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Presente storico

SHOAH/1 STUPIDI

ENZO R. LAFORGIA - 29/01/2021

razzaI razzisti sono stupidi. Anche i razzisti inconsapevoli sono stupidi.

Si ritiene che sia stato il sessuologo tedesco Magnus Hirschfeld ad illustrare e a far conoscere il concetto di «razzismo», in un’opera intitolata Analyse und Widerlegung der nationalsozialistischen Rassendoktrin (Analisi e confutazione della dottrina della razza nazionalsocialista), che raccoglieva scritti redatti tra il 1933 ed il 1934 e pubblicata postuma in traduzione inglese nel 1938. Hirschfeld si batté (inutilmente) per far rimuovere dal codice penale tedesco, che lo aveva ereditato da quello prussiano, il famigerato paragrafo 175, secondo il quale l’omosessualità avrebbe costituito un reato. (Proprio a partire dal 1935, anno della morte dello scienziato tedesco, i nazisti inasprirono il paragrafo 175 e ne intensificarono l’applicazione.)

Oggi, tuttavia, si ritiene che diversi siano i «razzismi». Si è soliti distinguere un razzismo pseudo-biologico, da un razzismo culturale, ideologico, strutturale, istituzionale, differenzialista. In linea di massima, potremmo dire che incappiamo in manifestazioni o pratiche razziste ogniqualvolta le differenze (di cultura, lingua, tradizioni, religione o, addirittura, “biologiche”) sono viste e denunciate come un pericolo per l’integrità del gruppo dominante.

Resta il fatto che i razzisti sono stupidi. Anche i razzisti inconsapevoli di esserlo. Stupidi nel senso che Carlo M. Cipolla ha definito nella Terza (e aurea) Legge Fondamentale sulla stupidità umana: «una persona stupida è una persona che causa un danno a un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita».

Esemplare caso di razzismo (e di stupidità) è rappresentato dalla campagna scatenata, nel 1938, contro il filosofo Baruch Spinoza, all’epoca già morto da quasi tre secoli. Nell’estate di quell’anno, la direzione della rivista di scienze politiche, giuridiche ed economiche «Lo Stato» (il direttore era Carlo Costamagna) intervenne nella rubrica Note e discussioni a proposito delle nuove disposizioni del governo, che allontanava dalle scuole italiane gli insegnanti «non ariani». Ma la meritoria epurazione, secondo la direzione della rivista, non poteva essere sufficiente. Bisognava «bonificare» (questo fu il termine utilizzato) la stessa cultura e i programmi di studio da contenuti ritenuti contaminanti. Primo fra tutti, il povero Spinoza:

«Dal giorno in cui Baruch Spinoza è comparso nella scena della filosofia ha fatto un grande sbalzo in avanti l’opera distruttiva di quella morale tradizionale, fideista e positiva, che aveva sostenuto per millenni la compagine delle nazioni dell’Europa».

Insomma, chiosava la nota della Direzione dello «Stato»:

«non possiamo condurre la battaglia con buoni risultati se non ci assicuriamo le spalle e se continuiamo a lasciare le chiavi del nostro cervello nelle mani di una combutta di sedicenti “uomini di scienza”, contaminati dalla luce semitica».

Il tema non poteva essere trascurato da una rivista come «La Difesa della razza». In un articolo pubblicato nel numero del 5 ottobre 1939, si affermava che «la filosofia classica, la filosofia d’Aristotele, seppellita nell’era antica dal fenicio Zenone, lo fu nell’era moderna dall’ebreo Spinoza». Perché in realtà tra i torti di Spinoza (e forse questo era quello maggiore) vi era il fatto che fosse ebreo, benché la comunità ebraica di Amsterdam lo avesse espulso nel 1656.

Il povero filosofo olandese non ebbe tregua nemmeno durante la guerra. Tra la fine di aprile e gli inizi di maggio del 1942, il Centro milanese per lo studio del problema ebraico organizzò alcuni incontri presso l’Università del capoluogo lombardo dedicati ai Pervertimenti giudaici nella filosofia. Relatore fu il filosofo cattolico Siro Contri. Otto giorni dopo la lezione in cui Contri aveva dimostrato (!) «che il pensiero giudaico dissolvitore spinoziano è oggi il lievito di tutte le sedicenti scuole di filosofia», mentre gli iscritti al corso erano in attesa di nuove parole rivelatrici, montò in cattedra il professore dell’Ateneo milanese, Giovanni Emanuele Barié, allievo e successore di Piero Martinetti, per dichiarare che «tutto quanto è stato detto a proposito dello Spinoza dal prof. Contri sabato sera in quest’aula è destituito di ogni fondamento».

A questo episodio diede ampio spazio la rivista «Vita italiana», nel numero di agosto di quel 1942. Direttore era Giovanni Preziosi, un sacerdote spretato, che già nel 1921 aveva tradotto il celebre falso storico dei Protocolli dei Savi di Sion. Preziosi aveva aderito prontamente al fascismo, distinguendosi per la sua ossessione razzista. Sarebbe poi morto suicida a Milano nella notte tra il 26 ed il 27 aprile 1945.

Dalle pagine della «Vita italiana», Goffredo Pistoni, del Centro milanese per lo studio del problema ebraico, attaccò duramente il professor Barié, ricordando che, nella scuola fascista, gli insegnanti avrebbero dovuto limitarsi ad insegnare ai giovani «l’orgoglio della nostra razza».

Siro Contri, invece, ritornò sull’argomento dalle pagine della «Difesa della razza», nel numero del 5 novembre, per avvertire tutti che «l’alta cultura filosofica è oggi pienamente spinozizzata, cioè ridotta alla condizione di spirito preconizzata nella seconda metà del Seicento dall’ebreo di origine spagnola e vissuto in Olanda, Baruch Spinoza». Senza citarlo, l’obiettivo del suo polemico intervento era ancora una volta Giovanni Emanuele Barié, rappresentante di quegli «intellettuali», che avevano ormai «l’intelletto ebraicamente “emendato”».

Questa vicenda potrebbe far sorridere, se non fosse che la stupidità è anche fortemente contagiosa. Negli stessi giorni, in una Milano che qualche mese dopo sarebbe stata sottoposta ad un pesante bombardamento aereo, il «Corriere della Sera» pubblicava questa notizia:

«Tra piazzale Piola e piazzale Leonardo da Vinci c’è ancora la via intitolata a Benedetto Spinoza, filosofo panteista del Seicento. Nel tempo in cui si tende giustamente a sottrarre i valori dello spirito all’influsso giudaico, non sarebbe bene notare che lo Spinoza, ebreo, apportò nel campo degli studi il pernicioso contributo della sua razza?»

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