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Editoriale

QUALCHE CHIAMATA

MASSIMO LODI - 14/06/2013

Varese festeggia la Cimberio nonostante la sconfitta

A proposito di chiamate. Il Papa chiama all’impegno cristiano in politica. Non bisogna starne distanti, semmai fare il contrario. La politica non è da rifuggire a priori. Dipende da come ci s’impegna. Se trasferendovi le virtù evangeliche, è un servizio a tutti e a sé stessi. Naturalmente, dati i tempi, va vinta l’avversione a cimentarvisi, purtroppo e inevitabilmente dilagante. Però non è questa la strada. Cioè l’antipolitica per l’antipolitica non porta da nessuna parte, salvo che nel dirupo del nullismo. Francesco sollecita a seguire le indicazioni giuste, a non fallire il percorso. Un messaggio di cui fare tesoro, anche se la politica è talmente frequentata da chi ne dovrebbe rimanere lontano, che l’impresa di modificare la tipologia d’affollamento appare ardua. Prevale, qui e là, il pessimismo della ragione, pur se l’invito a rafforzare l’ottimismo della volontà tramite la dedizione cristiana è da accogliere. Soprattutto da parte di quei cattolici che danno l’impressione d’esserlo approssimativamente, quando si mettono in politica.

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Il centrosinistra chiama il consenso nel voto amministrativo. Recupera credibilità, asfalta con un sedici a zero il centrodestra, dimostra che sbagliò tutto, ma davvero tutto, alle politiche. Il PD in particolare, per vincere ha dovuto tenere il basso profilo, non affidarsi al propagandismo della nomenklatura, collegarsi a liste civiche, comunicare attraverso facce giuste (possibilmente nuove) la voglia di cambiamento. Un PD, semplificando, più renziano che bersaniano. Un partito radicato e liquido insieme, meno espressione dell’apparato, più espressione della società. Il partito di Marino a Roma e della Serracchiani in Friuli, oltre che del sindaco di Firenze. Chissà se il PD di Varese saprà tener conto della lezione. Le amministrative sotto il Bernascone sono ancora lontane, ma prepararvisi per tempo non appare il tic di qualche inguaribile ansioso. Appare una necessità che una lunga serie di sconfitte conferma come indifferibile. L’ultima volta, due anni fa, i dubbi sulla candidatura vennero sciolti solo in extremis, e restò il rimpianto d’aver sì costretto il centrodestra al ballottaggio, ma di non aver vinto una partita data troppo presto per persa. Oggi va trovata (per tempo) la soluzione che non diventi un problema.

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La Lega chiama aiuto lamentando lo sconfittone. Ha dilapidato un patrimonio di credibilità, le rimangono, dopo essersi fatta sfilare anche Treviso, le roccaforti municipali di Verona e Varese. Troppo poco per il partito che si definisce del Nord. Il Nord gli volta sempre di più le spalle. Archiviata l’epoca delle ramazze spazzatrici di scandali e familismi, riesce incomprensibile agli elettori (anche ai residuali simpatizzanti) il contrapporsi tenace delle due anime, filobossiani e filomaroniani. Devastante la polemica tra il Senatùr e Maroni, che ha preceduto il ballottaggio: se la si fosse studiata apposta per arrecare un danno, il risultato non sarebbe stato così brillante. La Lega non riesce più ad ascoltare la voce popolare, ignorando gli umori che per lunghi anni aveva saputo percepire e interpretare; l’intesa forzosa col berlusconismo le sarà pur valsa la Regione Lombardia, ma non le è valsa il mantenimento di quell’idemsentire con il territorio di cui s’era fatta un vanto. Anzi, l’unica ragione d’esistere. Se questa ragione viene meno, quale esistere immaginare (proporre) per il prossimo futuro?

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Varese chiama a raccolta le glorie del passato baskettaro. Si dota di un “Percorso Ignis”. Una meritoria intuizione del giornalista Flavio Vanetti, sposata felicemente dall’Amministrazione comunale. Undici targhe in luoghi significativi per ricordare le gesta della Valanga Gialloblù. La dodicesima targa sarà a Comerio, negli ex stabilimenti dell’epopea di Giovanni Borghi. Un museo sportivo all’aperto, il riconoscimento della valenza non solo cestistica di quelle grandi imprese, l’identità locale che s’inorgoglisce, i visitatori della città che riscopriranno ciò di cui avevano già sentito dire o lo scopriranno con piacevole sorpresa seguendo l’itinerario. È questo il modo di fare cultura popolare che spesso ci manca, negletto dall’intellettualismo choosey (schizzinoso) di cui è popolata anche la provincia. Il “Percorso Ignis” è un modello da seguire, replicare, affermare. Varese città aperta a quest’arte di strada (a questa storia, a questa cultura) è un progetto che affascina, e darvi casuale inizio dopo l’imprevedibile festa in piazza Monte Grappa per l’eliminazione della Cimberio dalle finali scudetto è un segno del destino. Bisogna dar retta ai segni, e al destino.

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