Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

L'antennato

AUGURI PRESIDENZIALI

STER - 24/12/2020

messaggioIn Italia la notte di San Silvestro vuol dire zampone, lenticchie, pandoro con mascarpone e… il Presidente della Repubblica alla televisione.

Il messaggio di fine anno del Capo dello Stato è un momento molto atteso e di gran successo: pensate che l’anno scorso Mattarella inchiodò allo schermo circa 10 milioni di spettatori (cifre che non sono alla portata nemmeno più di Maria De Filippi!) migliorando il trend dei suoi precedenti.

Dovette certo tirare un sospiro di sollievo anche Napolitano nel 2014, quando il suo intervento di Capodanno raccolse oltre 8 milioni di ascoltatori nonostante il boicottaggio apertamente lanciato nei suoi confronti dal centrodestra – che chiese agli italiani di ignorarlo – e addirittura di Beppe Grillo, che a nome della sua arrembante creatura politica organizzò via web un grottesco “contro-discorso”.

Certo, lontani sono gli oceani di pubblico al seguito di Carlo Azeglio Ciampi, che nel 2002 riuscì a ipnotizzare per 21 lunghi minuti oltre 14 milioni di italiani: quell’anno ben 8 connazionali su 10 erano sintonizzati con lui.

Insomma, il messaggio del Presidente piace o – quanto meno – affascina: è ormai diventato un formato televisivo specifico cui sono dedicati corposi studi.

Osservarlo racconta molto del momento politico nel quale si inserisce, oltre che ovviamente della personalità dell’oratore: la composizione dell’inquadratura, i movimenti delle camere sono densi di significati simbolici, studiatissimi.

Il primo, pionieristico messaggio presidenziale d’augurio per il nuovo anno fu rivolto agli italiani da Luigi Einaudi nel 1949, ovviamente via radio: in tutto quattro frasi, poco più di 200 parole. Così iniziò il suo saluto lo statista di Dogliani: “Nel rigoglio di intimi affetti suscitato da questa trasmissione, mi è caro interpretare con la mia parola il fervore di sentimenti che, come sulla soglia di ogni anno, così nell’attuale vigilia tutti ci accomuna in un palpito di mutua comprensione e di fraterna solidarietà!”

L’ex governatore della Banca d’Italia si rivolgeva a un’Italia contadina e disastrata dalla guerra, ma ricettiva; c’è da scommettere che chiedendo a dieci italiani di oggi il senso di quella frase così ricercata, si raccoglierebbero molte delusioni…

A Einaudi toccò inaugurare anche la tradizione del messaggio video, tramite cinegiornale Incom: la Rai infatti comincia le trasmissioni regolari nel 1954, ma fino al 1960 non trasmetterà messaggi dal Quirinale; di quella prima occasione non è rimasta traccia video.

Gronchi, presidente tra il 1955 e il 1962, “piacione” e disinvolto assai nell’eloquio pubblico, sfruttò appieno l’occasione del messaggio di fine anno per trattare temi politici (che pure non gli sarebbero stati propri) come la politica estera, divertendosi a suscitare ogni anno vespai nella compassata scena politica dell’epoca. E’ lui a rivolgersi per la prima volta alla nazione la sera di Capodanno dagli schermi Rai nel ‘60, e lo fa esordendo con “Italiani!”, un incipit più da comizio che da prima serata. Dai due minuti di Einaudi, con Gronchi i messaggi cominciano a durare mediamente sette minuti. Quanto a “savoir-faire” televisivo dei politici, siamo ancora nel medioevo: i messaggi presidenziali di quest’epoca sono molto sobri, grigi, “ministeriali” potremmo dire, se non suonasse come “diminutio” della suprema magistratura: Segni (1962-1964) si rivolge alla nazione in penombra, dietro l’enorme scrivania su cui è chino: nessuna concessione all’apparenza.

Non diversamente si colloca nel suo studio alla Vetrata Giuseppe Saragat (1964-1971), a cui però gli storici riconoscono una marcata carica innovativa quanto a temi affrontati, in particolare quelli sociali come la scuola e il lavoro. La durata dei suoi messaggi arriva a toccare i dodici minuti (all’epoca uno show di prima serata durava un’ora e – detto per inciso – per preparare il suo primo messaggio, Saragat ebbe pochissimo tempo, essendo stato eletto il 28 dicembre); lo statista piemontese adotta tra l’altro la fortunata formula di chiusura: “Viva la Repubblica, viva gli Italiani!”

Di Giovanni Leone si ricorda – più che uno qualsiasi dei suoi discorsi di fine anno – quello drammatico delle dimissioni anticipate, determinate dal montare dello scandalo Lockheed, che lo vide ingiustamente coinvolto: gli analisti hanno rintracciato nel suo eloquio san-silvestrino una prevalenza di toni cupi, semanticamente molto legato al pessimismo e alla paura: Leone esprimeva del resto le inquietudini del tempo.

