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Apologie Paradossali

UE DEUM

COSTANTE PORTATADINO - 08/01/2021

macron-mattarella-merkel(C) Dopo i Te Deum paradossali delle persone messe alla prova dal Covid19, mi è venuta l’idea di curiosare tra i discorsi di fine anno, una specie di Te Deum laici, dei Presidenti delle maggiori Nazioni europee. Ne discuto con i soliti amici, Conformi e Desti.

(S) Per cominciare ci tengo a precisare che il Te Deum c’entra poco col capodanno. È un inno antichissimo, con una propria storia che precede di secoli la sola idea di festeggiare il capodanno il primo gennaio. È un inno di lode a Dio e a Cristo che contiene un unico e vago accenno al tempo, persino in contrasto con l’idea mondana dello scorrere del tempo: “Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi” (iudex crederis esse venturus). Se poi pensiamo che l’inno è presente nella liturgia settimanale delle ore, possiamo essere certi che l’uso solenne che se ne fa una volta all’anno, nella liturgia vigilare della festa della Maternità di Maria, è forse sì una risposta al diffondersi di festeggiamenti mondani per il cambio di numerazione annuale, ma va in senso totalmente opposto. Il rapporto con Dio salva l’umanità proprio dall’usura del tempo. Come Egli è l’eterno presente, così gli uomini non devono temere lo scorrere del tempo, perché esso avrà una fine con un giudizio, assoluto e irrevocabile, ma misericordioso. I capodanni mondani restano invece chiusi nella condanna del contingente: a qualunque cultura appartengano, quale che sia il modo di calcolare l’anno, con il ritorno della luna o con quello del sole, esprimono un fondo di superstizione, nell’augurio di felicità e nello scongiuro che cerca di spazzar via la sfortuna portata dall’anno passato. Si sparano i botti per scacciare l’anno vecchio, si spazza la casa per scopar via la sfortuna, si buttano dalla finestra le stoviglie vecchie per averne di nuove ci si veste di rosso, si mangiano lenticchie perché ricordano le monete. Superstizioni, in piena modernità. Ma la modernità della politica e della scienza ci offre davvero solide certezze? Fondate speranze? Andiamo pure a vedere i discorsi di fine anno dei Presidenti, ma vedrete che differenza dal Te Deum autentico e anche da quelli paradossali dei nostri amici della precedente apologia!

(C) Cominciamo dal nostro presidente Mattarella. Io lo trovo un discorso onesto, molto condizionato dalla situazione presente, l’unico con una buona dose di rammarico per quanto accaduto, riconosce che la prova della pandemia ci ha profondamente ferito e continua a metterci alla prova: “La pandemia ha accentuato limiti e ritardi del nostro paese. Ci sono stati certamente anche errori nel fronteggiare una realtà improvvisa e sconosciuta. Si poteva fare di più e meglio? Probabilmente sì, come sempre”.

Ma, paradossalmente, un grande male può farci scoprire una possibilità di bene. “Cambiamo ciò che va cambiato, rimettendoci coraggiosamente in gioco. Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo alle giovani generazioni. Ognuno faccia la propria parte. La pandemia ci ha fatto riscoprire e comprendere quanto siamo legati agli altri; quanto ciascuno di noi dipenda dagli altri. Come abbiamo veduto, la solidarietà è tornata a mostrarsi base necessaria della convivenza e della società. Solidarietà internazionale. Solidarietà in Europa. Solidarietà all’interno delle nostre comunità”. Ma questo bene è tutto nel futuro e dipende dagli sforzi di ciascuno, soprattutto nel trovare un’unità d’intenti nella società politica, che appare assai improbabile alla luce dei fatti.

