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Incontri

LO SGUARDO DI GIANCARLO

GUIDO BONOLDI - 11/02/2013

Rovistando tra i ricordi di famiglia, mio fratello Fausto ha ritrovato questa vecchia foto, che ritrae la formazione delle riserve del Varese Calcio nei primi anni ’40. Allora, per la foto di rito, gli undici si disponevano secondo uno schema preordinato: nella fila in basso, seduti, il portiere con i due terzini ai lati, in quella intermedia, accovacciati, i mediani, con in mezzo quello che allora si chiamava il “il centro sostegno” e nella fila superiore, in piedi, i cinque attaccanti, con ai lati l’allenatore ed il massaggiatore.

Il centro sostegno, che risalta al centro della foto è mio padre Giancarlo, allora diciottenne; sotto di lui il portiere Arialdo Giobbi, con a fianco Galimberti, detto Galimba, che tanti anni dopo avrei ritrovato come allenatore degli allievi del Varese; il signore in giacca e cravatta è Molnar, allenatore ungherese di stanza a Varese.

Quello che mi colpisce di questa foto è lo sguardo di Giancarlo, che sembra guardare, più in là dell’obiettivo, con una attesa venata di malinconia. Giovane uomo guarda al suo futuro, che avrebbe poi attraversato con impeto ed intraprendenza, dedicandosi anima e corpo al lavoro e alla famiglia.

Ma ora che quello sguardo non è più così acuto, ma è velato dalla vecchiaia e dalla malattia? Non c’è dubbio: è sempre lui, il Giancarlo, anche se ora il centro sostegno ha bisogno di essere sostenuto in tutto e per tutto.

Da quella velata malinconia del giovane giocatore di calcio trapelava già una domanda forse inconsapevole al Mistero che fa tutte le cose “che cos’è l’uomo perché te ne ricordi”. La nostra attesa è rivolta a colui che unico può rispondere, a colui che può salvare tutto ciò che di buono, di vero e di bello viviamo ed abbiamo vissuto: il mio Padre Celeste che custodisce il mio padre terreno, ed anche me.

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