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Spettacoli

SAPORI DI UNA VOLTA

MANIGLIO BOTTI - 12/05/2012

Sapori antichi, sapore di congiuntura. Oggi, ahinoi, non è solo una sensazione. Allora, nella primavera del 1963, qualcuno già cominciava a parlarne. Il termine esplose da lì a un anno, e non ce ne siamo più liberati. Gli studiosi fissano gli anni del boom, gli anni del miracolo economico, tra il 1958 e il 1963. Non indaghiamo – anche per mancanza di approfondite conoscenze tecniche – sulle cause del declino. Del resto, tutto nasce e poi si disperde. Dunque, presto si dovrebbe tornare a vivere.

È che proprio in quell’estate lontana, quella del ’63, appunto, Gino Paoli celebrò l’acme della spensieratezza vacanziera con la sua canzone più famosa: Sapore di sale; accordi semplici (il giro di do, in pratica), un’esecuzione pigra, quasi distratta, una dedica risaputa: all’amica e compagna e giovane mamma presto in attesa Stefania Sandrelli, che aveva diciassette anni. E in quell’epoca – nessuno pensi male – la maggiore età era a ventuno.

Paoli aveva portato Sapore di sale al Cantagiro, la competizione canora che un po’ si rifaceva al Giro d’Italia. Non era nemmeno arrivato primo, perché quell’edizione era stata vinta da Peppino Di Capri con Non ti credo. Il Gino da Monfalcone-Genova era arrivato terzo. Davanti a lui, oltre a Di Capri, s’era piazzato Little Tony con l’ “anonima” Se insieme a un altro ti vedrò…

E d’altra parte la canzone che oggi è considerata una specie di inno nazionale di anni felici non aveva spadroneggiato nelle classifiche. Se si vanno a scandagliare i primi posti dei dischi più venduti, da giugno a tutto agosto, troviamo Rita Pavone e Trini Lopez con Datemi un martello-If I had a hammer, gli Indios Tabajara con Maria Elena, Françoise Hardy e Catherine Spaak (altra Lolita degli anni ’60) con Quelli della mia età. Ai primi di settembre entrava a gamba tesa Abbronzatissima di Edoardo Vianello…

Eppure adesso non si può neanche pensare a un’estate antica e rilassata a “quel vago avvenir che in mente avevi” senza scandire il ricordo sulle note di Sapore di sale, che era stata arrangiata da Ennio Morricone, e sull’assolo al sax, anch’esso pigro e sonnolento, di Gato Barbieri. Quell’anno era andata così, i problemi – forse – dovevano ancora venire.

Per puro spirito aneddotico è da ricordare che nella primavera del ‘63, gli italiani erano andati alle urne per eleggere il Parlamento. La Democrazia cristiana aveva preso il 38,3% dei consensi, facendo rimarcare una flessione del 4% rispetto alle precedenti elezioni del ’58; il Partito comunista aveva guadagnato qualcosa e aveva toccato il 25,3%. Soltanto per inciso si dovrebbe sottolineare che davvero in quegli anni i partiti potevano affermare di essere specchio degli italiani, in quanto gli aventi diritto che si recavano alle urne erano il 93 per cento. Adesso le percentuali dei votanti si sono ridotte di parecchio; e se si considera la buona dose di schede bianche o nulle con parolaccia al seguito, un partito del 25% dovrebbe pressappoco ridurre il proprio diritto di rappresentanza almeno della metà.

Ma tutto scorre. Sul cadere del mese di giugno del ’63 Giovanni Leone varava il suo “governo-ponte”. E proprio allora si prese a parlare di “governi-balneari”. Le elezioni politiche si erano tenute alla fine di aprile e in agosto, quegli stupendi mesi di agosto di una volta, tutto era dimenticato.

Gino Paoli cantava pensando ad altro: sapore di sale, sapore di mare. Figuriamoci gli altri.

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