Passiamo ora ad Angela Merkel, che con Mattarella ha in comune la prospettiva della fine del proprio mandato politico nel prossimo anno. Ma ella presenta una visione più ampia e meno legata alla circostanza sfavorevole: “Nel nuovo anno ci concentreremo solo sul coronavirus? No, e non lo abbiamo fatto neppure quest’anno. Anche prima della pandemia il mondo in cui viviamo stava cambiando rapidamente e radicalmente. Questo rende ancora più importante per la Germania dedicare tutta la sua energia e creatività allo sviluppo di idee coraggiose per il futuro affinché la nostra economia, la nostra mobilità e la nostra vita diventino rispettose del clima. Affinché tutte le persone in Germania possano beneficiare di pari condizioni di vita e di un’autentica uguaglianza educativa. Affinché noi, in quanto europei, possiamo tenere meglio testa a un mondo globalizzato e digitale”.

“Nel discorso di Macron voglio far notare due particolarità: il richiamo alla laicità e l’insistenza, con toni quasi ispirati a De Gaulle, sulla ‘missione della Francia: “ Mehdi è professore di Scienze economiche e sociali nei quartieri nord di Marsiglia. Come migliaia di insegnanti, pochi giorni dopo l’assassinio di Samuel Paty, ha voluto organizzato un corso sulla laicità. Per farlo, si è formato presso altri professori e ispettori d’accademia. Con coraggio, ha parlato con i suoi allievi dei nostri valori, della loro storia. Portando avanti questa alta missione della nostra scuola e dei nostri insegnanti: formare dei repubblicani”. Comprendo bene la preoccupazione per il diffondersi del fondamentalismo islamico nei francesi musulmani di seconda generazione, ma non è certamente una buona soluzione il confinamento della religione in un privato ristrettissimo, concedendo al contrario il diritto alla blasfemia pubblica. La vena moralistica esplode poi nella conclusione e si modula su un tema nazionalistico, quasi volesse sottrarre questo argomento all’opposizione sovranista.

 “Non aggiungeremo al costo della crisi quello dell’inazione. Lottando contro il virus, battendoci contro le sue conseguenze economiche e sociali, rifondando una società più forte, più fraterna e più sostenibile, costruiremo la Francia del 2030. È questa la nostra rotta. Allora insieme, nella concordia, guardiamo davanti a noi, guardiamo il nostro futuro, prepariamo fin da oggi questa primavera 2021 che sarà l’inizio di un nuovo mattino francese, di un rinascimento europeo. Restiamo quel popolo unito, solidale, fiero della propria storia, dei propri valori, della propria cultura, fiducioso nel futuro e nel progresso, sicuro del proprio talento e della propria energia e ambizioso. Qualunque cosa accada. Siamo fieri. Fieri di essere “noi”, i francesi, la Francia. Ecco quello che volevo dirvi miei cari compatrioti. Buon anno a tutti. Che il 2021 possa essere un anno felice per ognuno e un anno utile per il nostro Paese. Viva la Repubblica. Viva la Francia”.

(O) Quello che questi discorsi hanno in comune tra di loro è molto: l’orgoglio nazionale, molto attenuato in Mattarella, che evidentemente non vuol dare corda alla versione sovranista della Nazione, il volontarismo morale, il primato della politica sulla società e a maggior ragione sulla persona, che in Macron diventa il fondamento del laicismo, fino ad affermare che il compito supremo dell’educazione è formare giovani ‘repubblicani’, un rivolgersi all’Europa come alla risorsa solidale con cui affrontare i problemi del mondo globalizzato. Tutti, anche nelle parti che per la tirannia dello spazio non abbiamo citato, confidano nella scienza, nulla invece a fattori spirituali, tanto meno propriamente religiosi, se non nel saluto finale di Merkel: “Non credo di esagerare quando dico che mai negli ultimi 15 anni abbiamo vissuto un anno così difficile – e mai abbiamo salutato il nuovo anno con tanta speranza, nonostante tutte le nostre preoccupazioni e un po’ di scetticismo. E quindi auguro sinceramente a voi e alle vostre famiglie salute, fiducia e la benedizione di Dio per il nuovo anno 2021”. Salute: un bisogno concreto, fiducia: un atteggiamento spirituale, la benedizione di Dio: un senso religioso. Viva Angela Merkel, figlia di un pastore protestante che scelse la Germania orientale e comunista per esercitare la propria missione!

