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Attualità

IL NOSTRO BEL FORTE CHE CROLLA

OVIDIO CAZZOLA - 10/01/2014

I due documenti che testimoniano la presenza di Federico Barbarossa il 4 e il 5 ottobre 1164 denominano il luogo Burg Belforte e Castro Belforth. Con il primo Federico decreta ampia autonomia amministrativa e protezione per i fedeli milites della Valcamonica giunti per onorarlo. Con il secondo intercedente et postulante Karissima consorte nostra Beatrice Romanorum imperatrice augusta Federico concede al fedelissimo marchese Guglielmo di Monferrato ampio territorio in feudo, soltanto sottoposto all’autorità dell’imperatore.

Il Bel Forte era situato in posizione di controllo strategico dominando la valle dell’Olona che costituiva uno dei più importanti e utili percorsi dal Po verso la regione germanica salendo dalla valle di Blenio il passo di Lucomagno, il meno impegnativo per il superamento delle Alpi verso Coira.

L’imperatore doveva raggiungere in venti giorni Ulm dove il 1° novembre avrebbe inaugurato la nuova città che distava quattrocento chilometri.

Prima della distruzione di Milano da parte di Federico e del suo esercito avvenuta nel 1162, Bel Forte era una fortificazione che controllava anche la Val Sorda, il percorso verso Como, città che nel 1127 si era definitivamente arresa alla supremazia Milanese.

Gli stretti rapporti di Bel Forte con Castelseprio e il suo contado sono distinti da quelli che tiene Varese, più legata direttamente a Milano e ai suoi arcivescovi.

Con la fine di Castelseprio, negli ultimi decenni del ‘200 con lo scontro fra gli alleati Torriani e i Visconti risoltosi con il prevalere di questi ultimi, probabilmente il Castello perde in parte la sua rilevanza militare, mantenendo comunque il suo ruolo di controllo sul percorso strategico del fiume Olona.

Le testimonianze edificate ancora presenti narrano interventi diversi significativi. Agli inizi del ‘600 i Biumi, proprietari del complesso, programmano la realizzazione di un grande palazzo senza uguali in Varese. Viene eseguita l’ala di un progetto che prevedeva probabilmente quattro corpi di fabbrica porticati come quello realizzato. Ho ipotizzato, per alcuni dettagli dell’edificio, l’opera del Bernascone, amico dei Biumi, che stava realizzando il viale delle Cappelle verso Santa Maria del Monte. La peste del 1630 è responsabile forse della perdita di committenti e progettista. Il cantiere non prosegue.

Un atto notarile del 1634 affida la gestione della proprietà e la coltivazione delle aree agricole a giovani fattori sopravvissuti.

Il Castello attraverserà i secoli seguenti con la sua imponente presenza. Ricco della sua storia, abitato da molte famiglie fino ad alcuni decenni or sono. Di quanto rimasto ho numerose riprese fotografiche con gli abitanti del luogo.

Quindici anni fa ho percorso tutti i suoi interni ancora accessibili. Voglio ricordare alcune date e ripetere alcune sollecitazioni. Nel 1993 mi appellavo alla Giunta di allora per una rapida acquisizione e protezione dell’ edificio, una parte del quale (l’ala verso Biumo) era già stata demolita dal proprietario.

Formulavo altre due interrogazioni alla Giunta nel 1994 e nel 1996. Nel 1998 proponevo una ipotesi di intervento. Su richiesta del Sindaco per una collaborazione gratuita inviavo alla Soprintendenza una documentazione di progetto. La Soprintendenza approvava.

L’assessore professor Armocida mi incaricava di allestire una mostra storica sul Castello al Castello di Masnago. Iper offre poi un contributo modale di duecento milioni per opere di manutenzione conservativa. Le opere vengono avviate, ma dopo poco tempo interrotte per insufficienza finanziaria.

Successivamente, parallelamente alla richiesta di ampliamento del supermercato di via Peschiera, Iper si impegnerà per il rifacimento della copertura e di alcuni solai dell’ala del ‘600.

Nel 2002 la proprietà Tenconi viene ceduta al Comune. Rimane di proprietà privata l’edificio pericolosissimo che sovrasta il viale Belforte. Sono passati vent’anni con insufficienti decisioni.

Una grande storia è alle nostre spalle.

Il complesso chiede ai varesini un soprassalto di volontà con opere di mantenimento urgente anche se contenute al momento per la sua sopravvivenza, in attesa di un destino di ragionevole e significativo reimpiego pubblico. Ho già auspicato una sua utilizzabilità futura come sede dell’Archivio di Stato.

L’inerzia del Comune non può protrarsi. Una famiglia, che vive in un piccolo edificio adiacente, è esposta al pericolo di ulteriori crolli.

Anche un intervento drastico nei confronti del privato residuo proprietario, che non provvede ai suoi doveri di conservazione, deve essere immediato, perché non si provochino vittime sulla strada sottostante.

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