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Lettera alla città

PARITÀ E DISPARITÀ

MARIA CHIARA MONETA - 11/12/2020

Una delle 16 scuole dell’infanzia paritarie di Varese

Una delle 16 scuole dell’infanzia paritarie di Varese

Se qualcuno di voi apre il sito del Comune di Varese può leggere che, tra i servizi offerti, viene specificato che: “I piccoli cittadini di Varese, oltre alle strutture comunali e statali, hanno la possibilità di frequentare le altre scuole dell’infanzia presenti in città: in particolare le sedici paritarie convenzionate con il Comune, capillarmente diffuse sul territorio in modo da coprire le esigenze delle famiglie”.

Ecco, io mi permetto di parlare proprio a nome delle scuole paritarie convenzionate con il Comune perché le sedici scuole paritarie sono tutte associate a AVASM-FISM, l’Associazione Varesina delle scuole materne di cui sono Presidente. A seguito delle recenti polemiche sui contributi economici concessi dal Comune e della diffusione via stampa di alcune informazioni riguardanti la Convenzione tra Comune e le scuole paritarie, sono stata sollecitata ad intervenire per offrire il mio punto di vista, corredato da ulteriori informazioni, tuttavia senza voler prendere posizione nella disputa politica.

Premetto che mi sembra davvero significativo e interessante far sapere che a Varese, i genitori possono scegliere liberamente la scuola dell’infanzia statale, comunale o paritaria. Bello anche che sia sottolineato che le 16 scuole dell’infanzia paritarie sono capillarmente diffuse sul territorio e coprono le esigenze delle famiglie.

Questi, infatti, sono probabilmente gli scopi principali per cui le nostre 16 scuole paritarie sono nate, tanto tempo fa, molto prima che Stato e Comuni pensassero alle esigenze delle famiglie. La Chiesa cattolica si è fatta carico di pensare alla nascita degli asili fin dal secolo scorso: per creare “comunità” e “aiutare” le famiglie. Nel tempo, i nostri “asili” (il richiamo etimologico “auxilium” rimanda al concetto di aiuto cioè qualcosa che nasce per aiutare) si sono ancorati alla loro comunità territoriale e si sono dimostrati in grado di essere davvero a servizio dei bambini e delle loro famiglie. Ora gli asili sono diventati “scuole dell’infanzia”, grazie ai loro requisiti e meriti sono “paritarie e convenzionate” ma sono sempre loro: a distanza di 100/120 anni sono sempre espressione del volere dei cittadini a servizio della comunità.

Con il passare degli anni, in Varese, sono sorte anche altre strutture rispetto alle nostre, le 6 scuole dell’infanzia statali e le 4 scuole comunali. Mutati i tempi e le condizioni sociali (soprattutto considerando il drammatico problema della denatalità), potremmo fare una riflessione collettiva e chiederci se 26 scuole dell’infanzia sono un numero adeguato o eccessivo per il nostro territorio. Su questo dato sono prontissima ad aprire una riflessione e a mantenere un confronto aperto con il Dirigente Scolastico Provinciale (con il quale è già attivo un tavolo tecnico per il Dimensionamento delle scuole) e i Referenti preposti del Comune di Varese; ho già avuto modo di collaborare in più occasioni e sono certa che sarebbe interessante creare occasioni di confronto per trovare soluzioni strategiche a favore dell’infanzia varesina e di tutti i contribuenti.

Parlo di contribuenti, e non di famiglie, perché è ora di finirla di pensare che le scuole dell’infanzia interessino solo chi ha i bambini in età. Se sulla stampa cittadina si uniscono i discorsi pedagogici a quelli gestionali ed economici allora, nonostante io sia pedagogista per professione, colloco il discorso sul bene pubblico e lo confino nei termini economici.