(S) Vale la pena di ricordare anche la conclusione del discorso di Mattarella: “Care concittadine e cari concittadini, quello che inizia sarà il mio ultimo anno come Presidente della Repubblica. Coinciderà con il primo anno da dedicare alla ripresa della vita economica e sociale del nostro paese. La ripartenza sarà al centro di quest’ultimo tratto del mio mandato. Sarà un anno di lavoro intenso. Abbiamo le risorse per farcela. Auguri di buon anno a tutti voi!” Sinceramente mi sembra il meno efficace dei tre, non solo timido, anche un po’ debole, come se dovesse scusarsi di qualcosa. E, veramente i sei anni finora trascorsi del suo mandato, insieme all’ultimo di Napolitano, non potremo ricordarli tra i più felici della storia repubblicana.

(C) Capisco il tuo sentimento e in parte lo condivido, ma c’è una ragione sostanziale: il Presidente della Repubblica in Italia ha una possibilità di azione politica ben diversa dal Presidente della Francia o del Cancelliere tedesco: regna (poco), ma non governa. Gli altri due sono i capi dell’esecutivo, e Macron assomma ambedue i ruoli essendo anche Capo dello Stato. Il Cancelliere tedesco ha accanto a sé, non posso dire sopra, un Presidente della Federazione (di cui ora nemmeno ricordo il nome) con mera funzione rappresentativa. Il nostro Presidente oscilla tra il ruolo di notaio delle forze politiche rappresentate in Parlamento e quello, più raramente usato, di arbitro delle stesse, secondo però un canone consolidato di grande prudenza e rispetto delle prerogative del Parlamento, come ben sa Mattarella, che dovette ritirare la proposta del governo Cottarelli, di fronte all’impossibilità di imporre un ‘governo del Presidente’ alle Camere uscite dalle elezioni del 2018. Solo una volta, ma in circostanze di grave emergenza, almeno presunta, quelle che portarono al governo Monti, Il Presidente della Repubblica riuscì ad imporre la propria volontà al Parlamento.

Da queste considerazioni, vorrei trarre una conclusione, ma lasciatemi un piccolo spazio per una apologia molto paradossale, dedicata al personaggio politico più controverso degli ultimi anni. Sì, proprio Donald Trump. Si tratta del discorso pronunciato in occasione della ricorrenza dell’850° anniversario del martirio di s. Tommaso Becket e riportato, credo, solo da ‘La Verità’. In un certo senso è molto più “Te Deum” dei precedenti. Vi si afferma, con molta enfasi, l’importanza dell’opposizione di Becket, arcivescovo di Canterbury, ai voleri del re d’Inghilterra Enrico II, sia per la difesa della libertà religiosa, sia per la definizione dei limiti del potere sovrano; vi riconosce persino l’inizio di un processo che porterà pochi decenni dopo alla Magna Carta e, nel tempo, a costituire uno dei fondamenti della democrazia moderna. Apparentemente una stranezza, in contrasto con i suoi comportamenti attuali, non certo ispirati a mitezza e rispetto, che tuttavia ripresenta una testimonianza dello spirito religioso della società americano, che non confonde laicità con laicismo.

Ritornando al punto, vorrei concludere che le nazioni che vogliono ordinarsi secondo il principio democratico soffrono sia per eccesso di concentrazione del potere esecutivo, sia per la sua frammentazione e debolezza, come nel caso dell’Italia di oggi. Non volendo attribuire colpe inesistenti al Presidente Mattarella, di cui conosco la rettitudine ed intuisco la sofferenza che patisce nell’esercizio delle sue funzioni, devo però esprimere il desiderio che l’ultima fase del suo mandato coincida, insieme ad una vigorosa ripresa morale ed economica della nostra Patria, con una altrettanto vigorosa riforma delle istituzioni rappresentative ed esecutive, che non dovrà certo esaurirsi nell’ennesima legge elettorale ad uso e convenienza della bizzarra maggioranza pro tempore governante, oggi, come già accaduto in passato.

(C) Costante (S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti

 

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