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Presente storico

EDUCATRICE MORALE E CIVILE

ENZO R. LAFORGIA - 04/10/2019

segreIl 30 settembre scorso, in apertura del Consiglio Comunale, ho proposto ai presenti di conferire alla Senatrice Liliana Segre la cittadinanza onoraria. Di seguito, il testo con cui ho formalizzato la mia proposta e che ho sottoposto alla firma dei Consiglieri e all’attenzione del Sindaco e della Giunta.

La Senatrice Liliana Segre, cittadina italiana, nata a Milano il 10 settembre 1930, è testimone vivente di una delle più grandi tragedie collettive prodotte dalla civiltà umana e segnatamente europea. Cittadina italiana, ma riconosciuta come uno di quei 48.032 cittadini italiani bollati come «di razza ebraica» dalle ignominiose leggi razziste del 1938, subì l’umiliazione della espulsione dalla scuola pubblica all’età di otto anni.

Nel momento in cui la discriminazione razzista si tradusse in persecuzione delle vite in Italia come in Europa, nel dicembre del 1943 tentò con il padre e due suoi cugini di cercare la salvezza in Svizzera. Dopo un viaggio «in condizioni disperate», dovette scoprire che per lei e i suoi cari la vicina Svizzera non era quella Terra d’asilo, che pure per molti era stata. Respinta alla frontiera di Arzo, fu consegnata alla Guardia di finanza italiana, affidata poi ai tedeschi e trasferita nel carcere dei Miogni, qui a Varese.

Come la stessa Liliana Segre ha ricordato:

«Nel carcere di Varese mi separarono da mio papà, che venne destinato al reparto maschile. Ero sola. Mi fotografarono e mi presero le impronte digitali come si fa con i delinquenti. Ero io quella?»

(Cfr. Enrico Mentana, Liliana Segre, La memoria rende liberi, Milano, Rizzoli, 2015, pp. 75-77.)

Quando, molti anni fa, la Senatrice Segre venne per la prima volta ad incontrare un’affollata rappresentanza degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado della nostra città (era, credo, il 1996 o il 1997), chiedemmo all’allora Direzione del carcere dei Miogni di poter consultare il registro in cui erano annotati gli ingressi e i motivi della detenzione. Accanto al suo nome, a spiegare le ragioni della sua reclusione, era appuntata una sigla: «O.P.». La giovanissima Liliana Segre, che all’epoca aveva appena tredici anni, era stata detenuta per motivi di «Ordine pubblico». Una ragazzina di 13 anni era pericolosa semplicemente perché era nata italiana ed ebrea.

Dopo cinque o sei giorni, Liliana Segre fu trasferita presso il carcere di Como e di lì, poi, presso quello milanese di San Vittore. Il 30 gennaio del 1944, Liliana Segre fu trasferita presso il Binario 21 della Stazione centrale della capitale lombarda e caricata su un carro bestiame. Destinazione: Auschwitz.

Nel momento in cui varcò i cancelli di Auschwitz, cessò, per i suoi aguzzini, di essere una persona e diventò semplicemente un «pezzo», uno «stück», indicato non più con un nome, ma con un numero scritto sulla pelle: il 75190.

Uscì da quel luogo, sulla cui soglia sembrò fermarsi la civiltà e la razionalità umane, il 1° maggio del 1945. Dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni deportati in quel campo di sterminio, Liliana Segre era una dei soli 25 sopravvissuti.

Della sua storia, e della storia di quanti come lei subirono quella esperienza e non sopravvissero, Liliana Segre si è fatta, a partire dagli anni Novanta, testimone instancabile. In più occasioni è stata nella nostra città, che pure le aveva aperto le porte del carcere quando aveva tredici anni, per incontrare i nostri studenti. E sempre, nella sua testimonianza, ha cercato di trasmettere due fondamentali insegnamenti civili e morali: non restare indifferenti di fronte all’imbarbarimento e alla violenza, che, in tutte le forme, sempre si riaffacciano nella storia; non coltivare alcun sentimento di odio, anche nei confronti di coloro i quali sono responsabili della nostra e dell’altrui sofferenza.

L’alto valore morale e civile del suo impegno è stato appunto riconosciuto, oltre che da innumerevoli altre istituzioni, anche dal Presidente della Repubblica italiana, che il 19 gennaio del 2018, ad ottant’anni dall’introduzione nel nostro Paese di leggi razziste, ha voluto conferirle la nomina di Senatrice a vita.

Pertanto, alla luce della sua storia personale; dell’impegno che Liliana Segre ha profuso nell’educazione morale e civile delle giovani generazioni, anche nel territorio varesino; in considerazione del valore etico della sua testimonianza, sempre finalizzata ad un agire responsabile e «senza odio»; nell’intenzione di voler risanare una lontana ferita con la città di Varese, dove, nel 1943 fu ingiustamente reclusa per la sola colpa di essere nata; riconoscendo il valore della memoria come leva fondamentale per «mantenere vivo il ricordo del passato» e per ribadire la nostra avversione «contro ogni potere totalitario, a prescindere da qualunque ideologia» (come è stato recentemente richiamato dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa); alla luce di tutto ciò, con il presente atto, il sottoscritto, Enzo R. Laforgia, membro del Consiglio comunale della città di Varese, propone di attribuire la cittadinanza onoraria del Comune di Varese alla senatrice Liliana Segre.

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