Se si parla di “contributi economici” e di “costi”, allora è proprio importante che tutti sappiano che le nostre sedici scuole partitarie sono una fonte di risparmio notevole per Stato e Comune. Forse non è semplicissimo parlare di analisi di costi, di gestione di imprese senza scopo di lucro e di sistemi di bilancio virtuosi gestiti da comuni e privati paragonandoli ai sistemi di gestione statale, soprattutto ad un pubblico non addetto ai lavori e in poche righe di un articolo, ma ci provo lo stesso. Cercherò di riassumere alcuni concetti chiave che chiunque poi potrà approfondire risalendo alle opportune fonti.

Ripartiamo dal principio: esiste un bisogno che è quello di fornire un servizio educativo e scolastico ai piccoli cittadini del Comune di Varese e alle loro famiglie. Esiste una Legge che in Italia consente che il servizio di “pubblica istruzione” possa essere gestito direttamente dallo Stato, dai Comuni o anche da privati cittadini a determinate condizioni (legge parità). A Varese, lo Stato provvede per una piccola parte in modo diretto (6 scuole), con un’estensione lo fa anche attraverso l’offerta del servizio del Comune di Varese (4 scuole) e per il rimanente lo fa attraverso Gestori privati che, oltretutto senza fine di lucro, coprono il rimanente fabbisogno (16 scuole).

Se sono stata sufficientemente chiara, chiunque può cogliere il valore del sistema varesino: un’offerta ricca sul territorio, con 26 scuole che rispettano gli stessi identici principi di istruzione scolastica per offrire un servizio educativo pluralista e funzionale.

Poi, credeteci o no, ci sono anche altre scuole dell’infanzia a Varese che potrebbero essere considerate ma non lo faccio perché sono scuole “private” (quindi anche a scopo di profitto) e che in certi casi non dispongono nemmeno dell’aggettivo “paritarie” che il Ministero della Pubblica Istruzione concede solo a chi ha determinati requisiti.

In questo intervento mi occupo solo delle sedici scuole associate a FISM e, caso mai, delle scuole comunali e statali. È risaputo che lo Stato finanzia in toto le “sue” scuole statali e copre completamente i costi anche del personale; ricordo solo che tutti noi contribuenti siamo tassati alla fonte per fare in modo che questo accada, sia che decidiamo che i nostri figli le frequentino o meno.

Che dire in merito alla gestione economica del Comune di Varese rispetto alle “sue” 4 scuole dell’infanzia? Non spetta a me fare i conti in tasca al Comune e non è nemmeno facile, tra l’altro, né per me né per chiunque, ottenere dati precisi perché è difficile estrapolare i dati dei costi delle scuole materne dal bilancio del Comune. Ricordo solo che, comunque, se siamo cittadini residenti anche in questo caso vale la regola che parte della nostra tassazione finanzia anche le scuole comunali, sia che i nostri figli le frequentino sia che non lo facciano.

Verissimo che, in quota parte, Stato, Regione e Comune finanziano anche le scuole paritarie gestite da Enti, Associazioni, Federazioni o Parrocchie, che siano paritarie e degne di essere convenzionate, ma, se lo fanno, c’è un perché. I motivi, per essere precisi, sono anche più di uno e ben più nobili di un mero calcolo economico (mi riferisco al pluralismo educativo e alla garanzia del diritto della libera scelta da parte delle famiglie) ma qui faccio solo un affondo sui conti economici.

Allo Stato o al Comune costa molto di più gestire in proprio una scuola che offrire dei contributi per il sostentamento di scuole gestite da terzi. Per questo FISM, insieme ad altre associazioni e a moltissimi cittadini italiani sta facendo un’ampia battaglia culturale per sostenere la scuola paritaria in Italia, chiaramente riconosciuta nella sua natura pubblica dalla Legge 62 del 2000, purtroppo mai adeguatamente finanziata. La corretta applicazione di questa legge da parte dello Stato eviterebbe l’impiego di risorse proprie dei Comuni. (Per approfondimenti ascoltate in podcast l’intervista di Enrico Castelli a suor Anna Monia Alfieri e altri su RMF nella rubrica Mattinata insieme di mercoledì 9.12 e vedete l’iniziativa della FISM nazionale: #undirittopertutti).

