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Società

SE AMORE GUARDA

SERGIO REDAELLI - 16/06/2023

Dettaglio della Madonna Sistina di Raffaello

Dettaglio della Madonna Sistina di Raffaello

Camminare nella navata di una chiesa antica – prendiamo per esempio il santuario di S. Maria del Monte – è come entrare in un altro tempo storico incuneato nel presente. Ci fa incontrare gli sguardi di chi ci ha preceduto sugli stessi passi nel corso dei secoli, ascoltare i dialetti del passato, sentire le voci che ci parlano attraverso i testi delle epigrafi, intuire la presenza degli autori delle opere che vi sono custodite e delle maestranze che vi hanno lavorato. Non è solo ammirare la perfezione dell’arte ma apprezzarne l’invecchiamento, la decadenza, le amputazioni, la fragilità. È amare forme, stili, storie, iconografie e biografie che non hanno identità nazionale, ma che sono invece patrimonio della intera umanità.

“Il ristorante dove uso cenare ha i tavoli tra l’opus reticulatum e i rocchi di colonne del teatro di Pompeo, all’incirca là dove Cesare cadde”, raccontava Carlo Levi evocando presente e passato. L’Italia è ricca di bellezza veduta e ammirata – milioni e milioni di occhi in migliaia di anni non interrotti – e Varese non fa eccezione con i suoi luoghi tutelati dall’Unesco. Ma per gustare il patrimonio culturale serve un’educazione sentimentale. Lo afferma lo storico dell’arte Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, già autore del libro-inchiesta “Chiese chiuse” contro i luoghi sacri inaccessibili, piegati alla logica degli affari, aperti e visitabili solo a pagamento.

Possesso, conservazione, identità nazionale, proprietà pubblica e privata, tutela, valorizzazione sono le parole del vocabolario giuridico che si usano di solito a proposito del patrimonio culturale. Nel suo nuovo libro intitolato “Se amore guarda” (Einaudi, 2023), Montanari preferisce utilizzare le parole dei letterati piuttosto che quelle dei giuristi. Soltanto se li si guarda “con gli occhi dell’amore” le chiese, le piazze, i grandi capolavori e gli umili selciati ci liberano della dittatura del presente e dell’illusione di essere i padroni della storia, ci fanno capire quanto sia effimero il potere e fallace e menzognera la retorica della stirpe, del sangue, della nazione.

Per gli scrittori e i poeti il patrimonio culturale non ha confini, non è un vanto di questa o quella nazione, i monumenti sono fatti di pietre ma appartengono alla “civitas”, si rivolgono all’umanità del pianeta, richiedono amore per essere compresi e postulano una pacifica convivenza universale. “Firenze è la mia città – scriveva Simone Weil – Di sicuro ho vissuto una vita precedente tra i suoi uliveti. Quando ho visto i suoi bei ponti sull’Arno, mi sono chiesta che cosa avessi fatto, lontano da lei per così tanto tempo”. E nelle lettere della scrittrice parigina, Omero, Orazio, Lucrezio, Dante, Michelangelo siedono con lei in trattoria, con lei passeggiano, guardano, respirano.

“Esprimono un sentimento di Firenze, una intimità collettiva”, commenta Montanari. La storia dell’arte non riguarda presidenti, ministri e sindaci come un tempo riguardava papi, monarchi e potenti, non è il lusso di pochi che si possono permettere di avere la passione per la bellezza, è un bene di tutti. E tra cento altri esempi affascinanti, l’autore ricorda il cane di Virginia Woolf che lecca le dita e i piedi di pietra liscia di una statua nella chiesa di Firenze, la dolorosa arringa di Cicerone contro i saccheggi del corrotto Verre in Sicilia, l’inno che Thomas S. Eliot eleva alla contemplazione nelle cattedrali, lo sguardo umano della Madonna Sistina di Raffaello che denuncia a Dresda i crimini commessi nelle camere a gas di Treblinka e di Auschwitz. Se amore guarda, gli occhi vedono.

 

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