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Spettacoli

LA TV CHE VINCE

MANIGLIO BOTTI - 14/02/2020

sanremoPartiamo da qui, visto che si tratta pur sempre del Festival della canzone italiana, e dei cantanti: la canzonetta che sale per prima sul podio di Sanremo è quella di Diodato – Fai rumore –, a seguire il Gabbani di Viceversa e i Pinguini Tattici nucleari di Ringo Starr, canzone – dicono – da villaggio di vacanza.

A notte inoltrata, manco si trattasse dei caucus nella Iowa, quando ormai Sky e giornali cartacei già abbozzano il Diodato vincente arriva il responso: un po’ atteso, un po’ no, come sempre. Una quarta canzone candidata e “promessa” – il Dov’è delle Vibrazioni – è quarta. Piero Pelù (Gigante) quinto…

La settantesima festa della Tv nazional-popolare (o Festival) va in archivio, dunque.

Dice: ma chi ha vinto davvero il Festival di Sanremo? L’audience con milioni di spettatori un’altra volta fa il pieno, come ogni anno, ai livelli di una partita della nazionale di calcio o di una “maratona” sui risultati elettorali delle politiche. Sanremo tira sempre e in ogni caso. Tanto da far pensare che se il Festival lo conducesse il pizzaiolo del vicolo – ben supportato da bravi autori, s’intende – il risultato sarebbe lo stesso. Nonostante le polemiche astiose degli pseudosnobisti dei Social – “Io non guardo Sanremo”, che invece gli tirano la volata.

Amadeus ha vinto, senza dubbio. Un personaggio che – non s’è ancora capito bene se per furbizia, preparazione, esperienza o dote naturale – s’è ritagliato il più ovvio e a sé confacente dei ruoli, quello dell’“ecco a voi…”, lasciando ad altri il giogo del lavoro e il rischio. Per esempio all’ “amico di una vita”, lo showman Rosario Fiorello che per anni (specie negli ultimi recenti) ha recitato la parte della Maserati nel garage, pronta a essere tirata fuori nel momento di un viaggio e di un’esibizione importante. Ma ora s’è avuto quasi il sentore che se il personaggio non si mette alla guida accompagnato, da solo forse va a sbattere da qualche parte. Amadeus con la mano salda sulle briglie, insomma: anche nei casi complessi e imprevisti come quello di Morgan e Bugo, ufo festivalieri, litigiosi e poi scomunicati.

Vincono a Sanremo – come sempre – gli ospiti, messi adeguatamente nel minestrone dei “luoghicomunismi”, sia detto senza offesa, stavolta dei femminicidi, del no al bullismo e di certe malattie incurabili, temi portati lì a chiudere o aprire la serata tra una “valletta” bionda e una mora come nel più tradizionale degli eventi di spettacolo.

Sarà anche – come ha detto nel suo primo e toccante monologo Rula Jebreal – che le donne vanno viste e rispettate per quel che sono, e non per come sono vestite. Ma intanto, volente o nolente, lo diceva da una parte vestita come la fata Morgana, e dall’altra la ammirava l’altra fanciulla bionda vestita con strascico e organza in larga misura.

Vincono tutti gli altri ospiti, dal cantante di grido, presenza fissa – Tiziano Ferro – all’attore celebrato, uno stanco Bob Benigni, che una volta legge la Bibbia e l’altra la Divina Commedia con la stessa enfasi ma con scarsa capacità recitativa. Nemmeno fosse un Mosè (molto ben pagato) sceso dalla Montagna a presentare al popolo le Tavole della Legge. E poi via via gli altri: spesso brontosauri che rispuntano sulla Terra, nonostante l’asteroide che lì colpì milioni di anni fa, alcuni a rievocare sfiatati sul palco, altri addirittura in gara.

Vincono anche i provocatori, cantanti e no. Come l’Achille Lauro presunto (e oggi opinabile) San Francesco. Sorprendente. E ottavo in classifica. Ma il fatto è che ancora ci si preoccupa e ci scandalizza per il provocatore, poveretto, che fa (bene) il suo mestiere, e non per la materia del contendere.

Vince, com’è ornai da una trentina d’anni, la Tv. Meno male solo per cinque giorni. Perché poi tutto, in Tv e fuori di essa, ricomincia come prima. E forse anche peggio di prima.

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