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Editoriale

PACE

ROMITE AMBROSIANE - 23/12/2022

paceChe Natale è questo? Forse farà un po’ più freddo nelle nostre case, forse la fetta di panettone sarà meno abbondante o mancherà la crema al mascarpone o magari la mostarda, forse ci sarà tutto e qualcosa in più perché ‘almeno il Natale non vogliamo farcelo rubare’, o, forse, potremo imparare che cos’è il Natale. Già, perché il Natale non è un giorno di festa che si prepara nei due giorni prima con acquisti e pietanze. La Chiesa ci invita a prepararlo nei quaranta giorni dell’Avvento e quest’anno, tra gli altri, in questo cammino nella liturgia delle messe feriali ci ha accompagnato il profeta Geremia. Le sue parole a tratti ci sono parse di un’attualità impressionante; infatti, esortando ad abbandonare la via del peccato e a seguire con cuore retto il Signore, ha preannunciato guerre, assedi, distruzioni ed un immenso dolore. Certo le guerre non sono punizioni di Dio, ma le invettive del profeta ci esortano a conoscere il nostro cuore, a comprendere le conseguenze delle scelte, a patire con chi è nella sofferenza e nell’angoscia.

Cosa c’entra questo con il Natale? Cosa c’entra questo con quella coppia rifiutata da tutti che ha fatto nascere il suo bambino in una stalla? Cosa c’entra questo con quei bambini innocenti trucidati a Betlemme? Cosa c’entra questo con la Luce venuta nel mondo e rifiutata dai più? Ma infine cosa c’entra questo con noi e con i nostri giorni di festa?

Proviamo ad ascoltare Geremia: E devasta tutta la terra e nessuno se ne dà pensiero (12, 11). Il Natale, ricordiamocelo, è la festa dell’incarnazione. Dio ha calpestato questa nostra terra, perché, Lui sì, se ne dà pensiero così che la sua nascita è accompagnata dal canto degli angeli: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama (Lc 2, 14). Per questa pace, perché ogni uomo abbia la vita in abbondanza, il Signore della Vita è nato tra noi. Ma che distanza c’è tra noi e questa pace! Forse questo sarà un buon Natale se ci metterà nel cuore la nostalgia della Gloria di Dio che in terra è la Pace.

Ci può aiutare a capire che questo non è solo un buon sentimento – anzi – una diversa traduzione che san Girolamo ci offre del nostro Geremia: nel suo testo leggiamo: Tutta la terra è devastata perché non c’è nessuno che rifletta nel suo cuore (Commento a Geremia, III, X). Ci viene così il dubbio, il santo dubbio, che quanto avviene sulla terra nasca un po’ nel nostro cuore; anche nel nostro cuore possiamo trovare la superbia che cerca di prevalere sull’altro, l’invidia che intende per male nostro il bene dell’altro, la violenza che vorrebbe prendere e possedere, l’indifferenza che difende una inesistente pace solo personale, la paura di perderci qualcosa eccetera. Per costruire la pace dobbiamo dunque riflettere nel cuore per comprendere cosa effettivamente lo muove e verso dove quel qualcosa ci spinge. Ma non basta ancora. San Girolamo commentando il nostro versetto precisa: “Non c’è nessuno che rifletta su Dio nel suo cuore” (ivi). E forse possiamo dargli facilmente ragione constatando come siano effimeri i nostri sforzi di costruire la pace, o, più semplicemente, di custodire la terra. Riflettiamo dunque nel nostro cuore per disarmarci e per sviluppare ogni desiderio e possibilità di bene. Ma, anche, riflettiamo nel nostro cuore per accogliervi Dio e la sua offerta di pace. Il farsi uomo di Dio ci offre un salto immenso. Se riflettiamo nel nostro cuore sul suo essere con noi possiamo accorgerci che nulla è come prima, che quello che sembrava essenziale è nulla a confronto del bene che ci è donato. Sì, il Bene, il Sommo Bene si è donato a noi, a tutti e a ciascuno. Pensiamoci su veramente in questo Natale per incamminarci sulle strade che Lui ha percorso annunciando la pace per radunarci, infine, insieme, in cielo entro la Gloria di Dio. Riflettiamo nel nostro cuore su Dio, cerchiamo di conoscerlo nel suo venire a cercarci per imparare a conoscere noi stessi e gli altri a partire dalla sua misericordia. Riflettiamo su Dio, riconosciamolo come Creatore e comprendiamoci come creature chiamate a custodire il creato. Riflettiamo su Dio chiamandolo Padre per riconoscerci fratelli. Riflettiamo su Dio nel nostro cuore e lasciamoci sorprendere dalle sue impensabili premure per noi. Riflettiamo nel nostro cuore sul Bambino di Betlemme per lasciarci intridere dal profumo della vita appena nata.

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