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Attualità

UNA VITTORIA PIÙ MACCHIATA DEL GIAGUARO

LUISA OPRANDI - 01/03/2013

Bersani riceve il giaguaro di peluche a "Porta a porta" (ANSA /Stringer)

Mai come stavolta è possibile dire che in una tornata elettorale tutti hanno perso qualcosa.

Gli Italiani per primi, che si sono ritrovati, dopo bibliche promesse di cambiamento suonate dalle trombe dell’orchestra politica nazionale, a dovere fare ancora i conti con una legge elettorale che lega loro le mani, impedendo di scegliere nell’urna i propri parlamentari. Disinvoltamente detta “porcata”, con un identificativo che forse nemmeno i veri barbari – non quelli sognanti ma gli invasori dell’impero romano – avrebbero osato utilizzare per definire uno strumento importante della cittadinanza attiva.

Lo dico da grande sostenitrice, in casa democratica, delle primarie “aperte” e da cittadina che non smette di credere nella politica come opportunità positiva di quella partecipazione alla vita dello Stato, che la nostra storia nazionale ci impone di tutelare da ogni dissacrazione, che si chiami collusione con le mafie, ricerca del profitto personale dentro le istituzioni, sperpero del denaro pubblico, professionismo della politica. Indipendentemente dai numeri, in queste elezioni hanno perso anche i partiti, depauperati dalla “manbassa” di voti grillini, una valanga di cittadini che stanno dicendo “veniamo noi al vostro posto a governare”. Costoro, sommati agli astensionisti, corrispondono alla metà della popolazione.

Nessun partito, se vuole rimettere in campo tutto il valore e la sostanziale forza democratica che i partiti stessi sanno e possono rappresentare, può perciò ipotizzare di arroccarsi su posizioni di autoreferenzialità o fingere di non comprendere la richiesta di cambiamento che sale dalle piazze reali delle città o virtuali della rete. Obiettività intellettuale impone però la dismissione del termine “antipolitica” per definire quel quarto di elettori che hanno sfidato neve e freddo per esprimere un voto per le cinque stelle, la gente che riempie le piazze da che l’ex comico genovese si à trasformato in Aristarco Scannabue dei governanti anziché dei letterati, le tante persone che si sono messe in gioco candidandosi o lavorando da militanti volontari.

Tutto è fuorché antipolitica questa “cosa”, che il sistema dei partiti ha stentato ad interpretare e, se lo ha fatto, ha ripetuto l’errore di snobbarla. Eppure quel che era successo vent’anni fa con la Lega, e proprio a queste nostre latitudini, avrebbe dovuto insegnare qualcosa. Ha poi vinto, in questo giro elettorale, l’instabilità, che costituisce senza dubbio la perdita più pesante: a livello nazionale il PD ottiene la maggioranza relativa ma, stretto nella morsa di un risicato margine di seggi al Senato, è chiamato a governare con il fiato sul collo degli oppositori e nella memoria brutti ricordi lontani nel tempo solo sei anni.

La Lega ha perso seggi a gogò, riducendo significativamente il numero di parlamentari; il PDL, per ritrovare la sferzata di una ripresa, è dovuto ricorrere al “ghe pensi mì” del più anziano del gruppo, ben felice di dimostrare all’apparato di centrodestra che senza di lui non c’è trippa per gatti. Intanto sotto il cielo di Lombardia le bugie si sono sprecate e, se solo pochi mesi fa, le scope padane facevano pulizia dentro il partito e ribadivano la distanza da certo malgoverno degli alleati, ora proprio quell’alleanza è diventata essenziale pur di avere un Governatore in camicia verde. . Una Lega, falcidiata dalla perdita di metà consensi rispetto a tre anni fa, non ha potuto fare a meno della stampella del Cavaliere.

Vince Maroni ma la vittoria è ibrida, ben più macchiata del giaguaro e i padani non potranno certo giocarsi con spavalderia numerica tutte le promesse elettorali. Sia perché dovranno mediarle con i compagni (si fa per dire!) di coalizione, sia perché, sommando tutti gli oppositori alle anacronistiche idee macroregionaliste, separatiste e antieuropeiste di cui la Lega si fa forte, almeno la metà dei consiglieri condividono invece il progetto politico, economico e sociale di una Lombardia europea, aperta, solidale.

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