Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

CHE VIAGGIO

ROMITE AMBROSIANE - 23/07/2021

Dante e Beatrice in Paradiso

Dante e Beatrice in Paradiso

Sul tema estate – viaggi – divertimento non siamo certo noi, monache di clausura, a possedere esperienza e competenza. Se non che a tutti è offerto il racconto di un grande viaggiatore, di un peregrin d’amore ripercorrendo il quale tanti viaggi possono partire, anche in Monastero. Del resto è fin scontato rileggere quest’anno la Divina Commedia che, appunto, è un grandissimo racconto del viaggio della vita e della storia. Certo non siamo in grado di trattare del grande viaggio del Poeta. Solo ci pare bello riascoltare – magari mentre qualcuno di voi sta preparando le valige – alcuni versi che descrivono partenze: la poesia, infatti, ci aiuta così bene ad ascoltare il cuore – anche il nostro cuore – entro i gesti, le azioni e, perché no?, le partenze.

Così una sera nell’Antipurgatorio:

            Era già l’ora che volge il disío
            ai navicanti e ̕ntenerisce il core
            lo dí c’han detto ai dolci amici addio;
                        (Purgatorio, canto VII, 1 – 3)

Ecco, l’atto di partire interroga il desiderio, lo volge e lo rivolge; si parte per divertere guardare altrove, divertirsi, ma anche ed insieme per ri-volgere, volgere ancora, in modo nuovo lo sguardo, il desiderio. Perché il cuore non duro, ma tenero, sensibile, accogliente, conosce la dolcezza di amici.

Questi i navicanti del Purgatorio. Nell’Inferno, nella bolgia dei consiglieri fraudolenti, si narra di un altro viaggio che parte da tutt’altro molo:

            né dolcezza di figlio, né la pièta
            del vecchio padre, né ̕l debito amore
            lo qual dovea Penelope far lieta,
            vincer poter dentro da me l’ardore
            ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
                        (Inferno, canto XXVI, 94 – 98)

Così inizia il folle volo dell’Ulisse di Dante: il cuore altrove, i sentimenti azzittiti, impotenti, le relazioni tagliate, una ricerca per sé (forse di sé?) ignara d’altri finché com’altrui piacque (…) ̕l mar fu sopra noi richiuso (Ivi, 141 – 142). Troppo tardi Ulisse si è accorto che il nostro viaggio è custodito da altri, i dolci amici innanzitutto per lui che non poteva conoscere il nostro Dio.

A sera, dunque, volgiamo il desiderio, interroghiamo il cuore per accogliere la misura e la meta del nostro andare da ciò che “intenerisce il cuore” e che ci permette di essere veramente esperti del mondo, un’esperienza a tutto tondo, non solo di testa, ma anche di cuore e di mani.

Così l’immagine dei navicanti del Purgatorio può culminare in questi versi:

            … giunse e levò ambo le palme,
            ficcando li occhi verso l’orïente,
            come dicesse a Dio: “D’altro non calme”.
                        (Purgatorio, canto VIII, 10 – 12)

Giunge per rivolgersi ad oriente, là dove sorge la luce e la vita; giunge e, non pago del suo viaggio, dice a Dio “null’altra cosa mi cale, mi preme, se non te”. E anche questo viaggio, il viaggio della preghiera, non è solitario, si scioglie in un inno che coinvolge le altre anime, chiama la protezione degli angeli e, ci dice il Poeta, fece me a me uscir di mente (ivi, 14) in un’estasi, in un viaggio, che dilata i confini del suo io.

Viaggiamo dunque in Monastero, per l’Italia o per il mondo, viaggiamo disposti a volgere e rivolgere i desideri a un di più che intenerisce ed allarga il cuore, a ciò che veramente calme, preme e anche dona riposo.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login