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Stili di Vita

PERCHÉ TI AMO?

VALERIO CRUGNOLA - 04/11/2021

amoreSvelo subito la chiave del gioco. Queste righe appartengono al genere dello scherzo: un ingannevole riferimento storiografico alle teorie svela la scarsa utilità del pensiero, anche del più profondo, nel raggiungere la vita affettiva. È quasi impossibile trovare un ponte tra le categorie logico-teoriche e il sé, il noi, qui nel nostro esserci in sequenze irripetibili di spazi, di tempi, di parole e di emozioni. E se anche ci fosse sarebbe poco utile.

Il tema del riconoscimento tra simile e dissimile e del loro rapporto tra attrazione e repulsione, si affaccia sin dall’epoca convenzionalmente definita presocratica. Le sue varianti più interessanti per noi sono quella di Empedocle, che oppone identità e conflitto, congiungimento e separazione, e quella di Anassagora, che sottolinea la mescolanza. Nel primo il riconoscimento è parte di un ciclo che al polo opposto presume il disconoscimento: ambedue i poli sono assoluti, mentre la mescolanza come fusione e la prevalenza come potere ne sono gli elementi intermedi. In Empedocle questa ciclicità investe i quattro elementi costitutivi del cosmo – terra, acqua, aria e fuoco, tutti con forti evocazioni metaforiche – e, attraverso il loro congiungersi e disgiungersi, aggregarsi e disgregarsi, aiuta a descrivere il dualismo, l’alternarsi e talora il confondersi delle passioni di amore e odio.

In Anassagora domina invece la mescolanza: tutto è in tutto, tutto convive e coesiste in gradazioni diverse. Le formule logiche di identità e alterità semplificano senza spiegare, sono estranee alla vita. La stessa sfera affettiva, intesa come incontro, scontro o semplicemente indifferenza, si situa nell’unità inseparabile del molteplice. Il simile attrae (e respinge) tanto il simile quanto il dissimile. Anche il tramutarsi del simile nel dissimile e viceversa sono parti di questa mescolanza, che ha – diversamente da Empedocle – un perenne ruolo generativo che è parte dell’inesorabile co-implicarsi della vita e della morte. Mentre Empedocle considera la disparità, anche quando suscita fusione, una parte insuperabile del ciclo esistenziale, Anassagora la assorbe in quella mescolanza dove eguaglianza e differenza coesistono, co-insistono e confondono.

Sulla carta queste antiche categorie filosofiche ci sollecitano ancora a pensare le relazioni umane, più precisamente quelle interpersonali, tra individui. Ma bastano poche domande per far vacillare questa convinzione. L’amore del simile per il simile comporta l’amore dell’altro non meno dell’amore di sé: se così fosse, quale dei due specchi prevarrebbe? È l’altro a includere il sé e portarlo a riconoscersi o è il sé a includere l’altro e a consentirne il riconoscimento? L’intesa amorosa (una locuzione troppo grossa per essere portata nella realtà) tende a divenire un costruirsi di indefinibili legami, si stabilizza o si dissolve sotto la minaccia del distanziamento, del persistere del sé, o trae forza da questo persistere?

Lascio a chi legge l’onere di tentare di dare risposte chiare a queste domande, alcune fra tante. Di fatto ammettono più risposte, le co-implicano e perciò, nella loro semplicità di formulazione, le complicano. In ultima analisi, nessuna risposta teorica (religiosa, morale, filosofica e psicologica) scioglie gli interrogativi della vita affettiva. E il pluralismo delle vite affettive è incomponibile in un sistema astratto, e persino in un criterio unico di classificazione. Meglio vivere queste vite senza troppe domande, senza grevità, senza schemi predeterminati. L’apertura all’esperienza che viene e sopravviene, include i rischi del fallimento o dell’esaurimento di senso, ed è la sola scelta possibile.

Sempre di fatto, ciascuno ha in sé, o nel territorio mediano tra un sé e l’altro, una risposta sufficiente, benché non necessaria, alla domanda sul perché ci si incontra o ci si perde, si resta o si va, ci si arrende – da soli o in due – o ci si interroga insieme, su dove ci si somiglia fino al limite dell’empatia e dove ci si differenzia fino al confine dello smarrimento, su dove la mescolanza riesce e tiene e dove invece cede fino a dissolversi. L’autenticità degli incontri esistenziali è cartesianamente autoevidente, e non necessita di certificazioni.

Il pensiero filosofico pone interrogativi anche se sa che non ci sono risposte. Il quesito, non la sua soluzione provvisoria, è la vena sorgiva della vita.

 

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