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Attualità

CENTRO VUOTO, NUOVE ABITUDINI

SANDRO FRIGERIO - 02/06/2023

vareseCom’è possibile che la città che mezzo secolo fa registrava un record italiano di crescita (+26% tra il 1961 e il 1971) da tempo faccia suonare campanelli per decrescita e invecchiamento, anche nel confronto con altri centri della zona? Accanto al tema generale del calo demografico, Varese ha un problema di scarsa attrattività, soprattutto per i giovani, per chi vuol lavorare, per le aziende? Il centro cittadino semivuoto durante la settimana è una rappresentazione ottica di una desertificazione più profonda che ha attraversato amministrazioni di più colori? In momenti in cui si sta discutendo del nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT), le domande e soprattutto risposte non sono un optional.

Perché un centro urbano è animato? Essenzialmente perché ci sono funzioni pubbliche e culturali e perché è luogo di scambio, cioè di commerci e servizi. Sul primo versante, Varese brilla per la diaspora degli uffici. Manca un “city center”, anche a livello comunale, con la conseguenza che il cittadino deve munirsi di una cartina per scoprire il quella parte della città, spesso periferica, dovrà andare per una pratica edilizia, per pagare la tassa rifiuti, per i servizi sociali. Se poi quel giorno deve andare all’Asl, in Questura, all’ASST, dai Carabinieri, a ritirare una raccomandata alle Poste, il viaggio si fa lungo.

Poi ci sono le modalità di spesa. Qui è cambiato tutto: abitudini, tecnologie, composizione. Anni luce distanti da quelle non di mezzo secolo, ma anche solo di una generazione fa: 25-30 anni.

Il primo grande magazzino, a parte le vecchie cooperative di consumo, quelle con il “libretto” e il saldo a fine mese, fu la Standa primi anni ‘60, iconicamente posizionata in piazza Monte Grappa: multipiano, con il primo supermercato nel sotterraneo, perché non c’erano i carrelli da portare all’auto. Oggi non c’è più la Standa e non c’è nemmeno la Coop alle Corti: i supermercati più grandi sono strategicamente dislocati sulle grandi direttrici fuori città (Iper Belforte, Esselunga 1 e 2, Coop, Carrefour…) altri sono in periferia o semicentro (il più centrale è Carrefour stazione Nord), con la zona Valganna-Belforte interessata dagli sviluppi più recenti.

Stesso discorso per elettrodomestici ed elettronica, che sono la maggior voce di spesa nel comparto non alimentare: dal centro sono spariti Bernasconi (Via Morosini, cessata anche come insegna), Euronics. Quest’anno anche Unieuro ha chiuso alle Corti per privilegiare Belforte (Iper) e Saffi (Avigno) mentre sempre periferica è stata Mediaworld (zona Iper) tranne un piccolo “richiamo” in centro.

Che dire delle edicole, tradizionale motivo di “uscita”? Sull’asse Magenta – Monte Grappa – Veratti hanno chiuso nove su nove (ne resiste una nel vicino Corso Matteotti), così come tutte quelle della zona Stazioni. Più di una è diventata chiosco di fiorista. Le banche, almeno nella zona centrale sono rimaste, magari smagrite, ma l’afflusso è molto minore, perché POS e online hanno drasticamente cambiato le abitudini.

L’e-commerce continua a erodere terreno e rappresenta secondo le stime l’11% della spesa complessiva, una quota superiore se si esclude l’alimentare. Dopo l’elettronica, calzature e abbigliamento sono i beni più comprati on-line ed erano quelli che tipicamente affollavano il cuore della città, ma tra caro affitti e abitudini ormai mutate, in centro a resistere sono ormai soprattutto i “brand”.

Sarà allora un centro che, se andrà bene, sarà vivacizzato da locali come bar e ristoranti, con inevitabile vocazione serale e qualche negozio di griffe di prestigio in una città altrimenti sempre più dormitorio per chi lavora altrove? Se l’acquisto è sempre più “esperienziale”, una strada cui qualcuno sta guardando è unire attività commerciale e punto bar-incontro: vedremo se l’idea attecchirà.

Qualche alternativa non potrebbe tuttavia anche venire dall’unione di tecnologie e servizi logistici? Naturalmente una metropoli e una città medio-piccola come Varese non sono confrontabili, anche come bacino d’utenza, però un’idea viene da Vienna, dove Ikea ha appena aperto un grande negozio, completo di giardini pensili, in un’area semicentrale (accanto alla maggiore stazione ferroviaria). Lo store non ha letteralmente parcheggio, perché ci si arriva con i mezzi pubblici, e non si carica l’auto o il furgone con i mobili appena acquistati. Si fa l’ordine che poi arriva prontamente a casa. Naturalmente è una struttura ultramoderna di sette piani, per non consumare spazio in una città che è un museo all’aperto. Ecco una sfida per il PGT. Il consumo di spazio zero vuol dire necessariamente rinunciare a costruire il nuovo in modo sostenibile? Quando nei primi anni Sessanta veniva costruito il palazzo della Standa in Piazza Monte Grappa, con i suoi 4 piani esterni, anche quell’opera, magari migliorabile, era innovativa. Oggi è già storia.

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