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Chiesa

STORIA E ATTUALITÀ DI LUCIA

CHIARA AMBROSIONI - 10/12/2011

 

Il cammino verso il Santo Natale è cadenzato dalle grandi figure di Santi che, con lo scorrere dei giorni del calendario, tornano per ricordarci le cose tanto speciali che hanno compiuto. Quei gesti, quelle imprese e quei grandi sacrifici che hanno fatto dedicare a ognuno di loro un giorno del nostro anno. Quando arriva il 13 dicembre ci sembra di scorgere una fanciulla che cammina nel buio, porta una corona di luci sul capo e si muove nella notte, con la sua lunga veste. È santa Lucia, vergine e martire tanto cara alla devozione cristiana, che segna una tappa importante nei giorni dell’Avvento. A lei vengono dedicate feste e processioni in tutta Italia, a partire da Siracusa, sua terra di origine.

Tutta la Sicilia celebra la giovane martire, ma la ricordano anche molte città d’Italia – da Napoli a Bari, da Parma ad Alessandria. In Lombardia il 13 dicembre è la festa dei bambini: centinaia di bancarelle ricche di dolci e giochi affollano le strade delle nostre cittadine. Tanti sono i dolcetti di zucchero, nati per ingolosire e attirare l’asinello di Lucia. A Lenna, in provincia di Bergamo, si fanno ancora gli antichi giochi legati al giorno più corto dell’anno, al solstizio di inverno celebrato da millenni. A Bergamo la tradizione popolare vuole che sia proprio Lucia a portare i doni più ricchi e non – più tardi – Babbo Natale. La città di Varese non ha una tradizione legata alla Santa martire, ma c’è una chiesa a lei dedicata a Suna di Verbania e a Bernate di Casale Litta: qui ormai da sei anni in occasione della ricorrenza le strade del piccolo borgo si riempiono delle tradizionali bancarelle del Mercatino di Santa Lucia, dove artigiani e contadini offrono i loro manufatti e prodotti tipici.

Ma la tradizione si fa più radicata spostandoci in Veneto. A Verona, si ricorda una terribile epidemia di “dolore agli occhi” che si era diffusa nel XIII secolo. La popolazione decise di chiedere la grazia a Santa Lucia, con un pellegrinaggio a piedi scalzi e senza mantello fino alla chiesa a lei dedicata. Il freddo spaventava i bambini, allora i genitori gli promisero che, tornati a casa, la Santa avrebbe fatto trovare loro tanti doni. I bambini accettarono e iniziarono il pellegrinaggio; poco tempo dopo l’epidemia si esaurì. Da allora il 13 dicembre si portano i bambini in chiesa per la benedizione degli occhi, ma ancor prima, la sera del 12 dicembre, si prepara sulla tavola di casa un piatto con del cibo per Lucia e per il suo asinello e l’indomani i bambini trovano i loro doni e un piatto pieno di dolci.

Santa Lucia viene ricordata in Italia ma anche in terre molto lontane, come la Svezia. Ricordiamo ancora, infatti, che secondo il vecchio calendario il 13 dicembre era la data del solstizio. La tradizione cristiana volle dedicare quel giorno a una “santa della luce”, per garantire che sole e calore sarebbero presto tornati a dare vita al mondo. Ma è curioso che una santa siciliana sia così onorata in paesi freddi e tanto lontani da noi: forse furono proprio i missionari cristiani e gli emigrati a diffonderne il culto. Nelle case nordiche la tradizione vuole che la mattina del 13 dicembre la bimba più piccola si alzi per prima, indossi una tunica candida e una corona di candeline accese sul capo e svegli il resto della famiglia intonando la canzone di Santa Lucia.

