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Politica

QUESTO STRANO PAESE

CAMILLO MASSIMO FIORI - 15/03/2013

Che strano paese è l’Italia, invece di mandare in Parlamento dei rappresentanti che si preoccupino delle emergenze (il lavoro che manca, la crisi economica, la corruzione che dilaga) elegge dei parlamentari che hanno tutt’altri pensieri per la testa. I centocinquanta eletti del PDL, con la occupazione simbolica del Palazzo di Giustizia di Milano, sono convinti che il problema più importante sia quello di rivendicare l’immunità del proprio padrone politico. Al confronto, gli esempi di Andreotti e di Craxi sono esemplari.

Grillo invece ha deciso di far marciare i suoi eletti in Val di Susa per uno scopo quanto meno collettivo. Impedire la realizzazione della TAV per attuare la “decrescita felice” come risposta alla recessione economica; nulla ha invece avuto da dire sulla contestata e per ora sospesa realizzazione del Ponte di Messina.

Il PD non fa marce ma neppure spiega agli italiani i termini realistici della situazione; ha preferito difendere la malcerta identità del partito invece che presentare un progetto di governabilità del Paese; tende la mano ai grillini dopo che il loro successo elettorale ha rivelato che vengono in gran parte dalla sinistra, miseramente crollata nella sua espressione più radicale. Il professor Monti come tutti gli sconfitti non ha voce in capitolo ed è scomparso dagli schermi televisivi: se non appari non ci sei, anche se hai la soluzione in tasca.

Non servono analisi raffinate per capire che il Novecento è finito, che le appartenenze sono trasversali rispetto all’asse “destra-sinistra”, che la parabola della razionalità pubblica è svanita, che i cittadini vogliono partecipare come attori e non come comparse, che la democrazia dei partiti non è emendabile. Dietro il folclore di Grillo c’è il malessere sociale che è aumentato nel ventennio di “non governo” berlusconiano, ma c’è anche la ricerca ingenua di trovare un senso alla politica, di realizzare l’utopia della democrazia diretta. Per questa ragione di principio non accetteranno mai di stringere la mano di Bersani il quale, a conclusione del bagno di verità del voto, non ha sentito l’esigenza di raccogliere neppure uno dei messaggi del M5S: l’attenzione per l’ambiente quale fattore determinante della qualità della vita e la necessità di moralizzare la vita pubblica cominciando a rinunciare ai privilegi della “casta”.

Sarà pure una illusione quella della “democrazia del pubblico”, connotata dalla contrapposizione populistica del popolo sano, della società civile ragionevole contro la politica degli interessi e delle lobby, ma quel mito ha un fascino attraente e pericoloso. Il cambiamento non è solo nelle facce, nei metodi, nelle proposte; è una ridefinizione della scala dei valori in termini post-materialistici: il lavoro ma anche la non precarietà, la buona vita che non è solo benessere, l’ambiente naturale che è la base della sopravvivenza della specie. Già negli anni Trenta John Maynard Keynes aveva denunciato: “distruggiamo le campagne perché le bellezze naturali non hanno valore economico; probabilmente saremo capaci di fermare il sole e le stelle perché non ci danno alcun dividendo”. Di per sé l’approccio ecologico non è fuori luogo ma necessita di una “governance” che Grillo non sa offrire. Ma neppure si può pensare che un ceto politico mantenuto a spumante e caviale, abbia la sensibilità di capire che il popolo ha certo bisogno di cose concrete ma anche della speranza di futuro e della direzione, cioè il senso, da dare alla politica.

I valori post materiali non sono astrazioni, bisogni psicologici; sono le condizioni per una più alta qualità della vita che appaga, condizioni per una ripresa dell’economia che ridistribuisce i risultati a favore di tutti e non di una ristretta cerchia di capitalisti. Le disuguaglianze sociali sono la causa principale dell’impoverimento delle società.

L’insofferenza della sinistra verso le realtà dello spirito, la sottovalutazione dei bisogni non primari, il suo sarcasmo per i valori veri autentici (è roba che si mangia?) è giunta all’epilogo. Dipende anche da noi, dalla nostra attenzione, dalla nostra vigilanza, se sarà tragico o positivo.

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