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Attualità

LA PARTICELLA DI DIO

GIAMPAOLO COTTINI - 13/07/2012

Si sente parlare in questi giorni del “bosone” di Higgs, o più familiarmente della “particella” di Dio scoperta dal Cern nell’ambito delle sue raffinate ricerche nel campo della Fisica e della Cosmologia. Il desiderio di arrivare all’origine stessa della materia dell’universo e di illuminarne la genesi da sempre affascina l’uomo, e la scienza degli ultimi secoli, anche grazie ad una tecnologia sempre più precisa e sofisticata, sembra avvicinarsi ogni giorno di più (almeno sul piano della formulazione di teorie fisiche) alla scoperta del mistero dell’inizio dell’universo. Alla classica domanda filosofica sull’origine di tutte le cose (che dai filosofi della scuola di Mileto ad oggi ripercorre tutto il pensiero occidentale) arriviamo agli studi sulla materia e sull’energia, sui quali occorrerebbe una specifica competenza che non appartiene al largo pubblico; tuttavia, al di là della specifica conoscenza, il contenuto di questa scoperta può suscitare in ognuno qualche riflessione significativa.

Anzitutto, la scienza conferma l’intuizione che all’origine del cosmo (e la parola cosmo in greco vuol dire proprio universo ordinato) stia un principio razionale, cioè una ragione intelligibile che può spiegare in termini consequenziali di causa-effetto l’armonico configurarsi dei fenomeni fisici: la materia non viene da un ignoto e caotico principio di disordine, né tanto mano dal Nulla, ma è l’esito di “qualche cosa” (la fede ci direbbe Qualcuno!) che la rende intelligibile e comprensibile. Perciò l’uomo non può sentirsi estraneo all’universo, ma lo riconosce come dimora e può stupirsene perché lo trova corrispondente alla sua ricerca razionale. È la ripresa della nozione di Creazione non certo in chiave ingenuamente mitica, ma con tutta l’attrezzatura concettuale e sperimentale che la fisica moderna può documentare, che dice il senso dell’origine da cui tutto proviene e si spiega: infatti all’uomo ancor più che conoscere il “come” interessa il “perché” l’universo esiste e quale rapporto esso abbia con il destino dell’intera umanità. Allora ciò che conta è lo sguardo che si ha verso tutte le cose, sguardo ricco di stupita ammirazione per la gratuità di tutto, compreso il “bosone” di cui si parla e che sembrava mancare all’appello della ricerca prima della recente scoperta.

La caratteristica della Fisica moderna è di formulare teorie sperimentali su ciò che non si vede, teorie che rendono spiegabili le conseguenze ma che non possono togliere integralmente il velo di mistero sulle cause originarie, dimostrando così ancora una volta il nesso tra l’inestinguibile desiderio di conoscenza che ci muove e l’inesauribile approssimazione cui ci è concesso giungere. La “particella” di Dio mostra quindi sia lo stupore perché qualcosa esiste e non siamo prigionieri del “Nulla”, sia la limitatezza del nostro linguaggio nell’esprimere da dove ogni cosa origina.

Perciò guardare le cose con la prospettiva della Creazione non significa automaticamente dire che Dio governa l’andamento di tutti i fenomeni fisici, ma piuttosto confermare la certezza che tutto è buono e orientato verso una finalità ragionevole, e che per questo, al di là del meccanicismo ripetitivo del funzionamento delle leggi fisiche, sta un’armonia più grande che fa gustare la bellezza di ogni frammento di realtà, mostrando che l’uomo è fatto per tale bellezza e che sa riconoscere in ogni cosa il segno di “Altro”. Per questo siamo grati alla vera Scienza quando cerca di allargare le sue frontiere per ancorare il senso misterioso della Bellezza ad una spiegazione che sia la più ragionevole ed esauriente possibile. E in questo non disperde il carattere sapienziale della Rivelazione che nel racconto della Creazione ci vuole dire non una teoria esplicativa di meccanismi, ma piuttosto ci invita a “godere” dell’ineffabile presenza di “Colui che è Fattore di Tutto” nella certezza che Dio non abbandona la sua opera ad un’assurda insignificanza.

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