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Il letto di Procuste

GUARDIA, QUESTO È TUTTO

LUIGI FASOLINO - 12/07/2013

Vorrei solo dire grazie alle persone che mi hanno confortato in questi anni: il reverendo Campbell, mia guida spirituale; Aaron, il padre di mio figlio Darrian; e Maurie, il mio legale. Questa non è una sconfitta, è una vittoria. Sapete dove sto andando. Sto andando a casa, da Gesù. Conservate la vostra fede. Vi voglio bene. Guardia, questo è tutto.

Sono le ultime parole di Kimberly McCarthy, cinquantadue anni, condannata a morte per omicidio nel 1997 e giustiziata con un’iniezione letale il 26 giugno 2013 nel penitenziario di Huntsville, Texas.

***

Bisogna essere i primi ed è questa la sola ragione che mi ha fatto alzare alle tre, camminare più di un’ora e infine con una lentezza da bradipo scendere giù tra i massi della sponda. Arrivo al livello del torrente proprio quando a est, sbucando da un valico tra due cime, radente e gloriosa, la prima luce del giorno accende la sommità degli abeti. L’aria mi dà una leggera vertigine – siamo a1800 metri-, percepisco la sua purezza quando entra ed esce dai polmoni e mentre monto la canna mi auguro che nessuno mi abbia preceduto. Dovrò risalire il corso d’acqua con cautela, ingobbito come un fante in trincea: le trote selvatiche dei torrentelli di montagna sono predatori fulminei, ma al minimo disturbo – un’ombra, il rumore di una pietra smossa, il tonfo di uno stivale – saettano nel pertugio più vicino, dove restano rintanate per l’intera giornata.

Trovo quasi subito una pozza invitante. L’acqua è neve sciolta e ha il bagliore del mercurio. Vi adagio l’esca – un fiocchetto di due lombrichi – e lo strappo è quasi immediato, il filo si tende e il cimino della canna si flette, ma l’emozione mi fa anticipare la ferrata. Niente da fare, l’ho persa. Buon per lei e peggio per me. Proseguo fino alla pozza successiva, dove l’acqua scorre veloce ed è un po’ torbida. Là sotto l’esca sarà quasi invisibile, ma le trote hanno un’ottima vista. Infatti, quasi non ci credo, ecco un’altra toccata. Ferro e recupero a regola d’arte. Osservo la trota che boccheggia, agganciata a un angolo del labbro superiore. È sotto misura, piccola come una sardina, e non mi dispiace rilasciarla. Mi accuccio, cambio la montatura e proseguo. Il sole sta salendo e devo schermarmi gli occhi.

So già che domani mi sveglierò con le ossa rotte e un gran mal di schiena. Sarebbe meno faticoso, oltre che letterariamente più gratificante, pescare come fa il Nick Adams hemingwayano, che con sereno distacco, quasi con noncuranza, cattura le enormi trote iridee che guizzano nel “Grande fiume dai due cuori” numerose e incaute come pesci di allevamento. Ma esiste una proporzione per ogni cosa, su questo non si discute, ed è con questo pensierino consolatorio che butto l’esca vicino a un tronco incastrato sotto un salto d’acqua. Do un giro di mulinello per tendere il filo, poi con due dita sul nylon provo a far saltellare l’esca sul fondo. Sento una certa resistenza. Alzo deciso il cimino e mi lascio scappare un’imprecazione. L’amo si è incagliato sul fondo, probabilmente su un ramo del tronco.

Non capisco cosa stia succedendo, so solo che un attimo dopo vedo la canna curvarsi e il filo che si sposta tagliando l’acqua, sento la vibrazione nelle dita, dalla gola mi esce una specie di latrato, recupero in modo febbrile e con un ultimo goffo gesto, quasi senza rendermene conto, trascino la grossa trota sui sassi. Guardo la livrea con il dorso nero e le chiazze nere e rosse sui fianchi e un improvviso lampo caleidoscopico mi trasmette la scossa della bellezza. La trota si agita, cerca l’acqua. Non mi resta che afferrarla saldamente, sbatterle la testa contro un sasso e metterla nello zaino. Me lo suggerisce qualcosa di feroce, di animalesco. Ho sempre fatto così. Già, ma perché dovrei continuare a farlo? Oltre a essere bella, ha una bocca, due occhi, un sistema nervoso, il midollo spinale. Non ci avevo mai pensato ed è strano, perché sono sempre stato piuttosto incline a riflettere in termini darwiniani. Comunque so già a chi dare la canna e tutto il resto, perché non andrò più a pesca.

La guardo scomparire nell’acqua gelida, sotto il tronco.

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