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Editoriale

IL PEGGIO

MASSIMO LODI - 06/02/2014

Sembrerà inutile e retrò e banale dirlo. Però ci vergogniamo d’essere italiani. Ci vergogniamo quando al resto del mondo capita di conoscerci attraverso la nostra classe politica. Una parte, certo. Però una parte che fa proseliti, ha una consistenza elettorale, raccoglie istanze d’insofferenza varia. A Roma si vedono grillini dare l’assalto al Parlamento, saltare sui banchi del governo, impedire ai colleghi di lavorare, rilasciare interviste, dibattere. A Strasburgo si vedono leghisti inveire a Napolitano, il presidente della Repubblica che sta parlando al Parlamento europeo a nome del Paese. Li zittiscono, nauseati dall’invereconda sceneggiata, i loro colleghi d’aula. I grillini invece non vengono zittiti: alle loro voci e ai loro gesti se ne aggiungono altri, il caos diventa totale, il controllo dell’istituzione viene perduto. Uno spettacolo avvilente, prima che vergognoso.

Che cosa c’entra tutto questo con i problemi nazionali? Nulla, assolutamente nulla. I problemi ci sono, i modi per obiettarvi sono altri, le soluzioni non arrivano dagli sguaiati arrembaggi. Arrivano dalla saggezza popolare, se (quando) sceglie bene i suoi rappresentanti. Si direbbe che non ne sia stata gran che capace, l’ultima volta. Sì, perché i rappresentanti hanno le loro colpe (colpissime), ma i rappresentati non scherzano: si sono informati prima d’andare alle urne, hanno capito a chi stavano dando il consenso, si sono resi conto che l’antipolitica non è migliore della politica, bensì una sua peggiorativa ricaduta?

Al tutto si aggiunge la fragilità di nervi istituzionale. La presidente della Camera, minacciosamente assediata, reagisce smarrendo lo stile d’aplomb che dev’essere la cifra tradizionale del suo ruolo. Nonostante gli attacchi non può scordare di stare sopra le parti. Invece pronunzia parole di condanna, censura, risentimento verso una parte. Un errore temperamentale, un equivoco sulla funzione, un’ingenuità di comportamento. Non si ricordano suoi omologhi, in tempi ben più cupi di questo, che siano scesi a sfide verbali di così sorprendente acrimonia. Roba da restare basiti, delusi, e naturalmente preoccupati. Non ci siamo, purtroppo.

Dall’altra sponda del Tevere si fa sentire l’invito alla moderazione. Non è la voce del cattolicesimo. È il monito del buonsenso. Coglie nell’umore della cittadinanza, attinge alla stanchezza della gente, pesca nel vaso della sopportazione che è colmo. Non si tratta d’un appello ecclesiastico, bensì d’una preghiera laica. La stessa che recita ogni giorno Napolitano, purtroppo inascoltato e, anzi, ingiuriato. Gli hanno perfino dato del boia, i grillini. Ma sì, che sarà mai una tal similitudine immaginifica? In fondo, l’esagerazione parolaia ci può stare. Verba volant. Come no. Anche all’epoca sinistra dei fermenti pseudorivoluzionari era così. Poi la chiacchiera diventò pietra, e la pietra fuoco, e il fuoco dolore, feriti, morti come le tragiche cronache s’incaricarono a lungo di raccontare.

Intanto all’estero ci compatiscono. Ci deridono. Ci censurano. Il maggior giornale della Baviera, la Suddeutsche Zeitung, ha definito “adolescenti impazziti” i nostri deputati e l’estremista di destra francese Marine Le Pen dà lezione (mais oui) d’antiestremismo: va più cauta, molto più cauta, d’un Borghezio o d’un Salvini a saltare sull’onda dell’irrazionalismo antieuropeo. Piccoli esempi d’un grande imbarazzo che ci turba. Meglio: che turba alcuni di noi, il resto bellamente se ne frega. Come durante i nefasti nel ventennio della Buonanima, tanto peggio tanto meglio. Eia eia, e nessun altolà.

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