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Fisica/Mente

WEST NILE

MARIO CARLETTI - 08/09/2023

westI più attenti di voi lettori, interessati maggiormente ai temi della salute, avranno letto di recente che anche nelle nostre zone sono emersi casi di infezione di malattia di West Nile.

Cerchiamo di capire che importanza ha questa segnalazione dal punto di vista squisitamente pratico.

Innanzitutto ci permette di ricordare ancora volta come il miglior veicolo di trasporto e riproduzione dei fattori infettanti (batteri e virus) sia proprio l’essere umano che ormai si muove su tutto il pianeta con una velocità e rapidità sconosciute fino a pochi decenni fa.

Secondo come alcuni vettori, in questo caso un tipo specifico di zanzara, siano spesso responsabili della diffusione di alcune infezioni e pertanto vadano combattuti in ogni modo.

Questa malattia prende il nome dal fatto che per la prima volta è stata isolata nel 1937 in Uganda nel sangue di una donna con una sintomatologia simil influenzale, proveniente dal distretto di West Nile.

La malattia relativamente diffusa in Africa e Medio oriente è stata segnalata per la prima volta in Europa alla fine degli anni 50.

Il ciclo naturale (endemico) della malattia prevede un modo primario di trasmissione zanzara-uccello-zanzara nel quale zanzare adulte si infettano pungendo uccelli viremici che fanno da serbatoio. Ingerito dalla zanzara il virus si moltiplica, va a localizzarsi nelle ghiandole salivari del vettore e viene quindi trasmesso ad un altro uccello punto.

Il ciclo invece epidemico (secondario quindi) avviene quando la zanzara adulta trasmesse il virus ad ospiti accidentali come il cavallo e l’uomo. Queste zanzare appartengono ad una famiglia particolare di insetti (Culex) mentre l’uomo è un ospite a fondo cieco cioè il virus non raggiunge nel torrente circolatorio una concentrazione sufficientemente elevata per poter infettare a sua volta i vettori (cosa che invece fanno gli uccelli) e quindi stoppa il ciclo di trasmissione.

Rarissimi casi sono emersi di infezione umana tramite trapianto d’organo, trasfusione di sangue o tra madre e feto in gravidanza.

Dal punto di vista clinico la malattia si manifesta negli uccelli dopo una incubazione di 3/4 giorni ed è solitamente asintomatica, qualora invece compaiono sintomi più pesanti la morte può avvenire in 24 ore.

Nei cavalli il periodo di incubazione è generalmente più lungo 3-15 giorni è nella stragrande maggioranza dei casi l’infezione è asintomatica. Negli ultimi anni si sono osservati più casi sintomatici e nelle situazioni più gravi ed aggressive spesso si ricorre all’eutanasia dell’animale.

Nell’uomo il periodo di incubazione è tra i 2 e 14 giorni mentre la malattia NON sviluppa segni clinici. Quando questi emergono sono simili ad una sindrome influenzale: febbre, mal di testa e/o gola, dolori articolarti e muscolari, rash cutanei etc

Solo 1 persona su 150 sviluppa sintomi più gravi (quindi meno del 1%) che spesso sfociano in disturbi neurologici che possono portare a torpore, convulsioni, paralisi, coma.

In un caso su mille può emergere una encefalite letale.

Per arrivare ad una diagnosi clinica reale quindi, vanno seguiti i sintomi segnalati, ma poi bisogna avere un riscontro di laboratorio chiaro ove emerga o il virus isolato o la risposta del nostro organismo al contatto con l’agente infettante (anticorpi nel sangue). Se isolato invece in un animale tutti i dati finiscono al CESME (Centro di referenza nazionale malattie esotiche degli animali).

Per i cavalli esiste già in commercio un vaccino efficace contro la malattia che invece ancora non c’è per l’uomo.

La terapia non c’è, in quanto non è necessaria, se non come detto nei rari casi gravi.

La prevenzione parte ovviamente dall’evitare la puntura delle zanzare con i metodi classici che vanno dai repellenti cutanei alla protezione degli ambienti con zanzariere o diffusori di insetticidi.

Igiene accorto, con attenzione a non fornire habitat idonei allo sviluppo delle zanzare (acque stagnanti) anche nei luoghi domestici, è considerato di primaria importanza.

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