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Attualità

LA GUARDIA DEL PAPA

VINCENZO CIARAFFA - 22/03/2013

Dopo la battaglia di Castelfidardo del 18 settembre 1860 tra le truppe pontificie e quelle piemontesi che scendevano dal Nord per andare a prendere possesso del Regno del Sud, che Garibaldi stava sottraendo ai Borboni, il comandante del IV Corpo d’armata savoiardo, Generale Cialdini, invitò a cena alla mensa del campo gli ufficiali prigionieri dello sconfitto esercito pontificio. Quando, poi, il padrone di casa buttò l’occhio sull’elenco dei prigionieri che stava cavallerescamente ospitando alla sua tavola, si rese conto che in esso figuravano i maggiori rappresentanti dell’aristocrazia francese! E non erano i soli stranieri a battersi contro gli italiani perché in quel periodo nell’esercito del papa militavano anche cinquemila austriaci, quattromila svizzeri e tremila irlandesi, più una quantità imprecisata d’italiani, belgi e di altre nazionalità per un totale complessivo di ventunomila uomini comandati dal Generale Louis de Lamoricière per quella che fu battezzata come «l’ultima crociata della storia». Contro l’unificazione nazionale, ovviamente.

Quelli pontifici non erano soldati di poco conto come ha cercato di farci intendere l’agiografia risorgimentale, tant’è che pochi anni dopo l’Unità, precisamente nel 1867, papalini e francesi, per quanto inferiori di numero, batterono sonoramente Garibaldi a Mentana, grazie anche all’ottimo impiego di un nuovo fucile a retrocarica, conosciuto come Chassepot.

Dopo che, il venti settembre 1870, Roma era divenuta capitale d’Italia, bisognava decidere come regolare i rapporti tra lo Stato italiano e quello pontificio che, non dimentichiamolo, aveva avversato in tutti i modi l’Unità. Fu così che, pur senza avere interlocutori sull’altra sponda del Tevere, il nuovo Parlamento nazionale varò la cosiddetta legge delle guarentigie che, oltre a garantire l’inviolabilità della persona del papa che, peraltro, era equiparato a un capo di stato, gli dava la possibilità di mantenere dei reparti armati al proprio servizio grazie anche a un’erogazione annua da parte dell’Italia di tre milioni e mezzo di lire in valuta del 1871!

In altre parole, il neonato stato italiano che Pio IX aveva definito come « …il trionfo della più perfida rivoluzione» si preoccupò di finanziare il suo più acerrimo nemico. E poi ci lamentiamo che Monti abbia esentato la Chiesa dal pagamento dell’IMU…

Grazie alla legge sulle guarentigie lo Stato della Chiesa poté mantenere un piccolo dispositivo militare composto di: Guardia svizzera, che erano, e sono, dei professionisti; Guardia nobile, un reparto inizialmente di cavalleria composta di volontari che prestavano servizio a titolo gratuito; Guardia palatina, un reparto di fanteria e, infine, Gendarmeria pontificia, o Carabinieri pontifici.

Nel 1970 papa Paolo VI, eccetto la Guardia svizzera, disciolse tutti i corpi armati dello stato e al loro posto fu creato un Ufficio centrale di vigilanza che sarebbe, poi, l’attuale gendarmeria che svolge funzioni di sicurezza, ordine pubblico e di polizia giudiziaria all’interno dello Stato vaticano.

Per quanto la gendarmeria si sia dotata di tutti i ritrovati tecnologici di vigilanza d’ultima generazione, non è assolutamente pensabile che centotrenta uomini possano, da soli, assicurare efficacemente la protezione del pontefice e del suo piccolo stato in tempi in cui la minaccia terroristica si è fatta spietata e raffinata: le piccole pistole di cui sono dotati i gendarmi potrebbero davvero poco contro un gruppo di fuoco che tentasse d’introdursi in Vaticano!

Fu per tale ragione che, nel 1954, nacque l’Ispettorato generale della pubblica sicurezza (alle dirette dipendenze del Ministero dell’interno) presso il Vaticano dedito, in particolare, alle attività di protezione del Papa e, più, in generale, alla sicurezza in tutti i suoi aspetti in conformità a dei protocolli esistenti tra l’Italia e la Santa Sede.

Quello del Vaticano, peraltro, è l’unico stato al mondo che – secondo alcuni – può avere la sicurezza assoluta a costo zero perché sarebbe protetto dall’Alto dallo Spirito Santo e dal basso dalle Forze armate e dai Corpi di polizia italiani.

Per quanto riguarda l’intervento dello Spirito Santo in funzione di gendarme preferiamo non esprimerci per non addentrarci nel minato campo del trascendentale e rimanere, invece, sulle cose concrete, insomma sul visibilis.

È, infatti, l’Aeronautica militare italiana ad assicurare la protezione della Santa sede dall’alto (si noti che abbiamo scritto “alto” con l’iniziale minuscola) e a garantire gli spostamenti aerei del Papa, così come la Marina militare garantisce gli spostamenti marittimi e i Corpi di polizia, invece, quelli terrestri. Diversamente sarebbe impossibile poter gestire non soltanto la sicurezza del pontefice e della corte pontificia ma anche i milioni di pellegrini e turisti che ogni anno visitano lo Stato della Chiesa. Per esempio, durante l’elezione al soglio pontificio di papa Bergoglio – Francesco I, tra le centinaia di migliaia di fedeli che attendevano la fumata bianca in Piazza San Pietro, v’erano – la maggior parte in borghese – migliaia di appartenenti alle forze dell’ordine italiane che vegliavano sulla sicurezza dell’intera area da terra e dal cielo. Magari come agenti ausiliari dello Spirito Santo…

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