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Stili di Vita

LOTTERIA

VALERIO CRUGNOLA - 23/07/2021

Alluvione in Germania

Alluvione in Germania

Per millenni la storia umana all’inizio e alla fine delle vite individuali è stata sottoposta a un margine relativamente circoscritto di casualità: la lotteria della nascita e l’imprevedibile accidentalità della morte. Era meglio nascere a Bisanzio nel X secolo che nel regno dei Franchi. Era meglio nascere nell’Inghilterra colonialista che nell’India colonizzata. Per chi moriva per il diffondersi della peste in Germania (o a causa della guerra dei Trent’Anni) non sarebbe cambiato nulla se fosse stato travolto da un cavallo imbizzarrito, ma le probabilità di morte – in un dove, un quando e un quanto determinati – erano molto diverse.

Il grado di diffusione del rischio, un tempo variabile e persino volubile, era molto minore di oggi. La vita fino grosso modo a mezzo secolo fa è stata dominata dal pericolo (prevenibile con la prudenza), non altrettanto dal rischio (l’evento imprevedibile che sorpassa le nostre risorse razionali e il sistema delle nostre protezioni).

Oggi viviamo nell’età del rischio globale in un mondo ugualmente globale che fu salutato quasi soltanto come un’opportunità. Ne ha scritto magistralmente a partire dal 1986 uno dei massimi scienziati sociali della fine del secolo scorso, Ulrich Beck, morto precocemente sei anni fa. Beck oppone la società del rischio, fondata su un’individualizzazione pretenziosa, alla precedente società classista, fondata sulla scarsità con le conseguenti rivendicazioni collettive per la redistribuzione, oggi estinte e rimpiante.

Secondo Beck la lotteria diventa un rischio che si estende alla vita intera. Il dominio di una generalizzata imprevedibilità travalica le differenze tra territori, redditi, frontiere, barriere sociali e culturali, statualità nazionali e dominanze transnazionali. Contrariamente ai teorici del rischio come sfida liberatoria, Beck ne fa una ricaduta indesiderata di un ordine sistemico poderoso e però minato dal di dentro. La posta in gioco, sempre più oligarchica, si alza continuamente, mentre in parallelo la capacità di riparare o prevenire il rischio si indebolisce.

La sorte, possiamo aggiungere, ignora la virtù e il merito. Una crescente costrittività vanifica il desiderio di individualità. Le promesse per i più non si adempiono e le viscere fermentano.

La tragica crisi ambientale che stiamo vivendo è l’ultima, e per certi aspetti estrema, versione del rischio. La Germania, e a maggior ragione il Canada, sono due dei paesi meno insensibili alla salvezza della vita sul pianeta. Non sono, per intenderci, due stati ecologicamente canaglia come lo sono Cina, India, Brasile, Stati Uniti (peggio se in casa d’altri, come in Amazzonia), Messico, il mondo arabo o piccoli paesi come Turchia, Polonia, Albania, Grecia, Costa d’Avorio o Etiopia, Italia inclusa, purtroppo.

La Westfalia (che non è in Germania tra i lander più virtuosi) non è certo paragonabile a regioni canaglia come la “Padania”, Lazio, Campania, Puglia, Calabria o Sicilia. E nondimeno è stata rasa al suolo come fosse una qualunque New Orleans di un ventennio fa. Lo stesso ragionamento vale per Canada, da sempre virtuoso e di colpo arso vivo.

La catastrofe ambientale non guarda in faccia nessuno. Non è più questione di buona sorte essere nati a Colonia o a Vancouver. Questa brutta uguaglianza che ha il solo vantaggio di rendere grottesco il privilegio, devasta a caso. Prepariamoci al peggio. L’Italia è molto più esposta di altri paesi ricchi. Il nostro dissesto idrogeologico è gravissimo: le acque dilavano, e gli incendi non sono più solo dovuti alla sete di danaro e di cemento di qualche ligure spregiudicato.

 

Foto alluvione

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