 Ritornando alla città di Varese vi chiedo di considerare solo un dato: fino alle trattative per il rinnovo della convenzione, che FISM ha aiutato a siglare per le 16 scuole convenzionate nel 2017, era noto che il Comune spendeva per le sue 4 scuole all’incirca quanto spendeva per tutte le nostre 16 scuole paritarie. Questo dato strideva e ha fatto riflettere al punto che risulta agli atti che ci sia stato un buon lavoro di revisione dei costi anche per la gestione delle scuole comunali. Bene ha fatto il Comune a rivedere i costi di gestione diretta anche se, forse con questa stessa logica, ha anche tagliato i contributi alle scuole paritarie convenzionate. Se ne è discusso molto e in sede di rinnovo di convenzione si è trovato un accordo: tutte le nostre scuole si sono impegnate a rivedere in modo ancora più efficiente la loro gestione, si è resa obbligatoria la presentazione al Comune del bilancio di ogni singola scuola affinché l’ente pubblico potesse verificare che i soldi ricevuti fossero utilizzati in maniera virtuosa e tutte le scuole sono state pronte a collaborare per sostenere e confermare la “rete cittadina” delle scuole varesine. Il problema non sta nei servizi erogati o nei principi sociali, identitari o pedagogici: c’è e c’è sempre stata un’interazione e una collaborazione reciproca e di soddisfazione tra il Comune di Varese e la FISM.

Se adesso il problema sta nei conti che non tornano più, anche a causa della pandemia del Covid19, si dovrebbe arrivare a una nuova negoziazione. Non certo andando “al ribasso”: diminuire i contributi alle scuole convenzionate non può che, a breve, medio o lungo termine, portare un disservizio alla comunità. Le nostre scuole in sofferenza economica ne potranno risentire, ma vorrei che fosse chiaro che il danno non ricadrà solo sulla singola scuola ma, in generale, sui cittadini.

Risparmiare sui servizi per i piccoli cittadini di Varese è davvero una scelta vincente? Al di là di quanto esce come contributo dal bilancio comunale, il divario di spesa tra le scuole gestite dal Comune e le scuole convenzionate con il Comune gioca ancora a nostro favore. Se diamo per assodato che il “costo medio” per alunno, determinato da studi a livello nazionale, sia di circa 5.600 euro nelle scuole dell’infanzia statali e che questo “costo” scende nelle scuole paritarie fino a collocarsi intorno ai 4.000 euro circa all’anno, dovrebbe essere evidente a chiunque che la gestione di privati nel servizio pubblico può portare un grande vantaggio economico allo Stato. Un discorso analogo si può ipotizzare per il Comune di Varese che, se pur è vero che eroga alle paritarie 1.800 euro annui a bambino residente, ne dovrebbe spendere ben di più se dovesse offrire in proprio il servizio di scuola dell’infanzia ad ogni suo piccolo cittadino.

Le sedici scuole paritarie, nell’anno scolastico in corso, accolgono 1.120 bambini/e, 972 dei quali residenti a Varese; se si dovesse fare il conto di circa 4000 euro per la totalità dei bambini residenti, risulta evidente il risparmio attivo che il Comune ottiene nell’offrire un sistema di servizio scolastico integrato anche attraverso la nostra presenza.

Lascio fare a voi i calcoli precisi, a me interessava evidenziare come i risultati mostrino che il servizio pubblico, offerto dalle scuole convenzionate, è sicuramente un vantaggio economico. Alla luce di quanto esposto, l’ipotesi di ridurre i contributi comunali potrebbe creare degli effetti distorsivi al “bene comune”, andando a minare l’efficacia di una rete virtuosa di scuole già consolidata nella comunità cittadina.

Maria Chiara Moneta, Presidente AVASM-FISM Varese

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