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Stili di Vita

GAP COGNITIVO

VALERIO CRUGNOLA - 18/12/2020

dadL’anno del Covid ha messo a nudo i limiti delle tecnologie informatiche e comunicative che hanno consentito la didattica a distanza. Le loro funzioni sono complementari all’irrinunciabile istruzione in presenza, mai sostitutive o peggio miracolistiche, e restano strumenti eterogenei rispetto ai compiti educativi e formativi del sistema scolastico.

Di più: sono crollati molti miti del pedagogismo dominante, che a partire dagli anni ’80 ha dequalificato e destrutturato quel sistema senza erigere nulla di costruttivo. Il nuovismo che giustificava quei miti era un figlio deforme del tempo. Impotenti nell’imprimere veri cambiamenti, gli italiani si sono accontentati di surrogati e placebo, non solo nei sistemi formativi. Pochi giorni di pandemia hanno dissolto le aspettative che quel chiacchiericcio ha ostinatamente coltivato.

Certi costrutti millenari vanno presidiati, non smantellati. Il patrimonio di esperienze su cui poggia la formazione è già stato validato, nel gergo del Pedagogista; ha sedimentato una tradizione che si rinnova solo se ne preserva i presupposti. Secondo John Dewey, un pensatore non sospettabile di conservatorismo, la tradizione riassume un cammino non programmato, fondato su prove ed errori, che ha insegnato alla specie umana ad apprendere, confutare, scoprire, disciplinare e fare. Questo lascito in ultimo confluisce nel solco della democrazia, la più grande delle conquiste umane. Al contrario, la frenesia nuovista del pedagogismo ha dato il peggio di sé nella tecnicizzazione e burocratizzazione verbalistica della didattica. L’ars compilatoria eccita il Pedagogista: un’indigestione di scartoffie ha ulteriormente fatto smarrire le finalità cognitive e conoscitive dell’istruzione.

Ma restiamo al tema. Le nuove tecnologie offrono sulla carta innegabili vantaggi pratici. Rendono accessibili o a portata di mano informazioni e documenti, benché spesso irreperibili, ignorati come sono dal monopolio di un motore di ricerca commerciale. Ma la cortina fumogena della comodità cela due insidie gravissime. La didattica a distanza è classista e ha enormi limiti. Le differenze sociali, i dislivelli culturali e l’accesso diseguale alla strumentazione divengono incolmabili in un ordinamento distopico e iniquitario come il nostro. L’estrema dequalificazione della scuola garantisce a tutti il diritto al titolo di studio (prossimamente, come minimo, un master); in realtà favorisce chi viene da famiglie che hanno risorse culturali per colmare il vuoto in cui galleggiano i figli.

I gap cognitivi tra i contesti familiari e territoriali si accentuano. La diseguaglianza, rimossa per l’ISTAT, viene posticipata e spostata altrove. I limiti formativi, cognitivi, logici, nelle esperienze, nelle conoscenze e nel saper fare depauperano ulteriormente i processi di apprendimento.

I guasti si diffondono a pioggia. Ne enumero i principali: l’ulteriore desuetudine con la lettura e la scrittura, anche nelle secondarie superiori; la labilità dell’impegno domestico e le difficoltà dello studente nel governarsi e disciplinarsi; la maggiore dipendenza da spazi abitativi non neutri come le aule; il mancato apprendimento suscitato dalle verifiche in presenza; la conformizzazione impersonale del rapporto didattico; la perdita di socialità, relazioni ed espressività; l’evanescenza della corporeità; la drastica riduzione delle opportunità di socializzazione interpersonale; un certo grado di repressione emotiva e di alterazione dei sentimenti, dell’amicalità, delle complicità e della condivisione; la brutale riduzione delle esperienze di mondi che i processi formativi portano con sé. L’accentuarsi delle differenze nel carattere e nella personalità si traducono in dislivelli di partecipazione e di apprendimento.

Anche la grama condizione degli insegnanti è peggiorata. Sempre più umiliati, sempre più offesi, sempre più poveri e sfruttati. L’orario di lavoro, già oneroso, si è allargato a dismisura, costringendo gli insegnanti a surrogare compiti non loro e a privarsi dei dovuti ritorni per i loro compiti specifici. L’invadenza dei genitori, che quasi sempre si credono i sindacalisti dei propri figli anziché i loro primi critici, è divenuta insopportabile. La controllabilità è un panottico che rischia di punire i rarissimi che lavorano con severità, rigore, distacco e senza accondiscendenze. La democrazia collegiale è scomparsa. La competitività tra istituti è una gara che gonfia oltre il grottesco i cosiddetti “piani dell’offerta formativa”, quasi sempre un fritto misto di inutilità.

In una parola la didattica a distanza non forma, non educa e non insegna. Deve rientrare nei limiti del suo ruolo di protesi delle attività in aula, più individualizzate e mirate, non di sostituirle. La didattica a distanza facilita il recupero, l’approfondimento, gli interessi personali, la ricerca autonoma e non preindirizzata dai motori di ricerca, il reciproco e contemporaneo incremento dell’offerta e della richiesta. La didattica a distanza dovrebbe mettere meglio a fuoco il singolo. Per come si è configurata, invece, lo ha perso del tutto di vista.

La scuola non supplisce la vita, ma la accompagna e prepara per le sue pertinenze. Per provare a migliorare il futuro deve offrire molto e pretendere molto. La scuola non porta in vacanza, non supplisce la mamma, non fa da badante, non insegna buone maniere e life skills (!!!), non insegna windows 2020, non è un cinema, non spiana monti e colline. La sua autonomia offre quel che la famiglia, la vacanza, il pc e il televisore non offrono. Cerca i talenti, sviluppa le risorse mettendole a dura prova, soddisfa le curiosità che suscita, fa amare il libro, la lettura, la riflessione, il pensiero; aiuta a cogliere i limiti propri e del mondo circostante in modo franco e veritiero; non punisce né assolve. Quello dello studente è un lavoro arduo, faticoso e meritocratico proprio perché inclusivo e non classista.

Questa scuola non c’è più. È stata incessantemente picconata da minatori del calibro di Berlinguer, Moratti, Gelmini, Bussetti, Azzolina. Il mediocre governo in carica non promette nulla di buono. L’estrema destra che verrà corre per fare ancor peggio. La barca scivola verso l’entropia che inghiotte ogni futuro. Sprofondi in pace.

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