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Chiesa

DA COME UNO MUORE

fra GIANNI TERRUZZI - 28/09/2012

Nei momenti drammatici o alla fine della vita, quando non è più il tempo di dilungarsi o tergiversare su cose marginali, si è istintivamente portati a comunicare ciò che si ritiene importante ed essenziale. Così Gesù nell’ultima cena, nella notte in cui fu tradito, fece testamento: consegnò il suo ultimo comandamento, quello dell’amore, ed il suo ultimo dono: sé stesso, l’ Eucarestia. Niente di più grande! Gli apostoli misero per iscritto la sua vita a partire dalla sua morte. Le parti più antiche del Vangelo sono quelle che raccontano il mistero pasquale: la morte e resurrezione di Cristo. A ritroso furono poi composti gli altri periodi della biografia di Gesù: attività pubblica e Vangeli dell’ infanzia.

Da come uno muore, si legge ed interpreta correttamente la sua vita. Quando si è in salute e tutto “funziona bene”, si possono comporre delle belle poesie, stilare dei testamenti spirituali commoventi e questo senz’altro è bene. Ma quando la morte ti guarda in faccia e te la ritrovi ad un passo da te, consapevole che ormai è solo questione di giorni e poi ti visiterà, allora quello che si dice ha il sapore della convinzione, dell’onestà, della verità.

Non conosco bene come Cesare Montalbetti abbia vissuto. So, per sentito dire, che è sempre stato impegnato in vari ambiti. Recandomi a fargli visita, qualche giorno prima della morte, ho però raccolto dalle sue labbra parole autentiche e vere, che hanno sigillato il suo vissuto.

Dopo i consueti saluti, il discorso si indirizzò immediatamente su ciò che a lui stava più a cuore, l’ultimo articolo del nostro Credo: “la resurrezione della carne e la vita del mondo che verrà”.

Riporto semplicemente le sue parole.

Mi disse: “ Ma lo sai che è bello vivere? Te lo dico nella mia situazione, te lo sillabo: è bel-lo vi-ve-re. Vuoi che te lo scriva? No, l’hai già capito”.

Un po’ imbarazzato, gli raccontai della morte del cardinal Carlo Maria Martini, di come si era mosso il mondo ecclesiale e non, delle testimonianze raccolte, eccetera.

Cesare ascoltò attentamente e poi esclamò: “Queste sono le cose che rendono felici!”.

Il colloquio proseguì sulla sua famiglia.

Poi ritornò immediatamente sul tema che gli stava a cuore, dicendomi: “Vedi, io e te non ci vedremo più, ma solo per poco; ma poco, poco, poco”. E mi segnalava con le dita della mano la brevità del tempo che doveva trascorrere prima del nostro “prossimo” incontro.

Al termine, congedandomi perché ormai le forze gli venivano meno, si interrogò: “Non so se è migliore la mia situazione o la tua”.

Ho avuto modo di conoscere Cesare Montalbetti, da vicino, per oltre dieci anni. Ha collaborato con me nel commentare la liturgia della Parola della domenica. Inoltre su Rmf teneva una sua rubrica, “Chiesa di Varese”, con l’ intento di comunicare i progetti e le attività della comunità cristiana del territorio.

Sempre appassionato ed impegnato a creare un mondo giusto, non riusciva a tollerare il male, lo combatteva, si inventava soluzioni per poterlo arginare. Così sino alla fine, fino ai suoi ultimi interventi in radio, risalenti al luglio scorso.

La sua fede e la speranza nella vita eterna non l’hanno certamente distolto dal lottare per creare adesso, nel presente, delle condizioni di vita giuste.

Lo ricorderemo sempre con affetto e come testimone autentico della fede cristiana.

Ciao, Cesare, “a presto!”.

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