsunami, con medici, infermieri, personale tecnico e volontari della Protezione civile ANA.

Così per ricordare il bene fatto e che continuano a fare, gli Alpini si riuniranno la sera di domenica 7 luglio in Piazza Monte Grappa: una breve cerimonia istituzionale, coronata da un’iniziativa spettacolare in linea con il DNA Alpino: dalla balconata della Torre civica di Piazza Monte Grappa, l’edificio di Mario Loreti più alto della città, con i suoi 78 metri, sventolerà un tricolore lungo oltre 30 metri e il coro Campo dei Fiori coronerà musicalmente l’inizio delle celebrazioni a Varese, che si uniscono a quelle di tutta Italia.

Forse il più bel regalo per l’ANA, l’associazione più longeva, numerosa e amata d’Italia è stata l’approvazione da parte della Camera dei Deputati della proposta di legge  622 che prevede di istituire la “Giornata nazionale della memoria e del sacrificio alpino”, da celebrarsi nel giorno 26 gennaio, anniversario della battaglia di Nikolajewka, per tramandare alle nuove generazioni “i valori che incarnano gli alpini nella difesa della sovranità e dell’interesse nazionale e nell’etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato”.

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