Ma torniamo alla storia di Lucia: siamo nei primi anni del 300 dopo Cristo, durante la dura persecuzione di Diocleziano e ci troviamo a Siracusa. Esistono due redazioni del martirio della giovane Lucia: la prima – in lingua greca – risale al V secolo, la seconda – in latino – è leggermente più tarda e, molto probabilmente, collegata alla prima. I racconti hanno le sembianze di leggende agiografiche edificanti, ma molti storici ne sostengono la veridicità. Lucia e la madre si recarono al sepolcro di Agata a Catania per chiedere la guarigione della madre malata. Santa Agata curò la donna anziana e apparve in sogno a Lucia, predicendole il martirio e la gloria. Tornando a casa la giovane disse alla madre di aver deciso di consacrarsi a Cristo e le chiese di poter disporre del proprio patrimonio per devolverlo in beneficenza. La madre cedette dopo molte insistenze, ma non era d’accordo il promesso sposo della giovane. Lucia lo tranquillizzò dicendo di aver bisogno del denaro per acquistare un vasto terreno. Lui per un po’ volle crederci, ma la donna continuava a rimandare il matrimonio, così – visto che erano in vigore i decreti di persecuzione dei cristiani emanati dall’Imperatore Diocleziano – l’uomo decise di denunciarla al prefetto di Siracusa Pascasio per la sua scelta cristiana. Lucia, arrestata, processata e interrogata, professò con orgoglio la propria fede: a nulla valsero le terribili torture.

Lucia era forte e sicura in Cristo e quando il crudele Pascasio decise di distruggere la sua purezza condannandola alla pena del postribolo, la giovane lo provocò dicendo che nulla avrebbe potuto contaminarla: anche se il suo corpo avesse subito violenza, lei sarebbe restata casta, pura e incontaminata nello spirito e nella mente. Ed ecco il prodigio: la vergine Lucia divenne come di pietra e non poté più essere spostata in alcun modo. Pascasio, furioso ed esasperato, decise di farla bruciare. Ma neppure il fuoco riuscì a vincere Lucia, che venne decapitata dopo aver profetizzato la caduta di Diocleziano e Massimiano.

Quasi subito il culto della Santa iniziò a diffondersi, le vennero dedicate chiese e, a partire dal Medioevo, si consolidò la taumaturgia di Lucia quale santa patrona della vista. Anche a livello iconografico iniziò ad essere rappresentata con in mano un piattino contenente i suoi occhi. Si tratta di un patronato che, probabilmente, nasce dall’etimologia del nome della Santa: Lucia, da lux, luce. Lucia venne tumulata nelle vastissime catacombe di Siracusa e non sono certe le date della sua traslazione: prima a Costantinopoli e poi a Venezia; il suo culto a Venezia è attestato fin dai tempi delle crociate. Infatti nel 1204 i veneziani la vollero compatrona della città e le dedicarono una grande chiesa che sorgeva al posto dell’attuale stazione ferroviaria che si chiama – appunto – Santa Lucia. Le reliquie della Santa viaggiarono molto: furono anche a Metz, per la devozione del vescovo Teodorico. Dal 1860 le spoglie di Lucia, dopo tanti spostamenti, si trovano nella chiesa dei Santi Geremia e Lucia a Venezia, dove furono poste dal papa Pio IX. Purtroppo le reliquie sono state più volte profanate dai ladri.

Ancora una nota letteraria: il grande Dante ricorda in suoi scritti come “Il Convivio” una grave malattia agli occhi che lo afflisse in gioventù a causa delle prolungate letture. Il poeta ottenne la guarigione per intercessione della Santa, così la celebra nella sua Divina Commedia. La vergine siracusana qui diventa la Santa che illumina il cammino dell’uomo nella comprensione del creato e nella fede in Dio. Dante la ricorda secondo l’idea che permea la sua opera intera, ovvero in aperta polemica con il contesto storico di decadenza morale, politica, civile del suo tempo. Così Lucia, dopo averlo aiutato ad intraprendere il difficile cammino di salvezza, a seguito dello smarrimento nella “selva oscura”, lo mette in condizione di intraprendere il percorso della purificazione dei propri peccati.

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