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Stili di Vita

L’IRRICONOSCIBILE ETÀ

VALERIO CRUGNOLA - 30/04/2020

etaScriveva Elias Canetti che ciascun individuo ha più età: quella anagrafica è la principale ma non l’unica e, a certe condizioni, nemmeno quella dominante. Alcune età “misurano” l’efficienza delle singole funzioni corporee e dell’organismo. La percezione degli altri mediante i nostri comportamenti o reazioni, ci attribuisce più di un’età psichica. Altre età “pesano” il ruolo sociale, produttivo e relazionale nella percezione tanto di sé quanto degli altri.

Le età sono dunque un’attribuzione variabile in base al parametro che le individua. Vi sono età stabilite su anniversari che scandiscono alcuni passaggi esistenziali: il primo giorno di scuola, gli esami di maturità, il primo rapporto sessuale, la laurea, il primo lavoro, il matrimonio (con l’eventuale correlativo divorzio), la morte dei parenti stretti, la nascita di un figlio, l’inizio e/o la fine di un amore, la prematura scomparsa di un amico, il giorno di pensionamento, il primo giorno da nonno, la data della scoperta o del sopraggiungere di una malattia o di un incidente. Tutti questi momenti memorabili hanno impresso una svolta nella nostra vita e la dividono in un prima e in un dopo.

Molte di queste ricorrenze non esigono particolari celebrazioni. Tra queste, alcune sarebbero sconvenienti per raggiunti limiti di età: il 10 ottobre 1953 fu il mio primo giorno di scuola nel 1953, e attorno a metà luglio del 1966 sostenni gli esami di maturità; ma una cena tra compagni di scuola nel 2023 e nel 2026 si trasformerebbe in una conta dei morti, dei dispersi e dei dimenticati, in un incontro tra estranei con corpi e volti che pochi saprebbero riconoscere con certezza. Altre date meritano un ricordo intimo, benché doloroso. Pochissime presumono una condivisione al di fuori di una cerchia ristretta. Altre possono incuriosire gli appassionati di enigmistica: mi diverto a compiere non gli anni ma i giorni (ho superato la soglia dei 25.000, il 29-11-2029 festeggerò i 30.000, che poi son 720.000 ore!). Per chi ha buona memoria ci sarebbero le ultime volte, gli addii melanconici a luoghi amati dove siamo stati a lungo più volte (per dire, Roma, Perugia, Claviere, Firenze, Londra, Parigi, che messe insieme farebbero almeno otto anni della mia vita), o dove abbiamo villeggiato bene.

Possiamo celebrare come un ritorno alla vita i giorni legati a pericoli scampati. Per quanto mi riguarda, calcolo il tempo trascorso da eventi traumatici da cui mi sono salvato in extremis. La malattia, in particolare, è per tutti uno spartiacque esistenziale. Giusto oggi, Primo Maggio, ho compiuto 30 anni; il 2 luglio ne compirò 19; l’11 luglio 9; il 14 dicembre 5. Sono un vecchio babbione; ma i nuovi inizi sembrano quelli di un giovane adulto, di uno studente e di un pischellino.

Non sono semplici divertissement. La preservazione e il riordino della memoria individuale e la scansione della vita in fasi ci aiutano a riflettere e a rimettere sempre in questione il mosaico che compone le varie autobiografie di cui già disponiamo o di cui potremmo ulteriormente disporre. Il presente perderebbe la sua capacità di generica evocazione del passato, per disporsi in una più attenta stratificazione, un sovrapporsi non sfocato di diversi punti di vista. Queste ragioni di microstoria privata somigliano a quelle ricorrenze pubbliche che, nella macrostoria, celebriamo per il loro persistente valore e significato nella memoria collettiva. L’Italia ha tre date storiche: il 17 marzo per la nazione (che chissà perché non è una festività), il 25 aprile per la libertà; il 2 giugno per la democrazia. Giustamente adottiamo il Primo Maggio per i diritti del lavoro, benché negli ultimi tre decenni imprenditori barbarizzati se ne facciano un baffo. Due giorni di origine cristiana possono essere condivise da tutti: il venerdì di Pasqua per le sofferenze inflitte da uomini contro altri uomini; e il 2 novembre per le rimembranze dei defunti e per meditare sulla nostra caducità. Alcune ricorrenze dovrebbero essere universali: il 14 luglio per i diritti dell’uomo, il 6 agosto contro tutte le guerre, in memoria delle vittime del crimine ineguagliato, e speriamo ineguagliabile, di Hiroshima. Purtroppo queste ricorrenze sono ormai completamente secolarizzate. Le domeniche, festività religiose e laiche consacrate a Dio e/o al riposo, hanno perso ambedue i significati.

Al contrario San Valentino, il Martedì o il Sabato Grasso e Halloween sono feste pagane, poco più che eventi commerciali, ai più estranee per la coazione a volersi bene e a divertirsi, se non aborrite per la loro estraneità alla tradizione europea. A quando la Festa della Pizza, dell’Involtino Primavera, del Sushi e del Ketchup, il trash del food globale?

La sola festa davvero sentita è l’8 marzo. È la festa delle donne e per le donne, ma lo è anche di traverso per quei maschi, né molti né pochi, che sono grati alle donne per i doni ricevuti dalla loro emancipazione e liberazione. È una festa sessuata, ma per tutti. E a ciascuno pone una domanda: come interpreto i miei comportamenti di genere?

Delle ricorrenze, pubbliche o private, ci curiamo poco. Facciamo male. Il valore delle feste civili (inclusa la profanata sacralità della domenica) riguarda ognuno di noi. Tutti, per la nostra riflessione interiore, dovremmo scavare nelle date che hanno segnato la nostra vita. Forse qualcuno – verosimilmente pochi, troppo pochi – ne avrebbero di che guadagnarne anche in termini di piccoli istanti di tenerezza, di benevolenza, di condivisione e di felicità.

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