Tocca a Sandro Pertini, eletto a grande maggioranza sull’onda dello sgomento per l’assassinio di Aldo Moro nel ’78, scompaginare da par suo le carte anche nella notte di San Silvestro: come mai prima, il Partigiano di Stella parlò a braccio, senza appunti. «Italiane e italiani – debutta la sera del 31 dicembre di quell’anno – vi confesso che non volevo introdurmi nell’intimità delle vostre case in questo giorno in cui festeggiate il sorgere dell’anno nuovo ma il mio silenzio sarebbe stato male interpretato».

Con Pertini (1978-1985), la scena del messaggio di Capodanno si fa meno formale: abbandona da subito la scrivania per rivolgersi agli italiani da un accogliente salottino, con la pipa e l’abat-jour accesa: il Quirinale si avvia a essere “la casa degli Italiani”.

A Cossiga (1985-1992) spetta il record di brevità, al culmine della sua parabola di “picconatore”: nel 1991 il suo messaggio dura appena 3 minuti e mezzo, record di concisione dai tempi di Einaudi: ma in questo caso a parlare furono i silenzi, veri atti d’accusa – nell’ottica del presidente sardo – contro la morente Prima Repubblica: li impiegò praticamente tutti per spiegare perché non volesse dire niente. In scena, compariva anche una piccola clessidra.

A quell’anno risale l’introduzione dell’Inno di Mameli come sigla dell’allocuzione presidenziale: l’allora direttore del TG1 Bruno Vespa non era d’accordo con questa estemporanea trovata, voluta però da Cossiga, che la difenderà parlando dell’Inno come di una parte integrante del suo messaggio. Da allora, “Il Canto degli Italiani” non mancherà mai in apertura del collegamento dal Quirinale.

Informale – come non ci si sarebbe aspettato da un magistrato rigoroso quale amava sottolineare di essere – fu l’esordio del 1992 di Oscar Luigi Scalfaro (1992-1999): “Buona sera a tutti, buon anno! È l’augurio, il primo mio augurio; mi emoziona nel presentarlo, quasi lo vedessi partire da me e giungere a voi, a tutti voi: a chi lo accoglie con bontà, e gli sono grato… a chi non lo gradisce, ed io me ne scuso”.

Nel 1998 è ancora Scalfaro ad accantonare la poderosa scrivania dorata per sedersi in un semplice salottino: è con lui che le inquadrature si fanno maggiormente studiate e simboliche: un anno il camino acceso, un altro l’arazzo raffigurante l’episodio mitologico calzante con il momento politico in atto, oppure inquadrature più o meno strette sulla bandiera italiana, negli anni della montante offensiva secess-federalista della Lega, o su quella d’Europa, nel periodo caldo dell’entrata nell’Euro o per quelli in cui dilagava il sentimento sovranista.

I messaggi diventano lunghi, corposi, fitti di argomentazioni: Ciampi (1999-2006) è il campione dell’uso dei termini “Mondo” e “Pace”. Napolitano (2006-2015) è il presidente a cui per la prima volta capita di rivolgersi ai connazionali in diretta Youtube, corre l’anno 2009: al presidente novantenne tocca fare da pioniere dell’epoca social.

Nel 2014, nel corso della sua ultima uscita di fine anno, spiega alla Nazione la decisione di dimettersi anticipatamente dalla carica alla quale era stato rieletto (fatto senza precedenti nella storia repubblicana) appena due anni prima. L’attenzione si appunta sulle fotografie alle spalle del presidente, agli oggetti posizionati sul mobilio: un anno fa bella mostra di sè anche la copia originale della Costituzione del 1946.

Il primo messaggio di Mattarella è del 2015: lui è un altro campione di sobrietà, che preferisce la poltroncina da thè alla scrivania con arazzo e si caratterizza per le insolite citazioni di tanti italiani meritori: parlando di ambiente, evasione fiscale e immigrazione, il Presidente cita tra gli altri Valeria Solesin, vittima degli attentati di Parigi, Aylan Kurdi, il piccolo profugo annegato sulle spiagge siciliane, Papa Francesco e l’astronauta Samantha Cristoforetti.

Quest’anno sarà il suo penultimo messaggio di san Silvestro: il suo mandato finirà nei primi mesi del 2022; c’è da scommettere che nel salottino dello studio alla Vetrata il Presidente parlerà dell’ospite più sgradito di questo 2020, il virus. Ma l’attenzione di tutti gli Italiani è già rivolta a quel che ne dirà Mattarella l’anno prossimo: i verbi, per allora, si spera che siano declinati al passato.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login